Le certezze di regime e le brigate del dubbio

«Le responsabilità politiche di quello che è successo al Monte dei Paschi di Siena hanno una evidente responsabilità di una parte politica, vale a dire l’area culturale che fa riferimento a Massimo D’Alema». Lo ha detto il leader di Iv Matteo Renzi.

«Green pass sì, senza se e senza ma». Lo ha detto il leader di Italia Viva Matteo Renzi a Siena rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano quale fosse la sua posizione in merito alla carta verde. «Io trovo allucinante che si possa essere contro il green pass. C’è un virus che ha distrutto 130mila vite e per combatterlo ci sono le armi della scienza che ci dice che ci vuole il vaccino e di conseguenza il green pass», ha aggiunto.

Poi ha fatto un esempio: «Così come per andare in macchina serve un foglio rosa che si chiama patente, per andare in giro serve un foglio verde che si chiama green pass». «Chi vuole avere dei dubbi sui vaccini – ha continuato – può averli però ce li abbia a casa sua perché nel momento in cui si rischia di tornare tutti rinchiusi nei balconi a cantare, di fronte a tutto questo credo che il green pass sia il minimo». 

E sul Green Pass il leader Iv ha aggiunto: «Trovo allucinanti le posizioni di Salvini e Meloni da una parte e di Landini e parte dei sindacati dall’altra».

Ho ripreso dal quotidiano la stampa una sintesi dell’intervento di Renzi a margine della presentazione in quel di Siena del suo libro ‘Controcorrente’.

Molti anni or sono, in un confronto televisivo tra l’intelligente e brillante giornalista-conduttore Gianfranco Funari e l’allora segretario del partito popolare Mino Martinazzoli, uomo di grande profondità etica e culturale, il politico, interrogato e messo alle strette, non si fece scrupolo di rispondere in modo piuttosto anticonvenzionale ed assai poco accattivante, ma provocatoriamente affascinante, nel modo seguente (riporto a senso): «Se lei sapesse quante poche certezze ho e da quanti dubbi sono macerato… Nutro perplessità verso chi ostenta troppe certezze». L’esatto contrario dell’attuale cliché che vuole tutti pronti a sputare sentenze su tutto.

In effetti il titolo del libro renziano non è molto azzeccato, in quanto espressione di un pensiero che si lascia trascinare dalla corrente e ne cerca di sfruttare al massimo la spinta, tentando di raccogliere l’acqua intanto che passa.

Che nella crisi finanziaria del Monte dei Paschi di Siena esistano responsabilità politiche da parte del pragmatismo comunista nostrano penso sia molto probabile, ma di qui ad imputare a D’Alema tutto il male possibile e immaginabile c’è una bella differenza. D’altra parte è uno dei nemici giurati di Renzi: uno schematismo solo in parte motivato, che peraltro gli è costato molto caro nella misura in cui la rottamazione di D’Alema ha messo contro Renzi una consistente parte dell’apparato e del popolo della sinistra. Aveva la possibilità di recuperare il rapporto spedendolo a fare il ministro degli esteri della Ue, ruolo che D’Alema peraltro avrebbe svolto in modo egregio nell’interesse dell’Italia e dell’Europa. Niente da fare, in Europa, a far finta di svolgere la funzione di alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, fu inviata la manovrabile e controllabile Federica Mogherini: “da lè a niént da sén’na…”. Venne il redde rationem del referendum sulla riforma costituzionale e Renzi pagò il salatissimo conto anche e forse soprattutto di questo vizio (ne fu vittima anche Enrico Letta) di abbattere chiunque potesse fargli ombra, preferendo la cura del sole proveniente da una ristretta cerchia di amici.

Il protagonismo renziano ha vissuto una sua parabola: dopo aver dato qualche speranza interventista che non nego di avere coltivato, attualmente, a corto di voti e di consensi, egli tende sempre più a rinchiudersi nel suo orto amicale, nelle sue presuntuose certezze, nei suoi indisponenti disegni tattici, nel suo “draghismo” di maniera, alla ricerca di un ruolo tutto da inventare. Chiacchiera molto, difetto che gli è comunque già costato carissimo, sputa sentenze a raffica, si atteggia a grande stratega dell’anticomunismo dei tempi nostri, si considera erede di un cattolicesimo democratico di cui assume qualche vago e contraddittorio connotato. Anche le scontate affermazioni che va facendo sul green pass sono tutte lì a dimostrare la sua pochezza democratica e la sua pregiudiziale polemichetta da quattro soldi.

Torno a Mino Martinazzoli, alla scuola democristiana con cui Renzi ha ben poco da spartire: come si fa a non avere qualche dubbio sulla vaccinazione non riesco sinceramente a capirlo. Ma tant’è! Il green pass sta diventando lo spartiacque epocale della politica ridotta a mera traduzione referendaria delle (in)certezze scientifiche.

Sì, perché va di moda trincerarsi dietro gli imperativi della scienza inesatta, è vietato nutrire il benché minimo dubbio, bisogna ostentare sicurezza. Se tutto ciò per Matteo Renzi vuol dire essere “controcorrente” … allora io, dopo essermi da sempre vantato del gusto di non piegarmi alle convenienze del momento, sto diventando un allucinante terrorista delle brigate del dubbio.