Il mestiere di incendiario

“Più di 20mila ettari distrutti e quasi 1.500 sfollati tra turisti e residenti nella provincia di Oristano a causa degli incendi partiti tra venerdì sera e sabato mattina in una zona boscosa del massiccio del Montiferru. Le fiamme, alimentate dal forte vento degli ultimi giorni, sembra siano partite da un’auto incendiata venerdì sera a Bonacardo, per poi propagarsi a un’azienda agropastorale. Visti i diversi fronti, si sospetta che una o più persone abbiano appiccato dolosamente altri roghi, poi confluiti in un unico devastante incendio.

Le fiamme hanno costretto quasi 1.500 persone ad evacuare tra turisti e residenti, bruciando più di 20mila ettari di terreno, pascoli e campi coltivati, alcune migliaia di capi di bestiame e distruggendo case e aziende agricole.

Ritenuto uno dei più gravi disastri naturali mai accaduto in Sardegna dal presidente Christian Solinas, l’enorme rogo sarebbe di origine dolosa, partito da un’auto incendiata tra venerdì sera e sabato mattina tra Bonacardo e Santu Lussurgiu, per poi propagarsi a un’azienda agropastorale. Complici le alte temperature (ovunque tra i 35 e 40 °C) e il vento, inizialmente libeccio e poi scirocco, i fuochi hanno raggiunto i centri abitati del Montiferru, fino a scollinare verso Porto Alabe, località turistica di mare dove circa 200 persone hanno dovuto lasciare le proprie case. Le fiamme hanno distrutto anche l’olivastro millenario “Sa Tanca Manna”, simbolo della città di Cuglieri”.

Ho ripreso la drammatica ma asciutta cronaca di Valeria Aiello su fanpage.it. Perché la Sardegna stia bruciando rappresenta un interrogativo drammatico, che probabilmente trova risposta in un autentico labirinto di cause riconducibili agli andamenti climatici (caldo soffocante, vento impetuoso, etc.), allo stato ambientale (incuria, mancanza di manutenzione, nessuna prevenzione, etc.), al comportamento colposo e doloso di troppa gente. Si tratta di un fenomeno purtroppo ricorrente e devastante.

Possibile che non si possa fare qualcosa per prevenirlo o almeno contenerlo? Come sempre succede in questi casi partono denunce e critiche, che non spostano di una virgola il problema.  Le ricchezze fondamentali del nostro Paese consistono nel patrimonio artistico-culturale e in quello ambientale. Le opere d’arte non riusciamo a preservarle a dovere: forse ne abbiamo troppe. Le bellezze del territorio vengono spazzate via e/o sgretolate dagli eventi climatici in combutta con le delinquenziali negligenze e trascuratezze umane.

Si fa un gran parlare di nuovi progetti e programmi e di nuove strutture. Forse sarebbe il caso di guardare all’esistente e cercare di mantenerlo e governarlo al meglio: sarebbe già molto. Anche perché così facendo si darebbe impulso all’occupazione, al turismo, alla difesa del territorio, alla prevenzione dei disastri, ad una cultura socio-economica virtuosa ed equilibrata. Non so quanti fondi del Piano Nazionale di ripresa e resilienza siano stati stanziati su questo discorso: ce ne saranno sicuramente. Vediamo di spenderli bene.

Non vorrei però fare il grillo parlante, mestiere detestato da mio padre, il quale con una battuta velenosa, in occasione di una alluvione in Italia (non ricordo dove e quando, ma non ha molta importanza ai nostri fini), fulminò il ritornello dei comunisti trinariciuti, quelli col paraocchi, che recitava più o meno: “Cozi dal gènnor in Russia in sucédon miga”. Mio padre rispose: “ Sät parchè? In Russia i gh’àn j èrzon äd cärta suganta”.

É indubbiamente una delle più belle battute di mio padre per stile, eloquenza, brillantezza, spontaneità e parmigianità. Per gli incendi in Sardegna non c’entrano i comunisti e la Russia vecchia e nuova (è cambiato tutto, ma non è cambiato niente), c’entra quel vezzo inconcludente e paralizzante che riconduce gli eventi calamitosi ad una generica incapacità dell’uomo a governare il mondo. Non sopportava la faziosità in generale, detestava la mancanza di obiettività e nelle sue frequentazioni terra terra, nonché nel far politica a livello di base, lanciava questi missili fatti di buon senso più che di analisi politica. Oggi, chissà, forse potrebbe dire che per spegnere gli incendi occorrerebbe sputare meno sentenze, meno veleno polemico e più saliva costruttiva.

Ai comunisti di un tempo si sostituisce oggi Marco Travaglio (giornalista peraltro abile, preparato e impegnato) con le sue provocazioni insistenti, insignificanti e fuorvianti. Le voci fuori dal coro mi piacciono, ma devono essere intonate altrimenti diventano solo pretenziose e dispettose.

Il direttore del Fatto Quotidiano ha attaccato duramente il premier Mario Draghi dal palco della festa di Articolo Uno a Bologna. Parlando del governo Conte, Travaglio ha sostenuto che “li hanno mandati via per i loro meriti e hanno messo al loro posto l’esatta antitesi, che è un figlio di papà, un curriculum ambulante, uno che visto che ha fatto bene il banchiere europeo ci hanno raccontato che quindi è competente anche in materia di sanità, di giustizia, di vaccini eccetera. Mentre, mi dispiace dirlo, non capisce un c…. né di giustizia né di sociale né di sanità”. “Capisce di finanza -ha aggiunto Travaglio- ma non esiste l’onniscienza e non ha neanche l’umiltà, perché a furia di leggere che è competente su tutti i rami dello scibile umano si è convinto di essere competente su tutto e quindi non chiede consiglio”. Non mancava altro che lo colpevolizzasse anche per il discorso degli incendi in Sardegna: dove ci sta il più ci sta anche il meno.