Mio padre era talmente interessato alle Olimpiadi e coinvolto dall’evento da scandire la propria vita in collegamento con la quadriennale manifestazione sportiva. Al termine della kermesse, con le lacrime agli occhi si chiedeva: «Arriverò a vedere le prossime, ci terrei molto…». Mia madre, un po’ più pragmatica, sorrideva e commentava: «Forse nella vita c’è qualcosa di più importante…». Avevano ragione entrambi.
Oggi non ci sarebbe più alcuna discussione di questo genere, perché le Olimpiadi di Tokio non le vedo proprio. Un mio zio davanti a un tegame di insalata chiedeva: «An ved miga al säl!?». Esigeva che l’insalata fosse ingrigita dal sale per superare la barriera del suo palato inspessito dal fumo. Nel caso delle Olimpiadi non manca solo il sale, manca l’insalata.
Lo sport è diventato un affare, il dilettantismo non esiste più, tutto si riduce ad un mega-spettacolo poco attraente (nel caso solo televisivo). L’attuale edizione è oltre tutto condizionata dallo spauracchio covid: tutto senza pubblico, nell’assenza o addirittura nella ostilità dei giapponesi. Da un momento all’altro potrebbe essere tutto sospeso e rinviato a data da destinarsi. Forse era meglio soprassedere ulteriormente in quanto il gioco non vale eticamente la candela, mentre la fiaccola splende sul bailamme affaristico.
Provo un senso di profonda tristezza: nemmeno le Olimpiadi riescono a superare le chiusure delle nostre società e vengono fagocitate ed omologate quale evento fine a se stesso o meglio fine all’ambaradan economico che ci sta sotto e sopra.
Spero che nel prosieguo dei giochi, nonostante tutto, qualcosa di bello possa emergere e auspico una seppur piccola riconciliazione con lo sport e la sua portata sociale. Staremo a vedere. Non mi sembra il caso di viverle con la spada di Damocle della pandemia, con il bollettino dei contagi sovrapposto o addirittura preposto al medagliere. Se deve essere così, tanto valeva evitare la kermesse, ma, come si sa, questi eventi devono essere celebrati nonostante tutto.
Non voglio fare il penoso e lagnoso nostalgico di turno, ma mi dispiace che in questo mondo non ci sia più verso di entusiasmarsi per qualcosa. Bisogna scavare nel proprio intimo per trovare l’acqua fresca della vita. Fuori c’è pianto e stridore di denti, ma ancor più c’è l’indifferenza valoriale, colmata dagli entusiasmi vuoti ed artificiosi. La vita sta diventando una sorta di continuo veglione di capodanno in cui ci si deve divertire per forza e si finisce per soffrire per scelta.