12 luglio 2021. Bologna, Bella Ciao vicino al raduno della Meloni: la polizia fa spegnere la musica. Motivi di sicurezza. Per questo al chiosco di “Bazza” in piazzale Jacchia, ai Giardini Margherita è stato chiesto, da due agenti di polizia in borghese, di spegnere la musica che risuonava Bella Ciao dei Modena City Ramblers, al termine della presentazione del libro di Giorgia Meloni, lì accanto. “Mi hanno staccato la musica, dicono che non possiamo mettere la musica che vogliamo per motivi di sicurezza e perché delle signore si sono lamentate, evidentemente non erano canzoni di loro gradimento. Abbiamo messo i Modena City Ramblers perché ci piacciono, è la musica che mettiamo ogni sera e loro si sono avvicinati intimandoci di staccare, staccare immediatamente”, spiega la responsabile del locale Silvia Mattioli. “Mettete l’inno di Mameli”, suggerisce una delle presenti. Il siparietto dura una ventina di minuti, a nervi tesi, poi la musica si spegne.
È un fatto del giorno? Per me sì!
Lo “schiaffo” a Toscanini. La sera del 14 maggio 1931 è in programma al teatro comunale un concerto, diretto da Arturo Toscanini, in memoria di Giuseppe Martucci, direttore emerito dell’orchestra bolognese alla fine dell’800.Il maestro si rifiuta di dirigere l’inno fascista Giovinezza e l’Inno reale al cospetto del ministro Ciano e di Arpinati. Viene aggredito e schiaffeggiato da alcune camicie nere presso un ingresso laterale del teatro. Rinunciando al concerto, Toscanini si rifugia all’hotel Brun. Il Federale Mario Ghinelli, con un seguito di facinorosi, lo raggiunge all’albergo e gli intima di lasciare subito la città, se vuole garantita l’incolumità. Ottorino Respighi media con i gerarchi e ottiene di accompagnare il direttore al treno la sera stessa. Il 19 maggio l’assemblea regionale dei professionisti e artisti deplorerà “il contegno assurdo e antipatriottico” del maestro parmigiano. Sull’ “Assalto” Longanesi scriverà: “Ogni protesta, da quella del primo violino a quella del suonatore di piatti, ci lascia indifferenti”. Toscanini dal canto suo scriverà una feroce lettera di protesta a Mussolini, già suo compagno di lista a Milano nel 1919. Dal “fattaccio” di Bologna maturerà la sua decisione di lasciare l’Italia, dove tornerà a dirigere solo nel dopoguerra.
Era un fatto del giorno? No, stando all’opinione pubblica prevalente di quel tempo! Si dirà: episodi opposti, epoche diverse, protagonisti diversi, musiche diverse, contesti politici diversi, climi sociali diversi. Tutto quello che volete, ma azzardo una proporzione politico-matematica: Toscanini sta a Giovinezza come Meloni sta a Bella ciao. Con la differenza (lasciando stare la caratura culturale dei due personaggi) che la storia ha dimostrato che Toscanini, costretto all’autoesilio, aveva ragione, mentre Meloni va bellamente contro la storia e ciononostante miete consensi in crescita. È la democrazia, stupido! È il fascismo, che perde il pelo ma non il vizio.