Ci è scappato l’ennesimo morto: “Orlando, suicida a diciotto anni, insultato e deriso perché gay”. “Adesso ho un compito. Trovare i colpevoli e non mi darò pace… finché non uscirà la verità… Troveremo giustizia”. Lo dice Anna, mamma di Orlando Merenda. Deriso e umiliato perché gay, il diciottenne si è tolto la vita domenica scorsa, intorno alle 14,30, gettandosi sotto un treno, tra la stazione di Torino Lingotto e Moncalieri. Un odio ottuso che non si è fermato neppure dopo quel gesto estremo: “Morte ai gay”, qualcuno ha scritto sulla sua pagina Instagram. La procura di Torino ha aperto una inchiesta su questa nuova terribile pagina di omofobia. Orlando aveva pranzato con il papà e il fratello, poi è uscito di casa e ha deciso di farla finita. “Mi aveva confessato – racconta il fratello di Orlando Merenda – di aver paura di alcune persone. Non mi ha spiegato chi fossero, non ha fatto nomi. Era preoccupato. Diceva che mettevano in dubbio la sua omosessualità”. E un’amica: “Si era chiuso in sé stesso”. Altri amici dicono: “Lo prendevano in giro perché era omosessuale”.
“Sarai il mio angelo – scrive la madre sui social – sono convinta che tu sia per sempre mio. Motivo per resistere e che sia verità e giustizia. Sei morto da martire. Ma nessuno meritava la tua vita”. E aggiunge: “Non ho pensato mai a un gesto estremo, non di tua volontà. Chi mi ha tolto la mia gioia si pentirà amaramente. Sei stato ingannato, plagiato, deriso, umiliato… il tuo carattere così fragile… non sapevi dire di no. Sei stato l’amico di tutti. Troveremo giustizia”. (dal quotidiano La stampa).
Ebbene, mentre a Roma si discute (di omosessualità), Sagunto è espugnata (e gli omosessuali muoiono). Il Vaticano, anziché rispettare ed aiutare le persone “diverse” ad inserirsi a pieno titolo nella comunità, disquisisce sui diritti della Chiesa e imbastisce un’assurda querelle con lo Stato sulla laicità e sulla libertà di opinione. Chi fa le pulci al provvedimento di legge in discussione, che il Parlamento non si decide ad approvare a favore dei diversi e in difesa dei loro diritti, si trincera dietro la scusa della ripetitività dell’intervento legislativo (se è così, repetita iuvant e non vedo tanto clamore pseudo-culturale) e nasconde la millenaria sessuofobia clericale dietro la libertà delle scuole cattoliche e il diritto di opinione delle gerarchie cattoliche (più libertà di cosi: mentre si discute in Parlamento, la diplomazia vaticana alza la voce ed apre un canale di dibattito parallelo).
Qualcuno comincia a spazientirsi (ma cosa vogliono questi sporcaccioni), facendo di ogni erba un fascio, o meglio, facendo del “fascio” il metodo per estirpare le erbe fastidiose. Qualcuno la butta in politica, utilizzando i sacrosanti diritti dei soggetti discriminati per vergognose manovre tattiche di bassa macelleria politica. Qualcuno non trova di meglio che aprire un dibattito sui massimi sistemi dei rapporti fra Stato e Chiesa: roba vecchia come il cucco (forse l’unico punto debole della nostra Costituzione).
Non mi illudo che la legge Zan possa fare il miracolo di colmare secolari lacune socio-culturali, ma si provi almeno a fare questo passo avanti sul piano del riconoscimento dei diritti di uguaglianza e sul piano della esemplare punizione per chi osa, a qualsiasi livello ed in qualunque modo, violarli. Forse qualcuno dovrebbe faticare a prendere sonno, scandagliando la propria coscienza di fronte alla drammatica vicenda di Orlando Merenda.
Sì, perché intanto molti continuano a soffrire odiose e violente discriminazioni fino a morirne. Comunque la si prenda, dai bar di periferia alle dorate stanze, si sente la puzza di vecchio: un fariseismo di base e di vertice, che nasconde i problemi sotto il tappeto dell’intolleranza più o meno camuffata.
Meno male che a livello istituzionale è stata ribadita la natura laica dello Stato italiano e che a livello vaticano si sta scendendo a più miti consigli. Mi chiedo però che bisogno c’era di aprire un simile fronte dibattimentale? La Chiesa ha lanciato un sasso che è diventato un boomerang, ha sparato a salve e lo Stato ha ributtato la palla nella metà-campo clericale. Che penosa commedia!
Mi chiedo soprattutto chi è la Chiesa per giudicare un omosessuale che cerca di vivere seriamente la sua condizione? Ho adottato e adattato alla bisogna un’espressione forte e provocatoria di papa Francesco, usata durante una conferenza stampa di ritorno da un viaggio all’estero. Forse sarebbe il caso che la gridasse nelle stanze vaticane, facendo un giretto nei corridoi dove i bisbigli farisaici continuano a farla da padrone. Guai a voi…