Giuseppe Conte mi dà l’idea di un ostetrico che dopo avere agevolato un parto non vuole comunque tagliare il cordone ombelicale. Sta facendo nascere una nuova creatura partitica, ma pretenderebbe di mantenere il collegamento con almeno uno dei genitori (Casaleggio infatti con la sua piattaforma è roba vecchia, mentre Grillo è ancora in circolazione), perché teme di perdere il patrimonio genetico e di trovarsi ad allevare da genitore adottivo un figlio, che, prima o poi, si ribellerà e andrà alla ricerca dei genitori naturali.
Questo è la schizofrenica ultima tappa del percorso che sta facendo il M5S, ormai orfano di padre e madre, affidato ad un amministratore di sostegno. Il movimento è nato come espressione dell’antipolitica, raccogliendo a destra e manca le proteste della gente stanca di essere sgovernata: contro tutto e tutti è facile imbarcare consensi, assai più difficile mantenerli nel tempo, allorquando gli altarini della protesta si scoprono e si intravede il nulla sottostante.
Va dato atto al grillismo di avere offerto una voce democratica (?) al qualunquismo, evitando derive assai peggiori. Però è arrivata in fretta la irrimediabile perdita di voti, dovuta alla incapacità di governare e di esprimere una linea politica che non fosse quella dell’antipolitica. Quando le cose cominciano ad andare male, si litiga, ci si separa, volano le stoviglie, si sbattono le porte, c’è chi va da una parte e chi va dall’altra, chi sente nostalgia della piazza e chi si innamora delle seggiole, chi vorrebbe tornare indietro e chi vorrebbe andare avanti. Non ci si raccapezza più.
La confusione nacque per la verità subito dopo l’exploit elettorale, quando i cinquestelle si trovarono ad essere, quasi per caso, il primo partito italiano, con tanti voti, con un farneticante guru alle spalle e con un urlatore che dirigeva una banda di paese. Cosa fare? Saltò fuori un illustre sconosciuto che con il movimento c’entrava come i cavoli a merenda, ma che dimostrò di saperci fare e seppe guidare ben due governi, raffazzonati alla viva il parroco, che seppero tenere in piedi i sempre più zoppicanti grillini.
La pandemia, che ha evidenziato tutti i limiti e difetti del sistema, non ha mancato di far esplodere le contraddizioni di un equilibrio politico garantito soltanto dal savoir-faire di un avvocato e dalla pazienza costituzionale di Sergio Mattarella. Non poteva durare: la scialuppa di salvataggio non ha tenuto e il movimento ha fatto naufragio. Il capitano però non ha abbandonato la nave ed ha cominciato l’impossibile lavoro di recupero dei naufraghi e di riparazione della nave pentastellata. Dalla protesta grillina alla rifondazione contiana. Nella storia hanno fatto molta fatica a riciclarsi i partiti con una grande storia alle spalle, immaginiamoci un movimento improvvisato, senza valori, senza contenuti, senza leadership. Finito malamente Grillo, la baracca passa nelle mani di Conte, che non si capisce cosa possa cavarne fuori. Da Grillo a Conte: andata (allo sbaraglio) senza ritorno (al padre latitante).
Da una parte c’è l’esigenza di provare a fare politica e l’unica sponda plausibile non può che essere il Partito Democratico. Dall’altra c’è la necessità di mantenere uno straccio di identità protestataria e quindi non ci si vuole schiacciare in un’alleanza stabile da cui si rischia di uscire ridimensionati e devitalizzati. Rinnegare un certo passato è faticoso e pericoloso. Per andare dove? A nessuno è dato saperlo, nemmeno Conte lo sa. Grillo nicchia: che fine ingloriosa! Il resto è fuffa culturale e rissa di cortile: che casino! Cosa può mai essere questo movimento? Se tenta di fare politica, rischia di fare il verso al PD. Se cavalca la piazza si trova la strada sbarrata da Fratelli d’Italia. Se cerca un matrimonio per governare, resta comunque nella camera degli ospiti. In Europa non conta un cazzo. In Italia sta in piedi perché tirano i quattro venti draghiani.
È stata rinviata a data da destinarsi la presentazione del Neo-Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte. Si parlava di accordo già chiuso e ci si preparava a un evento di “lancio” imminente, ma il progetto ha subito un nuovo rallentamento. Restano infatti alcuni nodi da sciogliere tra il garante Beppe Grillo e il leader in pectore: al fondatore non sarebbe stato dato abbastanza tempo per analizzare i vari documenti e ci sarebbero alcuni punti sui quali non è d’accordo, a partire dal rischio che il suo peso di indirizzo politico venga ridimensionato (“il fatto quotidiano”).
Posso essere sincero? Vedo Giuseppe Conte come un gran bel venditore di fumo: ha stile da vendere, ma sotto lo stile non c’è nulla. Tutto sommato preferivo Beppe Grillo (aridatece er puzzone!). Qualche anno fa mi hanno parlato di un soggetto che passa il suo tempo a stupire la gente, girovagando per i bar, sfoggiando auto e moto di lusso, raccontando le sue imprese di vario genere (naturalmente sesso compreso). In effetti di personaggi del genere ce ne sono in giro parecchi. Quindi, niente di originale. La cosa che però mi è piaciuta è il come viene vissuto dai suoi concittadini. Lo hanno letteralmente sepolto, appioppandogli un soprannome azzeccatissimo: “füm” (con la u lombarda). A buon intenditor poche parole. Se vogliamo essere un po’ più complimentosi con Giuseppe Conte (al quale do atto di non avere poi governato così male, navigando a suon di conferenze stampa in un mare in tempesta), si può definirlo un politico che “non sa un cazzo, ma lo dice bene”. Non è l’unico venditore di fumo e non è l’unico sancazzista.