Forse per una mia innata contrarietà allo scandalismo, forse perché ho un così alto concetto della giustizia e di chi la amministra da non riuscire a concepirne eventuali malefatte, forse perché il giornalismo di denuncia si sta trasformando in macchina del fango, forse perché mi aggrappo alla magistratura come un bimbo si attacca alla gonna della mamma, fatto sta che di fronte allo scandalo della cosiddetta “loggia Ungheria” non riesco a trovare un filo di comprensione e un modo per dipanare una matassa che si preannuncia aggrovigliata ed inquietante.
La prima reazione è quella di aspettare prima di “sputtanare” i personaggi di cui si fa temerariamente il nome e ancor più prima di squalificare tutta la magistratura generalizzandone l’immagine negativa. Ciò diventa più che mai opportuno osservando chi ha sempre chiesto a gran voce il garantismo ai giudici e non intende concederlo minimamente a loro: se avete favorito la gogna degli imputati ben prima di una sentenza definitiva, adesso bevetevi la vostra gogna in attesa di giudizio. Questo è “occhio per occhio, dente per dente” a prescindere dall’autenticità dell’occhio e del dente: è giustizia sommaria.
La seconda reazione riguarda il timore che comunque da queste vicende, reali o gonfiate che siano, esca un’immagine inaffidabile della Magistratura con tutte le conseguenze del caso: un gioco al massacro pericolosissimo per la tenuta democratica del Paese.
La terza reazione è di scoprire la Magistratura invischiata nella realtà della “massoneria” intesa come consorteria di persone legate da inconfessabili comuni interessi, protette da un geloso riserbo e tese alla conquista ed al mantenimento di un potere trasversalmente altolocato rispetto alle istituzioni democratiche.
Al momento non mi sento di fare altro che esprimere dei forti timori dettati dal terrore che si possano in qualche modo trovare riscontri nella realtà. Non sarebbe purtroppo la prima volta che certi magistrati finiscono in squallide vicende: sarà una questione di mele marce o sarà marcio o bucato il cesto delle mele? Sarebbe un oltraggio ai tanti giudici che hanno fatto e fanno il loro dovere, a volte anche a rischio della vita; sarebbe un grande favore ai delinquenti di ogni tipo; sarebbe una disillusione pazzesca per quanti attendono un po’ di giustizia.
C’è la triste probabilità che in queste vicende non si riesca a fare chiarezza lasciando tutto e tutti nel dubbio. Il Presidente della Repubblica è costituzionalmente presidente anche del Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno di questo potere indipendente. È prassi che il Capo dello Stato non eserciti questa funzione se non in senso meramente simbolico e formale. Mi permetto di avanzare una domanda: non sarebbe il caso che cominciasse a guardarci dentro sul serio promuovendo una pulizia obiettivamente profonda, che provasse cioè a fare il fruttivendolo che sa riconoscere le mele marce? Può darsi che io, dal basso della mia ignoranza, stia facendo dell’allarmismo: meglio un allarme eccessivo piuttosto che una scrollata di spalle o una lamentazione qualunquistica.