La luce femminile sul fattaccio della Croce

C’è un fatto per antonomasia, che merita di essere commentato, anzi un “fattaccio”, che merita di essere rinnovato nella sua strabiliante e sofferta umanità, ma anche nella sua immanente e misteriosa divinità. Mi riferisco alla crocifissione di Gesù di Nazaret.

Non sono un teologo e quindi faccio molta fatica a trovare il filo della matassa aggrovigliata del dolore di cui questo evento è segno sacramentale. Non sono un biblista per scandagliare la storia della salvezza e collocare in essa la “disastrosa” fine di Colui, che si dichiara Figlio di Dio e che muore a dispetto di (quasi) tutti e risorge a consolazione di pochissimi.

Sono soltanto un povero seguace di quest’Uomo-Dio, che tenta di carpire qualche segreto dall’epilogo drammatico della sua vita finita tragicamente nella morte in Croce. E mi chiedo perciò dove erano e cosa facevano tutti coloro che lo avevano incontrato e conosciuto, direttamente o indirettamente.

Capisco bene chi lo aveva osteggiato, intravedendo in Lui un attacco sconvolgente e proditorio al potere religioso e che ha aspettato un po’ di tempo, ma poi finalmente è uscito allo scoperto e ne ha spaventosamente provocato un vero e proprio massacro. Ma gli altri dove erano? Probabilmente tutti presi in contropiede dal processo sbrigativamente intentato e parodisticamente celebrato. Il tradimento di Giuda, che sembra fattualmente un evento superfluo, ha avuto forse la funzione di far precipitare la situazione spiazzando un po’ tutti.

Dove erano i suoi timorosi apostoli? Lo sappiamo: erano scappati, probabilmente delusi, sicuramente spaventati, certamente dubbiosi riguardo allo sbocco di una vicenda esistenziale, di cui, bene o male, erano stati testimoni. Intendiamoci bene: non si trattava solo di uno sparuto gruppetto di “fifoni”, pronti a darsela a gambe di fronte alla brutta piega degli avvenimenti riguardanti il loro maestro di vita. Erano gli spauriti comprimari di un fatto apparentemente e paradossalmente inspiegabile: un messia che finisce in croce. Vai a pensare che tutto ciò significava l’amore incommensurabile di un Dio riveduto e corretto dal suo figlio fatto uomo… Era dura ed è tuttora dura da bere, anche se è così: prendere o lasciare!

Ma dove erano tutte le persone che Gesù aveva incontrato e beneficato in vario modo? I lebbrosi guariti e riportati nella società, i paralitici rimessi in piedi, i cechi e i sordomuti riconsegnati ad una vita di normali relazioni, gli indemoniati guariti dalla loro follia, i ritornati in vita per il suo intervento, tutti coloro che avevano assistito alla prodigiosa moltiplicazione dei pani e dei pesci, tutti quanti si erano entusiasmati con le sue ficcanti prediche, tutti i peccatori incalliti riscattati dal suo precipitoso e delicato perdono, tutti coloro che ne avevano apprezzato le parole e le opere? Dove erano i seguaci di Giovanni Battista, privi della loro storica guida, ma titubanti verso il cugino così diverso dalle loro aspettative? Dove erano tutti costoro, quando Pilato improvvisò un referendum alle grida per decidere se liberare Gesù o Barabba? É vero che allora non c’erano i social media per informare e mobilitare la gente, è vero che il sinedrio giocò d’anticipo, prevenendo ogni e qualsiasi contestazione popolare ad una squallida manovra di puro potere, fatto sta che quella città, a poche ore di distanza da un trionfo bello e buono, riservava al Figlio di Davide, dopo gli osanna, i crucifige implacabili ed insistenti.

E Pilato dove era? Avrà sicuramente, in precedenza, sentito parlare di questo imprevedibile e stranissimo personaggio. La guarigione del servo del centurione non sarà passata sotto silenzio a livello della truppa romana e probabilmente qualcosa sarà arrivata all’orecchio del governatore. Avrà pur saputo che questo Gesù era capace di mobilitare le masse, ma le ammaestrava con insegnamenti pacifici e non dimostrava alcuna ostilità preconcetta nei confronti dell’invasore romano. Una volta che gli venne consegnato, capì immediatamente il retroscena della vicenda, il complotto che i capi degli ebrei stavano confezionando. Presumibilmente si sarà ulteriormente informato dai suoi più stretti collaboratori, che gli avranno riferito di un personaggio scomodo per il Sinedrio, ma innocuo per i Romani, sempre pronto a schierarsi pacificamente dalla parte dei deboli, ma comunque non ostile e lontanissimo da ogni e qualsiasi trama rivoluzionaria in senso materiale.

Possibile che il Sinedrio, peraltro non perfettamente unito nel giudizio su Gesù (a proposito dove erano i maggiorenti in buona fede che lo stimavano seppure sotto traccia?), sia riuscito a fare un vero e proprio golpe religioso con la pavida complicità di Pilato e nell’indifferenza generale? Possibile, anche se sembra che tutto rispondesse ad una logica predeterminata e inesorabile.

E quale può essere questa logica? Si tratta della più illogica delle vicende umane, ma della più grande e paradossale manifestazione divina. Dio fa una continua provocazione amorosa e poi aspetta: l’innamorato respinto non si rassegna e dà la vita e così avviene nei secoli dei secoli. E noi abbiamo la spudoratezza di chiosare il tutto con un “Amen”. Sentirsi in colpa è poco! Ci riescono il centurione romano ai piedi della Croce, che riconosce Il Figlio di Dio e il ladrone in croce, che osa chiedere perdono. Ciò a significare che noi siamo peggio di questi due estremi personaggi: un kapò, che si diverte a torturare i condannati a morte ed un condannato a morte per un atroce delitto, che si accontenta di una sublime promessa. Siamo in mezzo e non ce ne rendiamo conto!

Nel buio fitto di questo fattaccio si intravede, umanamente (e non solo) parlando, la luce al femminile: si potrebbe dire che il sole si è spento e resta la pallida luce della luna. Le donne! Le uniche che trovano il coraggio di piangere, di gridare allo scandalo, di fare carezze al moribondo, di ungere il corpo del cadavere, di continuare a cercare questo uomo, che le aveva parificate all’uomo, che le aveva riscattate dalla loro condizione di minorità, che le aveva perdonate, oserei dire scusate, nei loro peccati, che le aveva amate fino in fondo. Mi piace pensare che sia così anche oggi… Anzi è stato così tre giorni dopo il fattaccio: le donne vedono e vogliono toccare per prime Gesù. Scene di dolcezza infinita e di fede traboccante. Se non ci fossero state quelle donne, con Maria in testa, tutto sarebbe più difficile da credere e da testimoniare. Gli incalliti clericali, i bigotti di turno, gli uomini di potere, i violenti, i vigliacchi, i paurosi, i tiepidi, ci sono anche oggi in abbondanza. E le donne? Sono, tutto sommato, ancora le uniche ad avere occhi per esprimere guardi di pietà, ond’io guardo a loro come ad angeli e dico: Ecco la bellezza della vita!