Durante la seduta governativa di insediamento il presidente Mario Draghi ha rivolto un appropriato e pressante invito ai ministri: “Ora facciamo parlare i fatti”. Ciò risponde, a quanto pare, alla sua mentalità di cui sentivamo sinceramente molto il bisogno. Ottima partenza che dovrebbe inaugurare uno stile di governo sobrio e costruttivo.
Probabilmente presi dall’entusiasmo e dall’emozione del “primo giorno di scuola”, complici le sollecitazioni mediatiche, alcuni neo-ministri tecnici hanno immediatamente cominciato a parlare, rilasciando dichiarazioni, peraltro interessanti ed impegnative, che smentivano però sul nascere il desiderio del premier.
Il neo-ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha confermato la volontà del nuovo governo: “Tutti sui banchi e didattica sempre in presenza”. Bellissimo, ma sarà possibile con le arie che tirano a livello pandemico? Non credo che il precedente governo si divertisse a chiudere le scuole e/o ad incasinarle con il mix delle lezioni in presenza e al computer, quindi…lasciamo parlare i fatti.
Il nuovo ministro dell’Economia non ha voluto essere da meno affermando: “Per crescere servirà un nuovo fisco”. D’accordissimo, ma tutti i governi, più o meno, hanno programmato la riforma fiscale, salvo non farla o farla poco e spesso male. Meglio quindi…lasciar parlare i fatti.
La ministra della Giustizia, Marta Cartabia ha detto: “Credo in una giustizia dal volto umano. Prescrizione? No ai processi infiniti”. E chi crede in una giustizia dal volto bestiale? Forse chi rimpiange la pena di morte e vuole mettere i colpevoli in galera, come si suol dire, gettando via la chiave della cella. E chi preferisce processi lunghi, quasi interminabili? I colpevoli che puntano alla prescrizione dei loro reati e gli innocenti che non si fidano dei giudici e preferiscono evitarne il giudizio. Meglio quindi…lasciar parlare i fatti.
Mi sia consentito riportare un piccolo episodio con protagonista, come spesso mi succede, mio padre, davanti al video, alle prese con una delle solite vuote interviste propinate ai fanatici del pallone. Parlava il nuovo allenatore di una squadra, non ricordo e non ha importanza quale, che ottenne subito una vittoria ribaltando i risultati fin lì raggiunti. L’intervistatore chiese il segreto di questo repentino e positivo cambiamento e l’allenatore rispose: “Sa, negli spogliatoi ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che dovevamo vincere”. Non ci voleva altro per scatenare la furia ironica di mio padre che, scoppiando a ridere, soggiunse: “A s’ capìssa, l’alenadór äd prìmma, inveci, ai zugadór al ghe dzäva äd perdor”. Tutto chiaro sul ruolo dell’allenatore? Mi sembra proprio di sì. I trainer padre eterni sono serviti, i meno fortunati sono risollevati. Il discorso però si può tranquillamente allargare anche ai nuovi ministri, pur senza troppo scetticismo nei confronti del loro sacro ardore iniziale e sperando che, come dice il famoso proverbio, “il buon giorno si veda dal mattino”.
Così mentre, stando alle cronache, i ministri politici hanno tenuto piuttosto chiusa la bocca, i ministri tecnici non hanno resistito alla tentazione, nonostante il richiamo del premier di attenersi ai fatti. Auguro loro di non cadere nella tentazione in cui cadde Roberto Baggio alle prime apparizioni nella nazionale di calcio? Ogni volta che entrava in possesso del pallone si sentiva in obbligo di effettuare una giocata straordinaria (un colpo di tacco, una acrobatica rovesciata, un palleggio insistito, etc.), che nell’economia della squadra rendeva poco. Il grande e meritatissimo consenso che si è creato attorno ai tecnici prestati alla politica non vorrei che li costringesse psicologicamente alla profezia continua (che non è più profezia). E chi sono io per criticare i nuovi ministri? Aspettiamo i fatti…