Con l’ultimo dei giusti alla ricerca dei nuovi giusti

Non sono mai stato, e se possibile oggi lo sono ancor meno, comunista, anche se mi sono sempre impegnato e battuto a tutti i livelli per una politica di sinistra basata sui principi di libertà coniugati con quelli di equità e giustizia sociale. Non ho quindi omogeneità ideologica con Fausto Bertinotti, ma mi ritrovo culturalmente nella sua spietata analisi: non esiste la politica, non esiste classe politica, i cittadini dovrebbero riprendersi spazi di partecipazione democratica per riprendere un cammino di ricostruzione.

I primi giorni dopo lo scoppio della pandemia mi sono trovato a rimpiangere immediatamente i vecchi partiti e i loro esponenti: dentro e dietro i programmi batteva un cuore che dava la forza di proiettarsi oltre gli ostacoli nello scontro duro, ma anche nello sforzo unitario soprattutto nelle contingenze più gravi e difficili.

Parlando con un autorevole amico mi ritrovai a ripensare con estrema e commossa nostalgia ai grandi esponenti democristiani e comunisti che seppero guidare, chi dalla maggioranza di governo, chi dai banchi dell’opposizione, la ricostruzione post-bellica e la lotta al terrorismo.

E allora? Come se ne esce in un periodo ancor più complicato e delicato rispetto a quelli sopra citati? Non incartiamoci col pallottoliere alla ricerca dei numeri e delle combinazioni parlamentari. L’esempio più eclatante e significativo è l’improvvisa uscita dal cilindro contiano di un raggruppamento europeista, liberale, popolare, socialista, che dovrebbe far pendere la bilancia a favore di un governo capace di guidare il Paese. Con questi escamotage, pur legittimi ma sinceramente al limite del farsesco, non si va comunque da nessuna parte, anzi si rischia di gettare ulteriore discredito sulle Istituzioni.

Non esiste in Parlamento la capacità di esprimere un programma di governo adeguato alla situazione e soprattutto una classe dirigente in grado di portarlo avanti seriamente. Bisogna prenderne atto al di là delle alchimie in cui si stanno esercitando un po’ tutti. Le ideologie sono finite, ma non deve finire la cultura politica. I principi sembrano assenti dalla vita istituzionale, ma occorre trovare un minimo comune denominatore: l’unico punto di riferimento rimane la Carta Costituzionale con il suo garante Sergio Mattarella, che oltre tutto proviene, come l’ultimo dei giusti, come cattolico democratico, dall’esperienza post-resistenziale e post-bellica.

Su questo caposaldo irrinunciabile si può costruire una nuova cultura e prassi, basata sulla competenza, sulla responsabilità, sulla capacità di governare e amministrare. Tutti, all’entrata e all’uscita delle consultazioni al Quirinale, dichiarano di voler partire dai contenuti, tra cui spiccano la vocazione europeistica, il piano vaccinale, il rilancio economico e la difesa dell’occupazione. Non basta! Possono essere o rimanere scatole vuote, se non si individua una classe dirigente capace di riempirle.

Se il Parlamento, che è lo specchio dei partiti, non è in grado di esprimere una guida autorevole al riguardo, meglio prenderne atto e non giocare all’improvvisazione. Ecco perché in questa fase non vedo altra possibilità di un governo del Presidente, formato da personaggi di grande levatura, autorevolezza e competenza, capaci di gestire una fase così drammatica.

Con questo non voglio dire che il Parlamento debba andare in vacanza e che i partiti si ritirino in buon ordine, ma che tutti ritornino a fare umilmente il loro mestiere, ricominciando ad elaborare una cultura politica degna di tale nome. Credo che l’improvvisato gruppetto di responsabili da cui dovrebbe dipendere il futuro governativo dell’Italia finirà con l’essere la macabra goccia che farà traboccare il vaso dell’inconcludenza. Forse abbiamo raggiunto il fondo e non vale la pena di raschiare il barile. Meglio un barile nuovo da riempire ex novo. Non certo tramite il demenziale ricorso alle elezioni: non farebbero altro che constatare le manchevolezze di chi si presenta al voto dei cittadini e questi ultimi potrebbero reagire con l’astensione o con la rabbia sociale.

Mi aspetto dal Capo dello Stato non la funzione notarile di mera presa d’atto di una situazione, ma lo scatto coraggioso e la provocazione benefica verso il recupero della politica. Ha la capacità, l’autorevolezza il carisma, la credibilità e la coerenza per farci ricominciare dall’abc. Ci vuole pazienza, dice qualcuno: però non per sopportare il niente che avanza, ma per cercare il nuovo che occorre.