Gli sguatteri di lusso o i cuochi provetti

Affermare che la politica è l’arte del governare è dire tutto e niente. In questo periodo il premier Giuseppe Conte si sta infatti dimostrando un artista del “possibile”: la gente lo capisce e, tutto sommato, gli concede un notevole consenso. I suoi nervi d’acciaio, la sua freddezza calcolatrice, il suo riguardoso distacco, la sua calma olimpica lo hanno collocato in una posizione ovattata, in un bozzolo da cui però rischia di non uscire mai la farfalla.

Matteo Renzi intende rompere questo guscio di impenetrabilità anche se lo sta facendo in modo sgarbato nei toni, fin troppo perentorio nei contenuti, assai confuso negli sbocchi politico-istituzionali. E Conte mostra la corda: quando la politica ha la necessità di essere anche l’arte del compromesso e della mediazione, casca il suo asino. Allora tutto rischia di diventare opaco, innescando nella gente un senso di smarrimento più che di protesta.

In questi giorni nei dialoghi fra amici, negli occasionali colloqui con persone di varia estrazione e sensibilità, nelle riflessioni a voce alta, fa capolino la consapevolezza di essere governati da personaggi inadeguati ad affrontare una situazione peraltro difficilissima, al limite dell’impossibile. L’arte del possibile si scontra quindi con la realtà che esige qualcosa di molto pressante e ficcante. Quale può essere la chiave per aprire questa porta blindata?

Sarà forse l’uovo di Colombo, la scoperta dell’acqua calda, l’innegabile evidenza, ma l’unico modo serio ed efficace per uscire dallo stallo, al di là dei rimpastini e rimpastoni, al di là delle crisi di governo più o meno pilotate, al di là di qualche aggiustamento in corsa, è interpretare la politica come competenza, come capacità di amministrare, senza privarla del pizzico di fantasia e soprattutto del retroterra valoriale ed ideale, ma fondandola sulle basi solide dell’esperienza, della professionalità, della preparazione tecnica.

Purtroppo i partiti non sono in grado di fornire esponenti che rispondano ai suddetti requisiti: la cucina è zeppa di sguatteri, ma assai vuota di cuochi e ancor più di chef. E allora i piatti non stuzzicano il tremendo appetito sociale ed economico serpeggiante nella società. Si rischia di andare avanti a furia di minestre scaldate tali da scatenare anoressia pur di evitare ricette avventuristiche tali da comportare bulimia.

“Governo dei capaci” sembra una locuzione scontata e invece purtroppo non lo è: abbiamo un governo che non brilla affatto per capacità di governare. Non resta altro che fare come le società calcistiche quando sono alle prese con una squadra che naviga nei bassifondi della classifica. Provare a rinnovare fiducia, nonostante tutto, allo staff tecnico, apportando magari qualche piccolo aggiustamento, oppure cambiare l’allenatore e andare sul mercato per rafforzare l’organico inserendo alcune nuove pedine decisive in difesa, all’attacco e soprattutto a centro-campo?

Propenderei per la seconda soluzione anche se la vedo politicamente difficile: varare un governo nuovo fatto di personaggi tecnicamente, professionalmente ed esperienzialmente affidabili provocherebbe immediatamente una sorta di rigetto da parte dei partiti, che si vedrebbero scavalcati o comunque dribblati. Bisogna che qualcuno li faccia ragionare mettendoli davanti alle loro necessità che diventino virtù.

Il M5S non può fare lo schizzinoso: è la forza politica più carente sul piano della capacità amministrativa, è in confusione al vertice ed alla base, è in drammatico calo di consensi, è in contraddizione continua tra la tentazione dell’antipolitica e il ricorso alle manfrine della peggior politica. Se si dovesse presentare alle urne, rischierebbe di sparire letteralmente dalla circolazione.

Il PD non ha un gruppo dirigente in grado di prendere in mano la situazione ed orientarla autorevolmente: è il meglio del peggio, ma non basta nel modo più assoluto. La sinistra estrema continua a fare la parte di una scheggia non tanto impazzita, ma insignificante. Italia viva, dopo il can can scatenato da Renzi, non può rifugiarsi in corner e quindi dovrebbe bere il brodo nuovo, dopo avere squalificato quello vecchio. L’opposizione si troverebbe spiazzata e divisa tra la disponibilità ante litteram di Silvio Berlusconi ad ogni e qualsiasi novità governativa varata dal presidente Mattarella e la facinorosa, testarda e tragica commedia del leghismo salviniano e del nazionalismo meloniano.

Ho introdotto surrettiziamente il ruolo del presidente della Repubblica. Sì, perché solo lui avrebbe la sensibilità, la capacità, l’autorevolezza, il carisma per varare una soluzione che ridia slancio e competenza al governo del Paese. Rientra nei suoi compiti? Credo di sì e credo che gli italiani gliene sarebbero oltre modo grati. Intravedo in lui qualche segno di insofferenza verso il tirare a campare contiano, mentre la situazione diventa sempre più grave e complessa a tutti i livelli. Matteo Renzi ha messo in moto una macchina che nemmeno lui sa dove può portare. Potrebbe però avere innescato una fase nuova, anche se, come spesso accade, gli scalmanati suscitatori del nuovo, non sono poi in grado di gestirlo.