La vocina montiana della coscienza contiana

Si fa un gran parlare del futuro politico di Giuseppe Conte. Mentre in parecchi stanno escogitando il modo migliore per giubilarlo, lui sornionamente, forse, sta sfogliando la margherita per decidere come configurare le proprie prospettive. Fare il Cincinnato non sarebbe infatti il suo mestiere.

E allora a chi chiedere consigli più o meno leali e disinteressati? Il Corriere della Sera ci ha pensato con Mario Monti, che, nel corso di un’intervista, ha sciorinato questo percorso a livello più lapalissiano che coscienziale: «Mi interrogherei sullo strumento migliore. In che modo io Giuseppe Conte — che sono diventato premier un po’ per caso ma che in due anni e mezzo, me lo riconoscono tutti, ho accumulato grande esperienza nazionale e internazionale e ho dato prova di notevoli capacità — potrei contribuire al meglio a questo cambiamento dell’Italia? Costituendo un mio partito? Prendendo il controllo del partito che mi ha espresso come premier? Guidando una coalizione alle elezioni? O eventualmente, se ne ricorressero le circostanze, come presidente della Repubblica?».

Il pulpito non è troppo credibile: Monti scelse di improvvisare un partito, ottenne immediatamente un discreto riscontro elettorale, ma poi il suo progetto andò in fumo e lui, politicamente parlando, fece la fine della famosa contadinella. La povera Rosalina viveva nella più assoluta miseria in un paesino di campagna. Un giorno gli diedero in dono una bella ricottina: Rosalina la mise in un cestello e se ne andò al mercato. Lungo il cammino cominciò a fantasticare, facendo i suoi progetti: andrò al mercato, venderò la ricotta, con quei soldini comprerò delle uova che metterò sotto le chiocce e nasceranno i pulcini che diventeranno polli; venderò i polli e comprerò delle caprette che mi daranno i caprettini: io li venderò e comprerò una vitellina che diventerà mucca e mi darà il latte per fare tante ricottine. Diventerò ricca e la gente passando davanti alla mia bella casetta mi dirà: “Riverita signore Rosalina, riverita!”. Nel dir così la svampitella fece un profondo inchino e la ricotta andò a finire in mezzo alla strada.

In un tempo in cui gli eventi si susseguono come in una maionese impazzita, resta legato allo schema storico che prevede la nascita di un partito sulla base di una idea forte, di una storia radicata, di un’esperienza allargata, soprattutto di una cultura collaudata. I partiti personali fanno sempre una brutta fine e segnano fasi inconcludenti, confuse e pericolose nella vita politica. Molto diverso quindi sarebbe il mio consiglio a Conte rispetto a quanto gli suggerisce il suo illustre predecessore Mario Monti.

Parliamoci chiaro: di giravolte spericolate Giuseppe Conte ne ha già fatta una. Lasciamo stare il fatto che si stia dimostrando salutare per il Paese: cosa sarebbe successo infatti se Matteo Salvini fosse rimasto in sella? Non so se l’ipotesi comporti più crasse risate o salutari brividi. Adesso però basta e avanza. Non vorrei che le intemperanze del primo Matteo (Salvini) lo avessero spinto ad un rigurgito orgoglioso e dignitoso e quelle del secondo Matteo (Renzi) lo inducessero ad un triplo salto mortale per uscire da una trappola che gli stanno tendendo. Triplo perché si tratta di dribblare gli attacchi insidiosi di Italia viva, le incoerenti incertezze del M5S, le solite indecisioni del Partito democratico.

Forse siamo sempre lì a girare intorno al nulla del cosiddetto “centro” politico, inteso come area da occupare più che come stile da adottare. Il vero centro è finito (purtroppo) con la Democrazia cristiana, un centro a cui fu impedito (il modo ancor m’offende) di guardare veramente a sinistra. Dopo la Dc fu il diluvio Berlusconiano (Dio ce ne liberi per sempre) e poi ecco spuntare il montismo nato dalle ceneri tecniche dello scampato pericolo della disfatta totale (merito di Napolitano, Merkel e Obama). Il centro è la primula rossa dello schieramento politico italiano: “Lo cercan qui, lo cercan là,/ dove si trovi nessuno lo sa./ Che catturare mai non si possa,/ quel dannato Centro della fossa?”.

E poi, siamo seri: è proprio sicuro che, con tutti i problemi che abbiamo serva porsene uno sul futuro di Giuseppe Conte? È proprio opportuno in mezzo alle disgrazie, che ci stanno sommergendo da ogni parte, andare a cercare del freddo nel letto futuro di Giuseppe Conte. Non è sufficientemente insicuro il letto presente dell’avvocato del popolo per sognare quello del salvatore della patria?