È finita l’epoca delle dittature in divisa, dei partiti unici, della censura dichiarata. Oggi gli autoritarismi si presentano in giacca e cravatta, vincono le elezioni e parlano il linguaggio della democrazia. Ma proprio mentre dicono di celebrarla, la svuotano dall’interno. È questa la tesi, lucida e inquietante, del saggio di Steven Forti, che apre il volume di MicroMega 4/2025 – “Sulle macerie della democrazia” – accompagnandoci in un viaggio tra le nuove forme del potere autoritario nel XXI secolo.
Siamo nel pieno di una nuova ondata di de-democratizzazione globale, la prima dalla fine della Seconda guerra mondiale. Eppure, molti regimi autoritari si presentano come democrazie, solo un po’ “illiberali”. In realtà, spiega Forti, siamo di fronte a regimi ibridi che mantengono le apparenze democratiche – elezioni, media, opposizioni – ma ne cancellano la sostanza: libertà, pluralismo, giustizia sociale. È il caso dell’Ungheria di Orbán, della Russia di Putin, della Turchia di Erdoğan, ma non solo.
Un saggio fondamentale per capire come muoiono oggi le democrazie, e soprattutto come possiamo accorgercene prima che sia troppo tardi.
Quando strumentalmente e/o snobisticamente si sottovaluta il discorso del neofascismo si commette un gravissimo errore: intendendo per fascismo il suo presupposto politico-culturale e non soltanto il suo esito istituzionale, bisogna ammettere che la macchia non si è assorbita, ma addirittura si è allargata sul piano geopolitico e, cosa ancora più grave, dal punto di vista etico.
Conversando telefonicamente con il mio carissimo amico Pino siamo arrivati alla conclusione che la gravissima malattia del mondo odierno, che intacca i rapporti umani, sociali e politici e da cui nascono tutte le più tragiche situazioni, è l’incapacità di relazionarsi con gli altri.
Scrive al riguardo una mia amica suora: “Occorre la consapevolezza che le relazioni autentiche si fondano sulla capacità di accogliere l’altro per ciò che è, lasciando che possa esprimersi liberamente, senza il timore di esser frainteso o giudicato, e trovando insieme un terreno comune su cui costruire un dialogo sincero. Solo aprendo uno spazio di autenticità e rispetto reciproco si può davvero contribuire a far crescere legami solidi e duraturi, nei quali il prendersi cura diventi una scelta quotidiana, capace di andare oltre il semplice ascolto per tradursi in atti concreti di attenzione e presenza, così da accompagnare l’altro nei diversi momenti della vita…”.
Senza questo impegno relazionale si arriva, come diceva papa Francesco, alla globalizzazione dell’indifferenza. Vediamo tutto e niente ci scuote, come scrive Paolo Venturi in un bellissimo recente articolo apparso su “Avvenire”.
Se proviamo a passare in rassegna tutte le vicende e le contingenze che stiamo vivendo, abbiamo la dimostrazione del teorema di cui sopra.
Politicamente parlando il discorso si riflette sui massimi sistemi statuali: dalla globalizzazione dell’indifferenza a quella della mediatizzazione dei consensi per finire con quella della de-democratizzazione il passo è purtroppo breve e oserei dire automatico.
Per rimanere in casa Italia, peraltro influenzata dal resto del mondo, consiglierei a tutti di analizzare gli attuali indirizzi politico-governativi del nostro Paese per individuarne delle belle: dai bavagli all’informazione alla criminalizzazione delle opposizioni politiche e sociali, dalla sgangherata insofferenza per le proteste all’illusione di rendere sicura la convivenza tramite il perseguimento di un ordine sepolcrale, dalle ipotesi di riforma anticostituzionale allo svaccamento istituzionale, dalla “conflittualizzazione” dei rapporti con la magistratura allo svuotamento del ruolo parlamentare, dal fastidio verso la presidenza della Repubblica alla dissolvenza dell’unità nazionale, etc. etc.
Da parte mia esprimo serissime preoccupazioni a livello mondiale e nazionale: da qualsiasi parte mi volga vedo rischi esiziali per la democrazia, incarnati da personaggi penosamente incredibili e drammaticamente pericolosi.
Se non abbiamo il coraggio di ripartire daccapo tornando ai valori fondamentali, resteremo imprigionati nelle botteghe autoritarie, rinunciando a partecipare e scegliere o illudendoci di comprare il benessere dal peggior offerente.