Il ditone giustizialista e il ditino scacciapensieri

L’ex sindaco di Pesaro ed ex presidente di Ali, Autonomie Locali Italiane, figura di spicco del centrosinistra marchigiano, ha reso noto di essere destinatario di un avviso di garanzia nell’ambito dell’indagine “Affidopoli”, che riguarda presunti affidamenti irregolari effettuati dal Comune di Pesaro durante il suo mandato. A comunicarlo è stato lo stesso Ricci, che in un video diffuso sui social ha espresso stupore e delusione, ribadendo al contempo la propria convinzione di non aver commesso alcun illecito.

L’inchiesta, avviata circa un anno fa dalla procura, si concentra su una serie di affidamenti diretti effettuati dal Comune di Pesaro durante l’ultima amministrazione Ricci, per un ammontare complessivo superiore ai 500mila euro.

I fondi, secondo gli inquirenti, sarebbero stati assegnati a due specifiche associazioni senza passare attraverso gare pubbliche o procedure comparative, come invece previsto in linea generale per l’utilizzo di risorse pubbliche.

Gli interventi finanziati comprendevano iniziative culturali e simboliche, tra cui la realizzazione di un murale in onore della senatrice a vita Liliana Segre, volto a promuovere la memoria della Shoah, e l’installazione di una grande scultura a forma di casco, dedicata al pilota Valentino Rossi, destinata a celebrare il legame del territorio con il campione motociclistico.

A Ricci, tuttavia, non viene attribuito alcun arricchimento personale: le contestazioni mosse dalla procura riguardano esclusivamente un presunto vantaggio in termini di consenso politico. In altre parole, l’ex sindaco – secondo l’ipotesi accusatoria – avrebbe potuto trarre giovamento in termini di immagine e popolarità dalle opere realizzate e dagli eventi finanziati, rafforzando la sua posizione pubblica in vista di future competizioni elettorali. 

Una tesi che Ricci ha già definito “curiosa” e “infondata”, negando qualsiasi tipo di strategia orientata a ottenere visibilità attraverso l’utilizzo delle risorse comunali.

Nel suo intervento, Ricci ha chiarito di non aver mai gestito personalmente gli affidamenti pubblici, delegando tali responsabilità ai dirigenti competenti: «In quindici anni da amministratore, ho sempre riposto piena fiducia nei miei collaboratori. Non ho mai seguito direttamente le procedure di assegnazione», ha affermato, aggiungendo di non avere mai ricevuto alcuna segnalazione su presunte anomalie.

L’ex primo cittadino ha anche sottolineato di non aver avuto rapporti diretti con le associazioni coinvolte: «Non le conoscevo, né ho mai interagito con loro». La contestazione avanzata dai pm, che fanno riferimento a un’ipotetica “utilità politica”, viene definita da Ricci “piuttosto singolare” e completamente priva di fondamento. «Non ho mai pensato di ottenere consenso attraverso questi atti. Se qualcuno ha commesso errori, e lo si dovesse accertare, io per primo sarei parte lesa».

Non è mancata una riflessione sul tempismo dell’avviso, recapitato a poche ore dall’ufficializzazione del voto regionale. «Un anno di indagini, e proprio il giorno dopo l’annuncio delle elezioni mi arriva questa comunicazione. È difficile non notare la coincidenza. Mi amareggia e mi lascia interdetto», ha dichiarato Ricci, visibilmente provato.

Nonostante la situazione, l’ex sindaco si è detto sereno e determinato ad affrontare la vicenda con trasparenza. «Non ho nulla da nascondere. Continuerò a metterci la faccia, come ho sempre fatto. La politica per me è impegno civile, dedizione e confronto, non certo opportunismo». (lentepubblica.it)

Credo che la procura competente abbia agito con un certo qual accanimento giudiziario: non vorrei che si fosse aperto un vero e proprio ciclo di emulazioni fra procure per vedere chi ne incastra di più. Sarà la ricattatoria concomitante risposta preventiva alla riforma della giustizia?

Queste maliziose insinuazioni sono ben lungi dal criminalizzare la magistratura e beatificare la politica, ma mi vengono spontanee in un rissoso clima di confronto tra potere politico e potere giudiziario: un incrocio istituzionale molto delicato.

Superati i possibili reciproci veleni, vorrei svolgere due riflessioni. Mi sembra innanzitutto che l’accusa rivolta a Matteo Ricci sia assai poco rilevante sul piano giuridico e basata soltanto su presupposti etici, rispettabilissimi ma troppo generici e poco concreti. Che la politica tenti di utilizzare l’amministrazione della cosa pubblica per accaparrare consensi e ottenere appoggi è cosa vecchia come il cucco anche se a dir poco criticabile. Di qui a intravedere sempre e comunque la gatta che ci cova… Un po’ più di rigore giudiziario e di obiettività indagatoria non guasterebbero.

Devo però essere altrettanto sincero nel considerare debole la difesa di Matteo Ricci laddove nasconde la propria assoluta estraneità dietro il comportamento dei funzionari alle sue dipendenze: non so se possa scattare o meno una sorta di responsabilità oggettiva, ma comunque gli amministratori pubblici devono essere attenti agli atti dei loro uffici. Altrimenti, mi spieghino cosa ci stanno a fare e cosa fanno. Le solite chiacchiere programmatiche?

Sono stanco di sindaci (compreso il tanto osannato ed argenteo sindaco di Parma) che danno aria ai denti, elaborando progetti a raffica e ad impatto zero sulle effettive necessità dei cittadini (soprattutto quelli con gravi problemi). Dimostrano di non avere in mano la macchina amministrativa ed al contempo di avere scarsa sensibilità umana e sociale: allora può sorgere il dubbio che agiscano per motivi squisitamente “politici”. Dovrebbero essere i cittadini stessi a farlo presente, ma purtroppo sono imbambolati dai media, dalle polemiche di partito e dalla sfiducia dilagante. Ecco allora spuntare il giustiziere della notte, la procura che va alla ricerca del pelone nell’ovetto usando magari l’occhio del bue.