“Vedrai che sarà meno male di quanto pensi: tradizione come Benedetto; continuità con Francesco (i poveri); un mediatore con meno strappi di Francesco e poi retromarce…; sarà più efficace con la sua mitezza-prudenza…mite ma non debole…si è visto come si è opposto a Vance senza mezzi termini. Speriamo che riesca a ricucire la Chiesa lacerata tra progressisti e conservatori. E influire anche sulla pace (?). Missionario tra i poveri del Perù (20 anni), che andava a trovare a cavallo. Dottrina agostiniana… conosce la Curia e le Conferenze episcopali…unità e pace le due parole chiave. Una Chiesa lacerata non va da nessuna parte… pace quanto c’è bisogno…lo Spirito Santo non finisce di stupirci…io ho sensazioni positive…ma aspettiamo…aspettiamo e preghiamo per Lui. Si è preso una bella croce sulle spalle… (…) Sul tema della sessualità bisogna aspettare per capire la linea del pontificato, non dimenticando che la ricerca della verità è sempre dialogica, anche sui temi morali. Si ricerca insieme…ascoltandosi reciprocamente su temi così spinosi. Tutto nasce dall’ascolto…e questo papa, a detta di chi lo conosce, sa ascoltare…speriamo…”.
Ho riportato integralmente la riflessione che mi ha inviato un mio carissimo amico in risposta alle mie intemperanti, istintive, precipitose, dubbiose, ma sinceramente preoccupate, reazioni a caldo alla nomina di papa Prevost. Accolgo le sue sagge, acute e pertinenti osservazioni, di cui lo ringrazio e di cui farò tesoro all’interno di un confronto da tempo aperto in clima di amicizia e fede.
L’atteggiamento giusto è sicuramento quello della paziente attesa, del dialogo e della preghiera. Per quanto concerne la pazienza è dai tempi della mia prima comunione che aspetto una Chiesa aperta, tollerante e misericordiosa: nel frattempo mi sento (quasi) in dovere di esprimere le mie riserve e i miei dubbi, non rinuncio a partecipare convintamente ma criticamente alla vita ecclesiale. Questo mio atteggiamento è sempre stato scambiato per presunzione e/o snobbato come insofferenza tipica del piantagrane.
Devo chiarire due equivoci. Il primo riguarda la non facile distinzione tra giudizio anti-evangelico e sacrosanta critica evangelica. Cerco di stare sul secondo binario: ogni e qualsiasi deragliamento è da considerare puramente casuale. Il secondo riguarda il mio stile (volutamente) provocatorio, che però non vuole scandalizzare nessuno, ma soltanto stimolare il dialogo ed il confronto.
E vengo al dialogo, facendo un lungo passo indietro, andando ai tempi del referendum sul divorzio. Come redattori del settimanale diocesano “Vita Nuova”, che aveva osato pubblicare un paginone riportando il dibattito aperto su quel tema allora tanto discusso e durante il quale era prevalso l’atteggiamento liberal, chiedemmo un incontro al Vescovo e ci fu concesso: fu chiarificatore ma in senso negativo. Il Vescovo ribadì che a suo giudizio noi (favorevoli all’istituzione del divorzio) eravamo totalmente fuori strada e, pur concedendoci la buona fede, ci considerava ai limiti della comunione ecclesiale: stavamo sbagliando, dovevamo riconoscerlo. A quel punto ricordo di essere intervenuto rincarando la dose ed affermando come ritenessi di avere diritto ad esprimere il mio parere anche su questioni di carattere ecclesiale, più che mai su questioni politiche anche se collegate a problemi etici e come non tutta la gerarchia fosse schierata sulle posizioni assunte così rigidamente dal Vescovo. Gli dissi precisamente: “Sappia monsignore che non tutti i suoi confratelli nell’episcopato la pensano esattamente come Lei!”. La riposta fu: “Non è vero!”. Si chiuse negativamente l’incontro anche e soprattutto perché non si era creato un vero clima di dialogo.
Del tempo ne è passato parecchio, ma ulteriori episodi del mio rapporto con l’episcopato parmense mi hanno portato ad agire da battitore libero, fuori dagli schemi e mi ci sono “felicemente” abituato. Sono io incapace di ascoltare o è la gerarchia cattolica che stenta a mettersi nella “rischiosa” modalità dell’ascolto?
Pregare? È fondamentale! «Non c’è forza più potente della debolezza della preghiera» (Cardinale Carlo Maria Martini). Tuttavia non scarichiamo sullo Spirito Santo le beghe ecclesiali: aiutiamoci a risolverle senza aspettare i miracoli dall’alto.
In conclusione (peraltro siamo solo agli inizi del pontificato di Leone XIV) mantengo i miei dubbi e le mie perplessità, pronto a ricredermi e sperando che nella vita della Chiesa (che non è solo il Papa) prevalgano le novità di metodo e di merito.
«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall’aiuto degli altri: le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l’amore vince la stanchezza. Dio è amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?» (Cardinale Carlo Maria Martini, appello prima della morte).
Accolgo con commozione l’invito del cardinal Martini, che sfiorò il pontificato e seppe fare rinunce al riguardo senza appiattirsi sul pensiero dei pontefici regnanti. Forse era troppo avanzato per fare il papa.
Si dice che il suo passo indietro al conclave del 2005 fosse stato accompagnato da un patto ecclesiale con il cardinal Ratzinger (il lodo Cantalamessa), regolarmente violato da Benedetto XVI. Martini non si scoraggiò e ripiegò sulle proprie idee espresse anche sulla stampa laica e nel dialogo con i non credenti. Certo, lui sapeva aggiungerci l’amore. È lì che per me casca l’asino. Che Dio aiuti Leone XIV e, se non chiedo troppo, che aiuti anche me!