Habemus cardinales!

Aiutati che il ciel ti aiuta! E se lo Spirito Santo rispondesse più o meno così alle preghiere e suppliche dei signori cardinali impegnati nella scelta del nuovo papa. “Aiutatevi, smettetela di giocare alla Chiesa e fate veramente Chiesa”.

Tanto per cominciare pongo un’atroce domanda in concomitanza con l’apertura del conclave: siamo sicuri che i signori cardinali (già il fatto di chiamarli così, come era solito fare papa Benedetto XVI, la dice lunga…) siano legittimati a prendere questa decisione? Rappresentano la Chiesa in tutte le sue componenti o rappresentano loro stessi? Da dove viene loro l’autorità per governare la Chiesa? Non si tratta di democrazia ma quanto meno di sano rispetto per la gerarchia. Li vedo come una istituzione a latere, a metà strada fra l’episcopato e la curia vaticana, un mix di pastoralità e burocrazia, un compromesso fra il passato doroteo e il presente populista.

Tutto ciò a prescindere dal valore individuale dei cardinali e dal loro carisma personale. Papa Francesco ha tentato di ovviare alle carenze del collegio cardinalizio allargandolo alle realtà ed esperienze sparse nel mondo, ma purtroppo credo che il difetto stia nel manico, vale a dire nella mancanza di collegamento “evangelico” tra popolo di Dio e alta gerarchia.

E allora? Se è vero, come ho sempre pensato, che gli schemi mondani, anche i migliori, non si adattano alla Chiesa e che quindi proprio nella mancanza di equilibri socio-politici consista la presenza dello Spirito Santo che prescinde da essi, tuttavia non si può pascere il gregge consegnandolo ai salariati dell’allevatore.

Perché, rimanendo al discorso delle procedure di elezione del papa, non incaricare della scelta almeno un collegio cardinalizio integrato con i rappresentanti delle conferenze episcopali e delle più importanti realtà clericali e laicali operanti nella Chiesa? Potrebbe essere un passo avanti in linea con le auspicabili riforme strutturali su cui papa Francesco ha segnato il passo.

Il nome, ovviamente, ancora manca. Ma l’identikit del nuovo Papa comincia a delinearsi. E non nelle previsioni dei mass media, quanto proprio nelle riunioni dei cardinali. Oggi la decima Congregazione generale, quella del mattino (ce n’è stata poi anche una pomeridiana), ne ha fornito una versione aggiornata e puntuale. «Una figura che deve essere presente, vicina, capace di fare da ponte e guida, di favorire l’accesso alla comunione a un’umanità disorientata e segnata dalla crisi dell’ordine mondiale. Un pastore vicino alla vita concreta delle persone».

Così si è espresso il direttore della Sala Stampa Matteo Bruni, facendo il report dei lavori. Allo stesso tempo, ha aggiunto, «si è sottolineata la natura missionaria della Chiesa: una Chiesa che non si deve ripiegare su sé stessa, ma accompagnare ogni uomo e ogni donna verso l’esperienza viva del mistero di Dio». E non è stata nascosta neanche una preoccupazione per le divisioni all’interno del corpo ecclesiale. Tutte notazioni che danno il senso di marcia prevalente del dibattito in corso tra i cardinali, elettori e non, dato che a queste riunioni pre-Conclave partecipano anche gli ultraottantenni. (da quotidiano “Avvenire” – Mimmo Muolo)

Ai bla-bla mediatici fa riscontro la scoperta dell’acqua calda cardinalizia: se non si ha il coraggio dell’autocritica non si va da nessuna parte. I cardinali durante il conclave non possono avere rapporti col mondo esterno: non vorrei che paradossalmente fosse un segno non tanto di indipendenza dalle logiche mondane, ma di astrattezza, tradizionalismo, conservazione e clericalismo. D’altra parte, da un gruppo sostanzialmente autoreferenziale non si può pretendere una rivoluzione evangelica. Bergoglio ha supplito a queste carenze con una spinta personale eccezionale, facendoci dimenticare le magagne istituzionali e le limitatezze pastorali buttando tutto in cavalleria evangelica. Ha messo tutto sul piano del Vangelo e non è poca cosa. Adesso, suo malgrado, ha passato il testimone ad un collegio cardinalizio, delineato un tantino a sua misura. Il Vangelo è sempre lì che aspetta.

Tutti parlano di continuità, io parlerei di sana discontinuità, nella speranza che quel po’ di rivoluzione avviata dal carismatico papa Francesco possa diventare un trampolino di lancio per far sempre più coincidere la Chiesa istituzione con la Chiesa comunità. Per riprendere il discorso da dove sono partito, in fin dei conti il nocciolo della questione è questo: come può un organismo prettamente istituzionale come il collegio cardinalizio occuparsi autorevolmente e proficuamente della comunità? Sarebbe come pretendere che l’amministratore di condominio si occupasse delle questioni interne delle famiglie dei condomini e dei rapporti inter-famigliari.