L’esercito israeliano lotta contro il fuoco degli incendi boschivi, accanto ai vigili del fuoco. E il ministro della Difesa, Israel Katz, ha dichiarato l’emergenza nazionale. Complici le temperature elevate e la siccità, il Paese è nella morsa delle fiamme. Nel giorno in cui si celebrava la memoria dei caduti nelle guerre, quasi tutti gli eventi sono stati cancellati a Gerusalemme e a Tel Aviv. Saltato anche il raduno in piazza degli ostaggi organizzato dal Forum dei familiari. Annullate tutte le manifestazioni in programma per il 1° maggio, Giorno dell’Indipendenza. Evacuate comunità a una trentina di chilometri da Gerusalemme, almeno 7mila gli sfollati. Il fumo nero ha interrotto l’autostrada 1, che collega Tel Aviv a Gerusalemme. Il premier Benjamin Netanyahu, in un video dal suo ufficio, ha rincarato l’allarme: «Il vento da ovest può spingere le fiamme facilmente verso la periferia di Gerusalemme e anche verso la città stessa». Chiesto l’aiuto internazionale a Italia, Cipro, Grecia, Croazia e Bulgaria. Dall’Italia sono partiti due Canadair. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha raccomandato a Tel Aviv di chiedere a Bruxelles che sia attivato il meccanismo di protezione civile dell’Unione Europea.
E non è solo un sospetto che dietro il fuoco, ad alimentarlo, ci sia la mano di Hamas. Nelle stesse ore in cui sono divampati i primi roghi sulle colline di Gerusalemme, in almeno cinque focolai, su Telegram è spuntato un messaggio del gruppo terrorista palestinese che incitava a «bruciare tutto: boschi, foreste e case dei coloni… Gaza attende la vendetta dei liberi». Dalla Cisgiordania, sempre su Telegram, Jenin News Network ha esortato a «bruciare i boschi vicino agli insediamenti»: «La benzina e una scintilla possono trasformare un’entità in un inferno di fuoco. Gli insediamenti e le loro foreste sono il tuo obiettivo». (da “Avvenire” – Anna Maria Brogi)
Come volevasi dimostrare: la guerra, oltre che creare morte e distruzione, incendia gli animi, dai quali si scatena l’odio incontenibile, che a sua volta crea disastri irreparabili e il cerchio vizioso non si chiude mai. Non serve cercare la prima gallina che ha fatto l’uovo, perché le uova si moltiplicano e il pollaio diventa comunque un inferno.
Presumo che Israele darà la colpa delle fiamme, che lo stanno pericolosamente devastando, alle follie terroristiche di Hamas: probabilmente non si saprà mai l’origine di questi incendi. Resta la triste realtà di un assetto bellico che non lascia scampo a vincitori e vinti.
O si ha il coraggio di interrompere la spirale di odio che la giustifica (?) altrimenti la guerra non finirà mai. Le vittorie saranno quelle di Pirro e le sconfitte quelle che non insegnano niente.
Quando papa Francesco insisteva sul concetto devastante della guerra sembrava un uomo fuori dalla realtà, un pacifista assurdo, un seminatore di utopie. Ci accorgeremo sempre più che era e che rimane l’unico realista: il Vangelo intima l’amore per i nemici (porgere l’altra guancia!). Sembra una virtù impossibile da praticare mentre invece è una necessità assoluta di cui prendere doverosamente e coraggiosamente atto.