Non tutte le provocazioni vengono per nuocere

Le dichiarazioni di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, sull’incidente verificatosi questa mattina ai Fori Imperiali e in cui sono rimasti feriti alcuni operai stanno sollevando un polverone diplomatico fra Italia e Russia. «Finché il governo italiano continuerà a spendere inutilmente i soldi dei suoi contribuenti» per aiutare l’Ucraina, «l’Italia crollerà tutta, dall’economia alle torri», scrive la portavoce di Sergej Lavrov in un post pubblicato su Telegram. Per queste sue parole l’ambasciatore russo è stato convocato alla Farnesina. (open.online)

A questa provocazione va fatta la tara, consistente nello sciacallaggio sulle macerie della Torre Imperiale e nella faziosità difensiva della Russia che interpreta tutto alla luce del proprio folle imperialismo. Al netto di questi disgustosi e maliziosi attacchi resta tuttavia una verità, quella del governo italiano che sperpera i soldi dei contribuenti non tanto per aiutare l’Ucraina (che comunque andava e andrebbe aiutata non in una logica meramente bellica, ma in un, seppur impervio, percorso di pace), ma nella pazza corsa al riarmo e nella visionaria politica infrastrutturale del Ponte sullo Stretto.

Anziché scandalizzarsi e creare incidenti diplomatici, sarebbe meglio fare un esame di coscienza: a volte anche da pulpiti e metodi sbagliati possono infatti giungere prediche opportune e giuste.

Il crollo della Torre Imperiale non pone dubbi sulla scriteriata spesa pubblica, ma semmai sul tema della sicurezza sul lavoro (che sta diventando ogni giorno che passa più drammatico ed emergenziale) e su quello della difesa e valorizzazione del patrimonio artistico-culturale.

Non facciamo polveroni politico-diplomatici dietro cui nascondere le responsabilità di una politica dissennata del nostro Paese. Chiediamoci invece se la corsa al riarmo sia una scelta accettabile in mezzo ai mille problemi sociali che ci angustiano. Chiediamoci se la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina sia una scelta socialmente oculata e strategicamente giustificabile per un Paese dove è quasi impossibile raggiungere in tempi utili il centro delle città partendo dalle periferie e dove si toglie il pane dalla bocca degli affamati (leggi abolizione del reddito di cittadinanza) per darlo ai megalomani dell’affarismo fine a se stesso.

Ricordo cosa avvenne tanti anni fa: rappresentavo le cooperative sociali nei loro difficili rapporti con le Unità Sanitarie Locali, che, udite-udite, volevano risparmiare facendo pagare il pasto agli operatori che assistevano i soggetti svantaggiati. Ad un certo punto la funzionaria che seguiva il settore sbottò e propose provocatoriamente agli amministratori pubblici in vena di austerità di accompagnarli in un giro di perlustrazione in queste realtà all’ora dei pasti: “Vedrete, disse in modo provocatorio, in quali condizioni mangiano questi operatori assieme ai loro assistiti: il meglio che può capitare a loro è di trovarsi uno sputo sulla bistecca…”. Seguì un gelo fatto di imbarazzo e fortunatamente i bollenti spiriti risparmiosi terminarono.

I nostri governanti facciano qualche giro di perlustrazione fra i soggetti che vivono in balia delle vecchie e nuove povertà: forse ne usciranno un po’ meno sicuri del fatto loro e più disposti ad accettare le critiche da chiunque provengano (persino dalla impertinente e indisponente portavoce di Lavrov).