Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha accolto a braccia aperte l’omologo israeliano per sottolineare la «intensa amicizia» che legherebbe il Belpaese allo Stato ebraico, per poi lasciare che fosse Giorgia Meloni a fare gli onori di casa, ricevendo Herzog a Palazzo Chigi. Isaac Herzog, classe 1960, è presidente di Israele dal 2021. Come il primo ministro Netanyahu, su cui pende un mandato di arresto internazionale con l’accusa di aver commesso crimini di guerra, Herzog è uno dei più fervidi sostenitori di posizioni razziste nei confronti dei palestinesi, come dimostrato all’indomani del 7 ottobre, quando definì «l’intera nazione responsabile» degli atti di quello che Israele definisce «terrorismo».
Il presidente Herzog è stato ricevuto al Quirinale da un sorridente Sergio Mattarella, accompagnato da una banda che ha intonato l’inno dello Stato ebraico. Il quarto incontro tra i vertici delle due Nazioni si è caratterizzato per una conversazione intrisa di retorica vuota, all’insegna delle solite dichiarazioni di propaganda. L’amicizia tra Italia e Israele è solida e l’Europa è unita nella lotta contro il dilagante antisemitismo «che ha ripreso a circolare». Mattarella si è augurato che il cessate il fuoco tra Hamas e Tel Aviv riesca a tenere, permettendo così di compiere i passi necessari per garantire una «concreta prospettiva di futuro per i palestinesi», per la quale l’Italia si dice pronta a dare il proprio contributo. A chiudere i colloqui, la classica formula retorica ad effetto con la struttura incrociata: «non c’è pace senza sicurezza, ma non c’è sicurezza senza pace». (20 febbraio 2025 – L’INDIPENDENTE – Dario Lucisano)
Mi aveva, a dir poco, irritato il trattamento amichevole riservato da Sergio Mattarella al Presidente israeliano, peraltro in netta controtendenza rispetto alle posizioni assunte dal nostro Presidente in materia di politica estera spesso in dissonanza con gli indirizzi dell’attuale governo italiano. Evidentemente funziona a prova di Quirinale la conventio ad tacendum riguardo al genocidio messo in atto da Israele nei confronti dei palestinesi.
Se mi aveva sorpreso e contrariato il comportamento omertoso di Mattarella, figuriamoci cosa avrò provato di fronte a quello di papa Leone XIV, che ha ricevuto Herzog con tutti gli onori e i riguardi possibili.
L’udienza concessa al capo dello Stato di Israele, Isaac Herzog, non è ordinaria nemmeno per la tradizione spregiudicata del potere papale: non ha la prudenza né la saggezza. La bandiera israeliana nel cortile di San Damaso, gli onori militari resi dalla Guardia svizzera, la stretta di mano davanti ai fotografi, lo scambio dei doni, il tenore del comunicato stampa: ognuna di queste cose è uno scandalo (cioè, letteralmente, una pietra d’inciampo: specie per i cristiani). Perché Herzog rappresenta uno stato genocida: e papa Francesco – in sintonia con la scienza giuridica e la coscienza del mondo – chiamava ‘genocidio’ quello in corso a Gaza. E le parole e le azioni personali del presidente sono tra le prove del genocidio. Fu Herzog, tra l’altro, a dire: «è un’intera nazione là fuori che è responsabile. Questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti, non è assolutamente vera». È a questo che papa Leone ha dato legittimità morale: quella stretta di mano è una assoluzione in mondovisione.
Alla fine dell’incontro, Herzog ha tra l’altro detto: «L’ispirazione e la leadership del Papa nella lotta contro l’odio e la violenza e nella promozione della pace in tutto il mondo sono apprezzate e fondamentali. Attendo con interesse di approfondire la nostra cooperazione per un futuro migliore all’insegna della giustizia e della compassione». Un abbraccio mortale, sul piano morale. Aver permesso al capo dello stato genocida di Israele di mentire così efferatamente, e di farlo sulla tomba di san Pietro, è una macchia, grave, che rimarrà sulla storia della Chiesa. (da “Invisible Arabs” – Paola Caridi e Tomaso Montanari)
Da cattolico credente e praticante in totale onestà evangelica ed intellettuale mi sento di affermare che qui lo Spirito Santo c’entra come i cavoli a merenda: queste sono autentiche porcherie religiose e puttanate diplomatiche, che gridano vendetta al cospetto di Dio.
E questa sarebbe la continuità con papa Francesco? Bergoglio si scaravolterà nella tomba nel vedere il suo successore compiere simili scandalose scelte politico-pastorali. Non c’è continuità col papato bergogliano, ma semmai con quello pacelliano (la titubanza verso il nazismo) e wojtyliano (l’accettazione dell’ospitalità di Pinochet).
Porcheria religiosa commessa in senso anti-evangelico, puttanata diplomatica che toglie autonomia ed autorevolezza all’azione vaticana. Mi chiedo: cosa ne penserà il cardinale Pizzaballa così coinvolto nelle problematiche della Terra Santa, cosa dirà il parroco di Gaza che era in filo diretto con papa Francesco, come la metterà il cardinale Zuppi, ambasciatore di Bergoglio?
Avranno il coraggio di fare come faceva il cardinal Martini ai tempi di papa Ratzinger: prendeva carta e penna per scrivere articoli sul non plus ultra della stampa laica (il Corriere della Sera), per distanziarsi apertamente, lealmente e motivatamente dalle linee del pontificato di Benedetto XVI.
«Il Sommo Pontefice, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario». L’articolo 1 della Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano esprime in forma ufficiale ciò che resta del potere temporale dei papi. È l’ultima traccia di quella doppia natura del papato, autorità religiosa e morale da una parte, signoria mondana dall’altra. Questa doppia natura, ci si è sempre chiesti, è coerente col comandamento del Signore circa l’essere «nel mondo, ma non del mondo», o invece non lega i successori di Pietro alla logica dei principati e dei regni, quelli che il diavolo promette a Gesù nelle tentazioni, ritenendoli suoi? In altre parole, il papa-sovrano che accetta la logica del potere mondano è il san Pietro che ama il Signore, o quello che lo tradisce?
A questa discussione secolare, papa Francesco aveva dato una risposta scardinante: quella della profezia. Un papa non secondo il mondo, ma secondo il Vangelo: capace di spiazzare ogni suo interlocutore perché la profezia e la potestà papale non avevano forse mai coinciso, nella storia bimillenaria della Chiesa. Il suo parlare era sì, sì, no, no: così contravvenendo alla prima regola del potere terreno, quella di una sistematica menzogna. Leone XIV non è, con ogni evidenza, un profeta: con lui il papato torna nell’alveo ordinario dell’esercizio del potere. Fin qui, purtroppo, nulla di strano: “strano” era Francesco. (ancora da “Invisible Arabs” – Paola Caridi e Tomaso Montanari)
Non voglio fare il saputello dell’anti-sagrestia, ma me lo aspettavo. Non ci vedevo e non ci vedo chiaro nell’immediato sollievo del mondo politico alla nomina di Prevost: la Chiesa che ritorna nel solco della tradizione intesa come conservazione degli equilibri interni ed esterni ad essa.
A chi mi chiede cosa farebbe di diverso papa Francesco rispondo con un esempio. Aveva fiutato l’aria che tirava ai massimi livelli verso i migranti. Ricordo quando si rifiutò di partecipare diverso tempo fa ad un convegno. Basti al riguardo riandare ad un commento che riporto di seguito. «Se c’è Minniti, allora non vado io». Dopo tre mesi si scopre il motivo per cui papa Francesco, oltre alla «gonalgia acuta» al ginocchio che già lo tormentava, ha deciso di non partecipare all’incontro finale fra vescovi e sindaci del Mediterraneo, che si è svolto a Firenze domenica 27 febbraio: la presenza dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti, definito da Bergoglio senza mezzi termini «criminale di guerra» – visto il suo attuale impegno come presidente della Fondazione “Med-Or”, creatura di Leonardo spa, la principale azienda armiera italiana – nonché “padre” degli accordi fra Italia e Libia che consentono di respingere i migranti nei «campi di concentramento» allestiti nel Paese nordafricano (il Manifesto).
Ebbene se facciamo le debite proporzioni tra Herzog e Minniti, è facilmente immaginabile quale atteggiamento terrebbe papa Francesco verso uno stato genocida: infatti, in sintonia con la scienza giuridica e la coscienza del mondo, chiamava ‘genocidio’ quello in corso a Gaza.
Qualcuno sosteneva che Bergoglio non avesse molta dimestichezza con le questioni politiche ed entrasse quindi troppo a gamba tesa senza la prudenza necessaria: successe ad esempio in occasione delle ultime elezioni americane, quando si pronunciò per l’astensione nei confronti di due candidati che attaccavano i diritti dell’uomo, vedi aborto (Kamala Harris) e chiusura verso gli immigrati (Donald Trump). Rimasi anch’io un po’ perplesso, ma mi ricredetti in fretta: cercava di toccare le coscienze degli statunitensi coinvolti in una pericolosa deriva egoistica (i risultati si sono visti e si stanno vedendo).
Meglio esagerare col Vangelo in mano che farsi guidare dal galateo diplomatico. Il papa deve essere un profeta che scombussola il mondo e non un burocrate che lo subisce.
Mi sono ripromesso di riservare un marcamento a uomo al nuovo Papa per comprenderne le intenzioni e valutarne le proposte. Speravo di non dovere ricorrere a falli da espulsione. Purtroppo il contropiede papale mi disturba e mi sento di combatterlo a costo di subire cartellini rossi: nella mia partecipazione alla vita ecclesiale ci sono abituato. La squalifica a vita però fortunatamente me la può dare solo il Padre Eterno.