È un giubileo del tutto particolare, quello che compirà l’associazione “Fraternità Sposi per sempre”, inserita nel calendario giubilare. Si tratta di quelle persone che, separate o divorziate civilmente, sono volute però rimanere fedeli al sacramento matrimoniale che per la Chiesa non è sciolto finché non sia stato un tribunale ecclesiastico a decretare l’annullamento.
La Fraternità, si legge sul sito stesso dell’associazione nata nel 2012, “rappresenta l’approdo spirituale di un gruppo di persone separate, fedeli al matrimonio-sacramento, che da diversi anni condividono un percorso di formazione e approfondimento teologico sotto la guida di monsignor Renzo Bonetti, che intravide da subito la ‘novità’ di un vero e proprio cammino spirituale, che non mutava l’originale vocazione sacramentale, battesimale e nuziale, ma che richiedeva una diversa attenzione, teologica e pastorale”.
La Fraternità propone quindi “un cammino di spiritualità rivolto a persone separate o divorziate che scelgono consapevolmente la fedeltà al matrimonio-sacramento e, con l’aiuto della grazia divina, di vivere un amore ‘per sempre’, oltre la sfida del fallimento umano”. All’interno della Fraternità viene condiviso un percorso fondato sulla preghiera e orientato “alla crescita personale e alla testimonianza”. Con il sinodo sulla Famiglia, svoltosi nel 2013, papa Francesco aveva promosso un ampio dibattito tra i vescovi di tutto il mondo sulle cosiddette famiglie irregolari e all’esito dei lavori fu introdotta anche la comunione per i divorziati risposati dopo una valutazione caso per caso e un accompagnamento pastorale specifico. Nel sinodo fu molto discussa anche la situazione di coloro che separazioni e divorzi li hanno subiti e che per questo non volevano rimanere fuori dalla Chiesa ed esclusi dalla comunione. (ANSA.it)
Massimo rispetto per le scelte religiose, per tutte le scelte. Credo che abbiano uguale dignità e serietà sia quella di rimanere fedeli nonostante l’infedeltà, sia quella di prendere atto dell’infedeltà e ripartire con un nuovo discorso di fedeltà.
Non vorrei che gli esibizionismi giubilari intendessero coprire i drammatici problemi di chi ha vissuto fallimenti matrimoniali, svergognandoli e umiliandoli, somministrando loro una sorta di testarda e schematica melassa integralista e perbenista.
«Ricordiamo il card. Carlo Maria Martini, grande studioso della Bibbia, pastore e profeta. Sulle orme di Gesù, partendo dalla giustizia quale conseguenza della fede, era aperto alle persone, non facendosi mai imprigionare dagli e negli schemi, con una grande attenzione ai non credenti, ai poveri, ai malati, agli indigenti, agli stranieri, agli omosessuali, alle coppie di fatto, ai divorziati risposati, ai detenuti, financo ai terroristi; affrontava serenamente il dialogo con le altre religioni, si poneva, a cuore aperto, davanti alle problematiche sessuali, alla bioetica, all’eutanasia, all’aborto, all’accanimento terapeutico, all’uso del preservativo, al sacerdozio femminile, al celibato sacerdotale. Sempre pronto all’incontro con gli “altri”, con tutti» (Luciano Scaccaglia ricorda il Cardinale Carlo Maria Martini).
Anziché aprire porte e finestre teniamo in sala d’aspetto chi vive esperienze problematiche, mostrando loro la bravura di chi risolve (?), seppur coraggiosamente e virtuosamente, i problemi?
«All’extra omnes del conclave io e don Gallo rispondiamo con il “dentro tutti”, dentro i gay, dentro le lesbiche, dentro i divorziati» (don Luigi Ciotti).
Il pericolo del dogmatismo è vecchio come il cucco, ma è sempre dietro l’angolo.
«Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale: la Chiesa è ancora in questo campo un’autorità di riferimento o solo una caricatura dei media?» (Cardinale Carlo Maria Martini, intervista al Corriere della sera, 01 settembre 2012).
Il rigore dottrinario non è di matrice evangelica, ma di origine clericale.
I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita… Io penso a tutti i divorziati, alle coppie risposate, alle famiglie allargate… hanno bisogno di una protezione speciale. Una donna abbandonata dal marito trova un compagno che si occupa di lei e dei tre figli. Il secondo amore riesce. Questa famiglia non deve essere discriminata. L’amore è grazia, l’amore è dono. La domanda se i divorziati possono fare la comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei Sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?» (Intervista-testamento spirituale del Cardinale Carlo Maria Martini).
Il giubileo dovrebbe innanzitutto valere per la Chiesa istituzione e comunità, che ha tanti peccati da farsi perdonare prima di perdonare quelli dei suoi componenti.
«La Chiesa oggi deve chiedere scusa a tre categorie di persone: i divorziati, i preti sposati e gli omosessuali. Spero che il Giubileo di papa Francesco renda giustizia a quelle migliaia di laici e religiosi emarginati e condannati per il loro modo di amare. C’è forse scritto nel Vangelo che i gay devono essere esclusi dalla compassione di Gesù?» (Padre Alberto Maggi, teologo e biblista, in occasione di un precedente giubileo).
Non so spiegare bene, ma questa iniziativa giubilare degli “sposi per sempre” mi puzza di esibizionismo farisaico. Chiedo scusa e provo a motivare questa mia impressione con una provocatoria e finanche blasfema ricostruzione della parabola evangelica del fariseo e del pubblicano al tempio.
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio perché mi dai la forza di rimanere ostinatamente fedele al mio matrimonio nonostante non esista più nei fatti e non sono come quel pubblicano che dopo avere divorziato si è risposato. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore: ho combinato un disastro a livello matrimoniale e ora cerco di rifarmi una famiglia. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato e ammesso alla comunione, a differenza dell’altro che la comunione se la era già guadagnata, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».