Nella Striscia di Gaza è in corso “una catastrofe umanitaria” che “deve finire subito”. È quello che affermato Regno Unito, Francia e Germania alla fine di una call fra i leader Keir Starmer, Emmanuel Macron e Friedrich Merz. L’appello sembra una risposta indiretta al governo d’Israele che aveva negato la carestia in corso a Gaza, nonostante le denunce dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali. “Noi chiediamo al governo israeliano di revocare immediatamente lo stop alla consegna di aiuti e di consentire urgentemente alle Nazioni Unite e alle Ong umanitarie di svolgere il loro lavoro per combattere la carestia e la fame”, continua la dichiarazione. Una posizione che arriva nel giorno in cui la Francia di Emmanuel Macron ha annunciato l’intenzione di riconoscere lo Stato di Palestina. Una mossa che ha spinto numerosi parlamentari in Gran Bretagna e in Italia a mettere pressione ai rispettivi governi. Oggi, sulla tragedia in corso a Gaza si è espresso anche Josep Borrell, che dal 2019 al 2024 è stato alto rappresentante per la politica estera dell’Ue. “Noi europei, che predichiamo il rispetto del diritto, siamo complici. Le Nazioni Unite sono paralizzate dal veto. Europa è incapace di arrivare a un accordo” su sanzioni a Israele “perché la Germania e altri paesi continuano a opporsi negando la realtà per i loro complessi di colpa del passato”, ha detto, spiegando di avere “perso la speranza che l’Europa reagisca” davanti alla mattanza sulla popolazione di Gaza, dove i civili vengono uccisi nei campi rifugiati mentre sono in fila per il pane e i bambini muoiono di fame. L’Europa resta inerte davanti alla carestia che sta uccidendo nella Striscia, “mentre seimila camion con medicine e alimenti sono bloccati alla frontiera dall’esercito israeliano”. Una situazione che, dice, “come europeista mi produce un’enorme tristezza”. “Li stanno uccidendo come topi quando vanno a cercare cibo. Non sto esagerando”, ha assicurato l’ex capo della diplomazia europea, deplorando il blocco israeliano a causa del quale “ci sono due milioni di persone che muoiono di fame”. Nel suo intervento a Cadena Ser, Borrell cita la Germania che, imbrigliata nel senso di colpa per il nazismo, “nega la realtà”. (da “Il Fatto Quotidiano”)
Josep Borrell Fontelles è un politico, ingegnere aeronautico, economista e docente spagnolo, membro del PSOE. È stato dal 1º dicembre 2019 al 1º dicembre 2024 Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Non è l’ultimo arrivato! Finalmente una visione chiara che fotografa una situazione vergognosa e un invito ad uscire dai tatticismi e dalle menate diplomatiche.
Ho l’impressione che la Germania sia prigioniera della propria impresentabile storia, il Regno Unito tenti di risalire in corsa sul treno europeo e la Francia esibisca il suo solito sterile protagonismo. Il loro appello è meglio del silenzio, ma è poco più di una vocina del sen fuggita o, se volete, un timido tentativo di affrancarsi dal controllo Trumpiano.
L’Italia sembra tagliata fuori da queste mosse diplomatiche: troppo azzardate per essere praticabili, troppo incaute per essere ingoiate dai trumpiani di casa nostra. La linea di Meloni sulla Palestina: «I tempi non sono maturi. Due popoli due Stati sia un punto di arrivo». Cosa aspettiamo ad agire che la Palestina non esista più? Un punto d’arrivo richiederebbe anche un punto di partenza: da dove incominciamo?
Ecco il recente messaggio inviatomi dal carissimo amico Pino: “Non dimentichiamo il parroco di Gaza, è quello che più si sporca le mani perché rischia la sua vita restando lì: un santo padre Romanelli. Umile, semplice, eroico senza nessun atteggiamento da eroe. Io mi devo impegnare di più a pregare per chi vive in quell’inferno, perché sono preso di più dai sofferenti che sono qui e che hanno a che fare con me. Bisognerebbe andare sul posto e vedere di persona: ti coinvolge di più (vedi cardinale Pizzaballa). Ci siamo abituati troppo a vedere immagini di sofferenza in tv”.
Aggiungo che, non avendo la possibilità di recarci in mezzo ai disastrati, dobbiamo accontentarci di andarci almeno col cuore. Il percorso dovrebbe partire dalla pietosa osservazione, per passare alla incontenibile indignazione, poi all’aperta e coraggiosa denuncia, poi alla solidarietà con chi soffre, poi alla preghiera, poi alla politica che, come sosteneva Paolo VI, è la più alta forma di carità: Giorgio La Pira è forse l’unico personaggio che è riuscito a fare tutto questo virtuoso percorso.
Mia sorella andava profondamente in crisi di fronte alle immagini dei bimbi denutriti o morenti: si commuoveva, pronunciava parole dolcissime di compassione e spesso si allontanava dal video non reggendo al rammarico dell’impotenza di fronte a tanta innocente sofferenza. Sì, perché il cuore viene prima della mente, la sofferenza altrui deve essere interiorizzata prima di essere affrontata sul piano della concreta solidarietà e della risposta politica. Chissà come soffrirebbe per i bambini di Gaza! Poi però aggiungerebbe parole infuocate di condanna contro i governanti di Israele: le pronunciò anche in tempi non sospetti al rientro da un viaggio in Terra Santa.
Questi sentimenti di sofferta partecipazione al dramma palestinese sono abbastanza diffusi nella gente così come la repulsione alla guerra e ad ogni forma di riarmo. Perché i nostri governanti non se ne fanno minimamente carico? Ricordo un recente intervento parlamentare di Gianni Cuperlo con un appello alla premier Meloni ad interpretare questo sentimento popolare quando si siede ai tavoli dei potenti, che prima o poi “saranno rovesciati dai troni” (magnificat di Maria).
Forse Giorgia Meloni non ha nemmeno voglia di sedersi a quei tavoli. Magari teme che vengano rovesciati non da Dio, ma da Trump…