Venti anni fa, il 5 febbraio 2003, il Segretario di Stato degli Stati Uniti Colin Powell si presentava al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con in mano una provetta contenente borotalco, ma fece credere a tutti che invece contenesse antrace sviluppata dall’allora nemico numero uno della Casa Bianca Saddam Hussein. Quella sceneggiata permise, nonostante il Consiglio di Sicurezza non avesse dato il suo benestare, agli Stati Uniti di iniziare la seconda guerra del golfo contro l’Iraq di Saddam Hussein che causò centinaia di migliaia di morti tra la popolazione civile.
Oggi il premier israeliano Netanyahu ci dice che l’Iran sta preparando la bomba atomica e che quindi occorre intervenire per impedirglielo in difesa del quieto vivere nucleare. Non esistono prove, da tempo si dice, ma non v’è alcuna certezza al riguardo. Ragion per cui molto probabilmente le ragioni della guerra all’Iran sono altre: la voglia di abbattere un regime detestabile e pericoloso, togliere o almeno ridimensionare una presenza inquietante e imprevedibile nel contesto internazionale mediorientale, l’invadente e incontenibile strategia israeliana che non ammette freni di sorta.
Per fare guerre tutti i motivi vanno bene: per annientare la Palestina vale il pretesto della presenza terroristica di Hamas, per la Siria e per il Libano la presenza di Hezbollah, per l’Iran la presenza degli ayatollah e delle loro mire nucleari.
Peraltro sono guerre subite dagli Usa che non riescono a tenere a freno le smanie israeliane: Trump aveva garantito un veloce ritorno alla pace in Palestina, stava trattando con l’Iran. Tutto sbagliato, tutto da rifare, perché Israele non vuole. Forse gli Usa bluffano, fatto sta che la situazione si sta incasinando all’inverosimile.
L’Europa disunita balbetta anche perché tra i Paesi europei c’è chi è dotato di bomba atomica, Francia e Inghilterra, chi addirittura punterebbe ad averla, chi è o fa finta di essere amico giurato di Israele, chi strizza l’occhio petrolifero agli arabi, chi, come l’Italia, aspetta di vedere le mosse statunitensi per accodarsi acriticamente ad esse.
Faccio un ragionamento terra terra. Il clima di guerra totale è tale da essere preoccupati per un qualche coinvolgimento europeo: la globalizzazione bellica!
Per il nostro Paese l’unica speranza viene dal passato, da una storica e giusta posizione dialogica verso il mondo arabo, fatta di interessi reciproci, ma anche di scelte diplomaticamente intelligenti: l’Italia non è nemica degli arabi e questo, lasciatemelo dire è merito dei Fanfani, dei Moro, dei Mattei, degli Andreotti, dei Craxi, insomma di chi ci ha governato con la testa.
Un ultimo malizioso interrogativo: chi ha detto che la bomba atomica debba essere un privilegio di pochi e che sul nucleare chi ha avuto ha avuto? Certo il pensare ad armi nucleari nelle mani degli ayatollah mette i brividi. Ma, come già scritto, non è che in mano a Netanyahu e a tutti gli altri componenti del club dell’atomica mi ispirino tranquillità.
Se poi penso a Donald Trump che un giorno dice una cosa e il giorno dopo l’esatto contrario, che tratta su tutti i tavoli, che come unica preoccupazione ha quella di arricchirsi a livello famigliare e personale, che sotto sotto è amico di Putin e punta spudoratamente ad accordi con la Cina fregandosene altamente degli alleati, che sta istituzionalizzando la legge del più forte, vengo preso da autentica ansia generalizzata e paralizzante. Ho perso anche l’unico credibile e forte riferimento etico-culturale in materia di pace, vale a dire papa Francesco. Mi rimane soltanto Sergio Mattarella: che Dio ce lo conservi a lungo, almeno fino alla scadenza del suo secondo mandato presidenziale. Meno male che sono vecchio…
Concludo intingendo presuntuosamente la penna nel mio calamaio, riproponendo di seguito la riflessione religiosa, che parte dal Vangelo e che proprio oggi ho pubblicato su questo sito nell’apposita sezione.
Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno»”. Il nostro modo di parlare e di fare è spesso ambiguo. Nella nostra società è degno di ammirazione chi riesce a dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Vale anche nei riguardi della guerra di fronte alla quale non abbiamo il coraggio di schierarci apertamente per il “no”. Troviamo mille giustificazioni per il “si”. No, ma in certi casi… Abbiamo paura di essere pacifisti: è paradossalmente quasi un’offesa. «Da uomo di Chiesa dico, come insegna la dottrina e il Santo Padre, che al male della guerra si risponde pregando il Dio della pace. Per il resto, di fronte ad atti che rappresentano la negazione dell’umanità, mi sento impotente ed incapace di dare risposte. Provo lo stesso sentimento di smarrimento espresso una decina d’anni fa dal compianto cardinale Carlo Maria Martini che, ad una domanda su come difenderci dai pericoli di attentati di estremisti islamici, rispose con disarmante umana sincerità: “Noi, che facciamo tante prediche e innumerevoli sermoni, per questi tragici eventi non abbiamo risposte adeguate, siamo come impotenti”. Oggi mi sento come il cardinale Martini» (cardinale Paul Poupard).