Discutendo pacatamente con diverse persone sulle problematiche inerenti al fenomeno migratorio, mi sono spesso sentito rispondere: “Io non sono contrario agli immigrati, ma vorrei ospitare solo quanti lavorano, si comportano bene e si inseriscono correttamente nella nostra società”.
Il procedimento per ottenere la cittadinanza concede ampie garanzie in merito alle richieste di cui sopra e allora perché un 70% di cittadini non votando al referendum hanno dimostrato quanto meno indifferenza verso la concessione di questo diritto agli immigrati, mentre un 35% del 30%, vale a dire circa un 10% si è dichiarato contrario all’abbreviamento dei tempi da 10 a 5 anni per l’ottenimento della cittadinanza e con essa di tutti i diritti e di tutte le opportunità previste per i cittadini italiani?
In conclusione quattro italiani su cinque dimostrano riserva mentale e/o chiusura più o meno accentuata nei confronti della piena integrazione degli immigrati, di cui peraltro abbiamo bisogno dal punto di vista demografico e sociale. Sentite cosa succedeva nella mia famiglia allargata.
A mio padre si aggiungeva occasionalmente suo fratello, uno zio che veniva di rado a trovarci, partendo da Genova dove abitava con la sua famiglia e dove lavorava. Si reinseriva perfettamente nel contesto familiare e portava il suo alto contributo al clima “battutistico”, anche perché aveva mantenuta intatta la verve parmigiana e continuava a padroneggiare l’uso del dialetto mischiandolo a volte con quello genovese. Ne sortiva una miscela esplosiva di sortite originali e accattivanti.
Quando tornava a Parma e incontrava gli amici di un tempo si ricreava immediatamente il rapporto cameratesco condito dai ricordi. Al termine di questi fitti dialoghi mio zio sparava quasi sempre una simpatica battuta. Al momento dei saluti rivolto all’amico di turno, dopo avergli dato una pacca sulla spalla e/o avergli stretto calorosamente la mano, diceva: «Veh, arcòrdot bén, quand at me vôl gnir a catär…sta a ca tòvva».
Tutto sommato non siamo cattivi, un piccolo aiuto non lo neghiamo a nessuno, quanto a riconoscere diritti siamo invece molto stitici. C’è chi parla continuamente nella mano agli italiani, confondendo loro le idee, vendendo lucciole per lanterne: non ci mancava altro che Donald Trump a completare la torta contro gli immigrati.
Purtroppo, come lasciano intendere i flussi elettorali relativi al voto referendario, l’atteggiamento negativo sull’immigrazione non è “patrimonio culturale” esclusivo della gente di destra, ma sta insinuandosi anche a sinistra, laddove la dirigenza politica non riesce a formulare proposte complessive e concrete sul modo di fronteggiare ed affrontare positivamente il fenomeno migratorio.
Il problema degli immigrati è legato poi alla penosa diatriba sull’accertamento dei motivi che spingono i rifugiandi alla fuga dai loro paesi di origine. Ci sarebbero i rifugiandi di comodo? Pensate un po’, gente che scappa disperatamente e mette a repentaglio la propria vita, abbandona tutto, paga cifre pazzesche a scafisti senza scrupoli, si sottopone ad un viaggio in condizioni disastrose senza alcuna garanzia di arrivare a destinazione, rischia di morire annegata. E tra questi ci potrebbe essere un disperato di comodo? Ma fatemi il piacere. Poi arrivano e nessuno li vuole accogliere. Tutti li scansano e li sballottano di qua e di là, come se fossero dei rifiuti da far sparire. “Cme i rosp al sasädi”. Il referendum, volere o volare, ha confermato che questa è la nostra (in) civiltà!