Gli applausi dei pretoriani fiscali

«Il fisco è il biglietto da visita della credibilità di uno Stato, non deve soffocare la società ma aiutarla a prosperare», così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta agli Stati generali dei commercialisti al Roma Convention Center la Nuvola, dove è stata accolta con una standing ovation. «Il fisco non deve opprimere famiglie e imprese con regole astruse e un livello di tassazione che non corrisponde al livello dei servizi che lo Stato eroga», ha aggiunto la premier, sottolineando che lo Stato deve usare le risorse «con buonsenso e senza gettare i soldi dalla finestra, che è quello che abbiamo tentato di fare in questi anni».

La premier, accompagnata nel suo intervento dal presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei commercialisti, Elbano De Nuccio, ha riaffermato la necessità di una «riforma fiscale che l’Italia aspettava da oltre 50 anni». Sulla complessità del sistema fiscale italiano la premier ha aggiunto: «Abbiamo fatto questa scelta perché riteniamo che il fisco non debba essere di difficile comprensione, qualcosa che è riservato agli addetti ai lavori ma uno strumento con il quale lo Stato interviene nella società, la aiuta a crescere, a prosperare mettendo chi crea ricchezza, le imprese, il tessuto produttivo nelle condizioni migliori possibili per poter creare quella ricchezza. Perché il Fisco – ha continuato – è, di fatto, lo strumento principe con il quale lo Stato dispone delle risorse per erogare i servizi, per far funzionare la macchina pubblica, per aiutare i più fragili, per finanziare gli interventi necessari a rendere la società più giusta e più equa e da questo deriva che il fisco è anche il biglietto da visita della credibilità di uno Stato»

Meloni ha poi ribadito come proseguirà l’operato del suo governo dopo la riforma delle aliquote Irpef: «Il nostro lavoro non è finito: intendiamo fare di più e concentrarci oggi sul ceto medio, che è la struttura portante del sistema produttivo italiano. Vogliamo lavorare per rendere il sistema più equo». La Presidente del Consiglio è tornata anche sul tema dell’evasione fiscale: «A chi ci accusa di aiutare gli evasori e fare condoni, rispondiamo con i fatti, che a differenza della propaganda non possono essere smentiti. Questo è il governo che ha ottenuto i risultati migliori nella storia nella lotta all’evasione. Chi vuole fare il furbo non ha spazi, ma chi è onesto e in difficoltà deve essere messo in condizione di pagare quello che deve. Questa è la distinzione semplice che abbiamo operato». (da open.online)

Lasciamo stare per un attimo i toni propagandisti della premier e l’opportunistica piaggeria corporativa dei commercialisti e teniamoci al contenuto (?) di questo intervento. Mi limito a porre alcune domande indiscrete.

Come sostiene Carlo Cottarelli su L’Espresso, uno degli stereotipi più frequenti è che i governi di destra taglino le tasse e quelli di sinistra le aumentino. Ma la pressione fiscale è aumentata in Italia da quando Meloni è a Palazzo Chigi. Come mai?

L’articolo 53 della Costituzione italiana stabilisce che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, e che il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Ciò significa che chi ha un reddito più elevato deve contribuire con una percentuale maggiore rispetto a chi ha un reddito inferiore, al fine di garantire una distribuzione equa del carico fiscale. Come mai la progressività vale solo per i redditi da lavoro e non per gli altri per i quali, fra condoni, aliquote fisse e controlli all’acqua di rose, si finisce in una vergognosa proporzionalità?

Come mai i dati emergenti dall’agenzia delle entrate piangono miseria per il lavoro autonomo mentre dipendenti e pensionati al confronto fanno vita da nababbi?

Come mai anziché impostare una sana lotta all’evasione si ripiega continuamente sulla “condonite acuta”, che rappresenta un’insana spinta all’evasione? Come mai, in buona sostanza, da una parte si dovrebbe tentare di snidare gli evasori mentre dall’altra li si incoraggia e li si premia?

Torno ai toni che fanno la musica per gli orecchi di Giorgia Meloni, la quale è andata a fare un comizio elettorale, zeppo di demagogici luoghi comuni, chez-Consiglio nazionale dell’Ordine dei commercialisti, dicendo un mare di bugie e promettendo mari e monti. I commercialisti si sono spellati le mani per offrirle una standing ovation: a loro evidentemente va bene così. La massa dei tartassati fiscali se ne sta zitta o addirittura la considera il male minore. Minore di cosa? Peggio di così…