Giustizia tra codice penale, Costituzione e Vangelo

Chi allora era in prima linea, come l’ex presidente del Senato Pietro Grasso, amico e collega di Falcone, giudice a latere nel primo maxi-processo e poi procuratore nazionale antimafia, oggi non nega di provare, come tutti, «rabbia e indignazione». Ma poi invita a non ragionare “di pancia”, perché – e questa valutazione va tenuta a mente – con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare e ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi, mostrando come «l’unica strada per non morire in carcere» (come è accaduto a Totò Riina, Bernardo Provenzano e da ultimo a Matteo Messina Denaro) è quella di confessare e aiutare la macchina della giustizia. Un baratto – notizie, verificabili, su crimini e affiliati in cambio di protezione e sconti di pena – di cui Brusca e altri hanno fruito, non in virtù di un qualche “perdonismo giudiziario”, ma sulla base di una norma dello Stato, forse cinica (sempre che una norma possa esserlo) ma allora come adesso pragmatica e necessaria. (dal quotidiano “Avvenire”)

A margine della liberazione del pentito di mafia Giovanni Brusca, che tanto mediatico scalpore ha suscitato, mi sono imposto alcune scomode riflessioni.

Un primo discorso è quello inerente all’imperfetta umana giustizia, che oscilla tra la vendetta, la deterrenza, il rigore e l’ordine sociale a cui bisognerebbe aggiungere, come imprescindibile premessa, quanto prevede la Costituzione, vale a dire che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, non solo quindi alla punizione, ma anche al recupero e al reinserimento sociale.

Sono tutte necessarie e sacrosante pie illusioni. Ci può stare quindi benissimo che in certi casi prevalga l’opportunismo sociale rispetto al rigorismo giudiziale.

È quindi inutile, sadico e masochistico indagare sulla reazione delle vittime: non si può pretendere che dimentichino il male ricevuto (solo Dio è capace di questo), non si può pretendere o imporre eticamente il perdonismo, mentre il perdono è un cammino lungo e impervio da lasciare alla coscienza individuale. Ci sono due obiettivi da raggiungere: il bene della società e il recupero del condannato. Vanno combinati insieme, non è facile, ma necessario. Il cosiddetto pentitismo ne è un tentativo, che indubbiamente ha portato a risultati positivi nella lotta alla delinquenza organizzata.

Occorre, senza cavalcare le tigri del rigorismo e del giustizialismo conditi in salsa populista, avere l’umiltà di accettare, come detto, l’imperfezione e la relatività delle leggi, rispettare il ricordo delle vittime e l’atteggiamento dei loro famigliari, abbandonare l’idea dell’accanimento punitivo e valutare le migliori scelte per il bene della società.

Se ci spostiamo dal contesto civile a quello religioso, dal codice civile al Vangelo, dal rigorismo/perdonismo sociale al perdono vero e proprio, dobbiamo fare altre valutazioni. Mi rimetto di seguito al pensiero dell’amico e maestro don Luciano Scaccaglia. “Del perdono, come dell’amore, c’è sempre bisogno; invece la legge del taglione, della vendetta, del castigo punitivo e non redentivo continua a dominare nelle mentalità e nelle strutture. Molti dicono che in alcuni casi perdonare è impossibile. Riporto al riguardo la preghiera di un figlio, il cui padre è stato barbaramente assassinato: «Voglio pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà, perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre labbra ci sia il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri» (Giovanni Bachelet)”.

Non voglio buttare tutto forzatamente in fede cristiana, ma non vedo altra chiave risolutiva al delicatissimo problema se non una preghiera idealistica e realistica ad un tempo: “Quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti” (dalla parafrasi francescana del Padre Nostro).