Le istituzioni ridotte a pulpito di bassa propaganda

A poco più di un mese dai cinque referendum sul lavoro e sulla cittadinanza, la maggioranza scende pesantemente in campo per farli fallire. Ad aprire lo scontro è stato Antonio Tajani, vicepremier per Forza Italia e ministro degli Esteri: «Noi siamo per un astensionismo politico, nel senso: noi non condividiamo la scelta referendaria. Andare a votare ai referendum è una scelta libera – spiega il ministro –. È una scelta pure non andare a votare. Se la legge prevede che ci deve essere un quorum, vuol dire che i cittadini devono conoscere l’importanza dei quesiti. Quindi non andare a votare è una scelta politica, non è una scelta di disinteresse nei confronti degli argomenti. Non c’è nessun obbligo di andare a votare, è illiberale chi vuole obbligare ad andare a farlo. Un conto è per le politiche, un altro per i referendum. Se i referendum uno considera che non siano giusti, è giusto per lui che non raggiungano il quorum». (da “Avvenire”)

Sta a vedere che adesso se andare o meno a votare me lo insegna Tajani? Innanzitutto stia bene attento che la storia registra come questi appelli si ritorcano contro chi li lancia. Infatti, se avevo qualche eventuale dubbio sul recarmi alle urne per i prossimi referendum, questo ridicolo intervento me lo ha tolto: andrò a votare! Se funziona così con me è probabile che succeda anche con altri potenziali elettori.

In secondo luogo la distinzione fra voto referendario e voto politico, quanto alla spinta verso l’obbligo, è infondata e soltanto strumentale ai propri interessi di bottega.  L’incitamento al non voto, checché se ne dica, mi sembra comunque una forzatura inaccettabile in quanto anti-democratica.

Matteo Renzi politicizzò a suo tempo in modo improprio i referendum costituzionali e si tirò una colossale zappa sui piedi; Antonio Tajani che di politica ne capisce sì e no un millesimo rispetto a Renzi, se tanto mi dà tanto, passerà alla storia per il suo autogol referendario. E questo a prescindere dai contenuti e finanche dai risultati.

Un ministro che invita i cittadini a non votare non è un bel vedere. Siccome gli attuali governanti italiani possono contare sulla risicata maggioranza della stragrande minoranza, forse stanno correndo ai ripari per mettere una squallida bandierina sull’assenteismo dilagante: un modo come un altro per essere maggioranza nel Paese, vale a dire coltivare il non voto per annetterselo come qualunquistico serbatoio.

Ma non è finita! Sembra calzante l’aneddoto che tutti conoscono: il baritono venne accolto da urla e fischi e, rivolgendosi al pubblico lo pregò ironicamente di pazientare ed attendere l’esibizione del tenore. Fischiate me? Sentirete il tenore! Al baritono Tajani fa eco il tenore La Russa. Una gran bella compagnia istituzionale!

Questa volta l’appello all’astensione è arrivato dalla seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa. “Io ho detto ci penso ad andare a votare perché eravamo dentro il Senato e sono presidente del Senato, ora lo ribadisco. Ma sono sicuro che farò propaganda perché la gente se ne stia a casa”, ha rivendicato ieri dal Teatro Niccolini di Firenze in occasione dell’evento “Spazio cultura”, organizzato dai gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia di Camera e Senato. (fanpage.it)

Naturalmente se mai si dovesse arrivare al voto referendario sulla schifezza del premierato, tutti a votare, non è ammessa l’astensione. Ma fatemi il piacere…