Siamo tutti politicamente coinvolti, che lo vogliamo oppure no, in una forbice; da una parte la situazione internazionale tale da far tremare le vene ai polsi, che Mattarella ha ben sintetizzato nella democrazia senza popolo con le autocrazie alle porte e con il sistema capitalistico in debolezza istituzionale colmata col ricorso al potere economico vestito alla muskiana; dall’altra parte la situazione italiana con una luna di miele meloniana in rapido esaurimento ed un 2025 in cui presumibilmente esploderà la crisi nel mondo del lavoro a causa dei cambiamenti epocali sgovernati (transizione ecologica, intelligenza artificiale, concorrenza spietata da parte cinese, ridisegnamento dei rapporti economici con gli Usa).
In mezzo a questa autentica bufera cosa combinerà il governo italiano? La domanda è questa e non tanto quella riguardante le scorribande dialettiche di una premier che abbaia alla luna, terrorizzata da una opposizione che non c’è (forse preoccupa proprio perché non c’è e chissà dov’è…), dalla paura dei fantasmi del passato (leggi Romano Prodi, al quale basta brandire un libro-intervista per sconquassare la psiche meloniana), dalla preoccupazione della tenuta di una maggioranza sempre più irrequieta e insofferente (la Lega rema contro e Forza Italia tace, ma non acconsente), dalla prospettiva di un anno sindacale piuttosto caldo (Maurizio Landini comincia a diventare un vero e proprio incubo).
Non sono un esperto cinofilo, ma un amico, che se ne intende, mi ha spiegato tempo fa che i cani non abbaiano per loro aggressività congenita ma per paura, da qui il famoso detto “cane che abbaia non morde”. Ed allora ecco il perché di un comportamento di Giorgia Meloni così sgangherato sul piano stilistico e del rispetto verso chiunque azzardi anche sommessamente una qualche critica. Come detto quindi non è importante capire la pescivendola romana, ma la sua nullità a livello nazionale ed internazionale. Per quanto tempo potrà durare questo falso potere costruito su un ossessionante immagine mediatica e su uno snervante cerchiobottismo?
Il 2025 potrebbe essere l’anno in cui si avvera l’esclamazione “Giorgia Meloni è nuda!” (con tanto di libero adattamento della fiaba culminante appunto nell’urlo “il re è nudo”).
Il tutto prende origine da una fiaba scritta nel 1837, dal poeta danese Hans Christian Andersen, che trae spunto da una novella spagnola, scritta nel tredicesimo secolo. Narra di un imperatore vanitoso, dedito solo, alla cura del suo aspetto esteriore. Alcuni commercianti giunti in città fanno trapelare, ad arte, di essere abili tessitori, di avere a disposizione un tessuto sottile, leggero, invisibile solo agli stolti e agli indegni. I cortigiani, inviati dal re a palazzo, non riescono a vederlo. Ma come succede spesso, per non essere giudicati male, decantano la magnificenza del tessuto. L’imperatore, convinto e felice, si fa cucire dagli abili tessitori un abito. Quando gli viene consegnato, però, il Re si rende conto di non essere neanche lui in grado di vederlo, come i suoi cortigiani prima di lui, decide di fingere, di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori. La decisione quindi è presa, con il suo nuovo vestito sfila per le vie della città, di fronte a una folla di cittadini che lodano a gran voce l’eleganza del sovrano. L’incantesimo, però, è spezzato da un innocente bambino che, con gli occhi sgranati, urla a gran voce: “ma il Re è nudo, non ha nessun abito addosso”. Da questa frase deriva il famoso detto “il Re è nudo!”. (da Wikipedia)
Non si può continuare una vita a galleggiare sopra un mare di problemi, prima o poi la barca si rovescia con disastrosi naufragi. La risposta polemica è pronta e viene sistematicamente adottata: chi fa questi ragionamenti è un gufo, è l’amico del giaguaro…
Se guardare la realtà vuol dire gufare, allora sono in buona compagnia, dal momento che il Capo dello Stato, fa da tempo ragionamenti analoghi anche se in modo morbido e, a volte, indiretto.
“Tante famiglie non reggono l’aumento del costo della vita. Salari insufficienti sono una grande questione per l’Italia”. È l’allarme lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la sua visita a Latina all’azienda BSP Pharmaceuticals S.p.a. in occasione della celebrazione della Festa del lavoro. Il Capo dello Stato entra nel merito delle “questioni salariali” sottolineando quanto queste siano “fondamentali per la riduzione delle disuguaglianze, per un equo godimento dei frutti offerti dall’innovazione, dal progresso”.
“Si registrano segnali incoraggianti sui livelli di occupazione”, ricorda Mattarella, sottolineando però che “permangono, d’altro lato, aspetti di preoccupazione sui livelli salariali, come segnalano i dati statistici e anche l’ultimo Rapporto mondiale 2024-2025 dell’Organizzazione internazionale del lavoro”. Salari insufficienti che “incidono anche sul preoccupante calo demografico”, ricorda il Capo dello Stato, “perché i giovani incontrano difficoltà a progettare con solidità il proprio futuro. Resta, inoltre, alto il numero di giovani, con preparazione anche di alta qualificazione, spinti all’emigrazione. Questi fenomeni impoveriscono il nostro capitale umano”. (da “Il Fatto Quotidiano”)
E poi, parliamoci chiaro, come si può fare a non vedere la paradossale nullità che l’Italia sta mettendo in campo e che si accompagna alla carenza di altri protagonisti all’altezza della situazione. In fin dei conti è questa la “fortuna” di Giorgia Meloni. Se ci fossero ancora un’Angela Merkel a Bruxelles e un Nicolas Sarkozy a Parigi, basterebbe un loro sorrisetto ironico per farla sprofondare nel ridicolo, come successe a Silvio Berlusconi.