L’imminente celebrazione del conclave, anziché indurmi a partecipare alla stucchevole gara previsionale sul nuovo papa, mi consiglia di tornare su un aspetto della vita della Chiesa, vale a dire il “papacentrismo” cattolico. Ritorno sull’argomento a costo di ripetermi.
Come già scritto, la morte di papa Francesco ha inevitabilmente aperto un certo petulante e purtroppo fuorviante chiacchiericcio sul futuro conclave anziché creare l’occasione per una forte presa di coscienza critica sulla situazione ecclesiale in tutti i suoi aspetti. Non bastano le pur importanti “congregazioni” di preparazione al conclave: restano episodi verticistici una tantum, che servono soltanto a salvare il salvabile. Bergoglio fu sostanzialmente scelto per togliere la Chiesa dall’autentico “casino” degli scandali finanziari e della pedofilia; il suo successore potrebbe rispondere all’esigenza di riportare in chiesa il presunto popolo di Dio che gira sfaccendato per le strade del mondo. Obiettivi minimali e soprattutto volti a chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati.
Da una parte è scattata come una molla la sacrosanta ammirazione per il papato uscente tutto da scoprire, dall’altra la gossipara previsione in chiave politica del dopo Bergoglio, fino ad arrivare al toto-conclave imbastito sulle fazioni cardinalizie in campo. Il tutto rischia di rientrare in un battage mediatico esterno e nella solita impenetrabile liturgia gerarco-clericale all’interno. Occorre perciò sforzarsi di trasformare questo passaggio vitale per la Chiesa in un momento di autocritica e di responsabilizzazione di tutto il Popolo di Dio.
Il limite del papato bergogliano penso sia stato proprio questo: non avere favorito una crescita qualitativa dei cattolici rendendoli partecipi della vita della Chiesa, ma limitandosi (si fa per dire) alla loro sensibilizzazione evangelica. Papa Francesco ha svolto un meraviglioso lavoro forse però solo propedeutico ad un’effettiva e migliore vita ecclesiale.
Così come in campo politico la mancanza di partecipazione e di formazione di una adeguata classe dirigente vengono risolte col leaderismo spinto (peraltro spesso costruito a tavolino), anche la Chiesa tende a semplificare i processi decisionali e gestionali pompando una sorta di “papato tuttofare” a copertura degli andazzi curiali e clericali consolidati nel tempo.
Sarebbe quindi più che auspicabile un superamento (almeno in parte) della visione e della impostazione unilaterali e verticistiche sintetizzabili nel concetto di “papacentrismo”: la Chiesa Cattolica è una comunità ed al suo interno esistono carismi (servizi) fra i quali c’è anche quello del Vescovo di Roma. A tutti i livelli, la Chiesa deve esprimere, all’interno e all’esterno, la piena e totale adesione allo stile evangelico, liberata dalle incrostazioni della tradizione e dai lacci dell’esercizio del potere. Quindi la procedura della scelta e l’impostazione dell’alta funzione papale dovrebbero essere rivisti sostanzialmente e formalmente in un bagno di partecipazione e condivisione coinvolgente: bisognerebbe partire dall’assoluto primato della dimensione pastorale rispetto a quella istituzionale; al centro dello stile ecclesiale si dovrebbe porre la collegialità episcopale; la vita dell’istituzione e la stessa pastorale andrebbero sclericalizzate, liberate dall’affarismo, ridotte all’essenziale in senso economico ed organizzativo e subordinate alle esigenze evangeliche; occorrerebbe puntare al forte coinvolgimento del laicato ed alla imprescindibile valorizzazione della presenza femminile. Molto (?) è stato fatto in questi dodici anni, ma molto resta ancora da fare.
Non limitiamoci quindi a pregare per il nuovo papa. A ben pensarci tutte le preghiere ufficiali della Chiesa, dalla liturgia delle ore alle celebrazioni sacramentali, dalle assemblee oranti di vario genere alle preghiere dei fedeli delle messe, tendono a buttare su Dio e sullo Spirito Santo i problemi della Chiesa e del mondo come se i cattolici non dovessero aiutarsi affinché il cielo li aiuti.
Nel caso del conclave varrebbe la pena intorno ad esso riflettere su uno stile ecclesiale diverso e coinvolgente. Non vedo questo atteggiamento, me ne rammarico e spero vivamente di sbagliarmi e che il nuovo papa faccia un po’ meno il papa e un po’ più lo stimolatore dei cattolici più o meno addormentati.