Chiesa avanti marsc’, anzi indietro Trump

«Mi piacerebbe essere Papa, sarebbe la mia prima scelta». Così risponde con una battuta Donald Trump ai giornalisti che gli hanno chiesto chi vorrebbe vedere come prossimo Pontefice. «Non lo so, non ho preferenze» ha poi continuato più serio. «Devo dire che abbiamo un cardinale in un posto chiamato New York che è molto bravo. Vedremo quello che succede», ha aggiunto riferendosi all’arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Dolan, che ha guidato la preghiera all’insediamento del presidente lo scorso gennaio. (ildubbio.news)

Sembra una barzelletta, ma purtroppo non la è. La prima parte dimostra, in modo clamoroso al limite del ridicolo, la megalomania di cui soffre il presidente statunitense. Si sente l’Unto del Signore, a maggior ragione dopo l’attentato subito con tanto di scampato pericolo, che lui attribuisce a un intervento dell’Altissimo per consentirgli di salvare gli Usa e non solo.

Spero che il Padre Eterno abbia una visione del mondo un po’ più seria ed articolata di quella ipotizzata da Donald Trump. Fin qui si potrebbe anche sorridere: siamo infatti tutti un po’megalomani e non è un caso che gli americani si siano sentiti particolarmente rappresentati da questo incantatore di serpenti.

La seconda parte riguarda invece l’ignobile connubio che si sta delineando e concretizzando fra un certo cattolicesimo reazionario e una certa destra nazionalista e sovranista, trionfante in larga parte del mondo. Non vorrei che gli schizzi potessero arrivare anche al conclave, condizionando comunque in senso retrivo la scelta del nuovo papa.

Secondo Baldo Reina, il cardinale di Roma che ha presieduto nella basilica di San Pietro la Messa in suffragio di Papa Francesco, celebrata nel terzo giorno dei Novendiali, «non può essere, questo, il tempo di equilibrismi, tattiche, prudenze, il tempo che asseconda l’istinto di tornare indietro, o peggio, di rivalse e di alleanze di potere, ma serve una disposizione radicale a entrare nel sogno di Dio affidato alle nostre povere mani».

In questo senso, il porporato ha invitato a non avere «paura delle perdite connesse ai cambiamenti necessari». «Penso – ha spiegato – ai molteplici processi di riforma della vita della Chiesa avviati da papa Francesco, e che sconfinano oltre le appartenenze religiose». «La gente – ha aggiunto – gli ha riconosciuto di essere stato un pastore universale e la barca di Pietro ha bisogno di questa navigazione larga che sconfina e sorprende. Questa gente porta nel cuore inquietudine e mi pare di scorgervi una domanda: che ne sarà dei processi avviati?». (da “Avvenire”)

La scelta del nuovo papa, pur dovendo prescindere da schemi mondani (entrando nel sogno di Dio), è affidata alle mani di chi ha, gerarchicamente parlando, la responsabilità di guidare la Chiesa: ecco allora spuntare tre criteri a cui fare riferimento, continuità, universalità, unità.

La continuità non dovrebbe ammettere fughe né all’indietro né in avanti: mentre non ho il timore di affrettate accelerazioni (sarebbe troppo interessante che si ponesse questo problema…), la paura dell’indietrismo (così lo ha definito papa Francesco) mi fa tremare le vene ai polsi. E potrebbe venire proprio da questo mondo, che non esito a definire clerico-fascista, capeggiato dagli Usa di Trump: una devastante intromissione della politica in campo ecclesiale, con tanto di revisionismo storico ai principi della laicità dello Stato e dell’autonomia della Chiesa.

Allora potrebbe venire in soccorso di questa svolta reazionaria la strumentale applicazione degli altri due criteri di cui sopra, vale a dire l’universalità e l’unità. Non so fino a che punto sia diffusa nel mondo e nella cattolicità l’aria che tira a destra, esiste senza ombra di dubbio e, anche se non potrà impadronirsi del papato post-bergogliano, avrà magari la possibilità di influenzare e spaventare il Vaticano nei suoi giochi di potere, ventilando l’ipotesi di striscianti diaboliche divisioni.

In nome del tutti insieme forzosamente potrebbe farsi strada una soluzione di compromesso piuttosto anti-evangelico e qualche candidatura al riguardo non sarebbe così difficile da individuare e sostenere. Qualcuno la sta già ventilando…

C’è poco da fare, papa Francesco dava molto fastidio ai potenti della terra, che lo incensavano obtorto collo, ma che lo vedevano bene come i “beghi” nella minestra. Anche in ambito ecclesiale trovava paradossalmente parecchie ostilità negli Usa e in Africa, nel mondo sviluppato e in quello in via di sviluppo. D’altra parte cos’era la sua insistente personale richiesta di preghiera se non la domanda di una orante solidarietà davanti ai subdoli attacchi interni ed esterni.

Chi sta dalla parte dei poveri è destinato, prima o poi, a finire umanamente male: persino i poveri restano vittime a volte della sindrome del beneficiato.

E il popolo che sembra così schierato in difesa della pastorale di Francesco? Non dimentichiamoci che fa molto in fretta a cambiare parere. Pensiamo a Gesù osannato come re la domenica delle Palme e fatto o lasciato morire in croce pochi giorni dopo.

Oltre tutto, forse con un pizzico di malizia, vedo rispuntare nella Chiesa un certo devozionismo bigotto accompagnato da un falso desiderio di certezza dottrinale (come se il Vangelo non fosse l’unica e vera dottrina cristiana): l’uso liturgico del latino e la giubilazione della riforma liturgica ne sono un sintomo inquietante. Ma le cause di fondo dell’indietrismo, comunque camuffato, sono in realtà la contrarietà verso gli immigrati, la paura degli islamici, l’insofferenza nei confronti dei diversi, l’egoismo dilagante, i poveri che non devono rompere i coglioni più di quel tanto, etc. etc.: i cavalli di battagli di Trump. Ed ecco che il cerchio si potrebbe chiudere.

E lo Spirito Santo in cui credo fermamente? Lo faranno arrivare in ritardo o sosterranno che era d’accordo pur di mantenere salda e compatta la Chiesa.

Ricordo al proposito una gustosa barzelletta, che dicono piacesse molto a papa Giovanni Paolo ll.

“Dio Padre osserva, con attenzione venata da una punta di scetticismo, l’attivismo dei cardinali di Santa Romana Chiesa, ma non riesce a capire fino in fondo lo scopo della loro missione. Con qualche preoccupazione decide di interpellare Dio Figlio in quanto, essendosi recato in terra, dovrebbe avere maggiore dimestichezza con questi importanti personaggi a capo della Chiesa da Lui fondata. Dio Figlio però non fornisce risposte plausibili, sa che sono vestiti con tonache di colore rosso porpora a significare l’impegno alla fedeltà fino a spargere il proprio sangue, constata la loro erudizione teologica, la loro capacità diplomatica, la loro abilità dialettica, ma il tutto non risulta troppo convincente e soprattutto rispondente alle indicazioni date ai discepoli prima di salire al cielo.  Anche Dio Figlio non è convinto e quindi, di comune accordo, decidono di acquisire il parere autorevole di Dio Spirito Santo, Lui che ha proprio il compito di sovrintendere alla Chiesa.  Di fronte alla domanda precisa anche la Terza Persona dimostra di non avere le idee chiare, di stare un po’ troppo sulle sue ed allora il Padre insiste esigendo elementi precisi di valutazione, minacciando un intervento diretto piuttosto brusco e doloroso. A quel punto lo Spirito Santo si vede costretto a dire la verità ed afferma: «Se devo essere sincero, anch’io non ho capito fino in fondo cosa facciano questi signori cardinali, sono in tanti, ostentano studio, predica e preghiera. Pregano soprattutto me affinché vada in loro soccorso quando devono prendere decisioni importanti. Io li ascolto, mi precipito, ma immancabilmente, quando arrivo col mio parere, devo curiosamente constatare che hanno già deciso tutto!»”