Trump che abbaia non morde

Ammesso e non concesso che Donald Trump abbia in testa una strategia al di là dell’indubbia e straripante megalomania, la si può intuire contenuta nel suo abbaiare contro la Cina.

La Nato, per dirla con papa Francesco, continua, direttamente e indirettamente, ad abbaiare alle porte della Russia. Il papa usando questo termine ha centrato in pieno la questione: mi risulta che i cani abbaino più per paura che per aggressività ed infatti un po’ tutti i protagonisti del panorama internazionale reagiscono alla paura preparandosi alla guerra, senza capire che lo schema di guerra non può che incutere paura, che paura chiama paura, che un clima di reciproca paura non può rimanere freddamente nervoso ma porta inevitabilmente alla bollente e interminabile guerra.  Un gatto con gli anfibi che si morde la coda.

Trump ha cambiato l’indirizzo, ma non lo stile: si tratta di un’abbaiata globale che potrebbe avere sviluppi impensabilmente tragici se non apocalittici. La Cina fa paura e costituisce per Trump una vera e propria ossessione e tutte le sue mosse possono essere ricondotte a questo infernale quadro imperialista-bellicista.

Della pace in Ucraina a Trump non frega niente, gli interessa soltanto togliere la Russia dalla sfera di influenza cinese, offrendo ad essa una buona via d’uscita assieme a buone prospettive di collaborazioni economiche: l’Ucraina pacificata a suon di sfruttamento bilaterale. Tre piccioni con una fava: tacitare in qualche modo le “pretese” di uno strapazzato Zelensky; accontentare il più possibile le mire zariste del compagno Putin; impostare una inesorabile ripartizione delle merende nell’ambito della relazione pragmatica con la Russia.

L’unione europea è vista come il fumo negli occhi, ma l’importante è impedire ad essa ogni e qualsiasi patto significativo di collaborazione con la Cina. Giorgia Meloni sta facendo al riguardo la parte dell’utile idiota.

I dazi sono uno strumento, non il più importante, di disturbo verso la Cina, più un avvertimento che un atto ostile. Tutto viene pensato e deciso per ricuperare il ruolo dominate degli Usa ai danni del crescente ed esorbitante potere della Cina a livello mondiale.

Questa strategia trumpiana trova però diverse controindicazioni che la rendono politicamente piuttosto semplicistica e velleitaria oltre che inaccettabile dal punto di vista etico.

Innanzitutto Putin è più intelligente e furbo di lui e sta cavalcando la situazione, alzando il prezzo di eventuali accordi man mano che si vengono approssimativamente delineando: un tira e molla senza capo né coda.

Quanto all’Europa, è vero che non ha una strategia comune e si trova spiazzata dagli attacchi americani, però ricordiamoci che ha molta più cultura e storia degli Usa e alla lunga questi elementi contano più della potenza economica e militare. Trump non si illuda quindi di fare un sol boccone dell’Ue, di imprigionarla nella Nato, di paralizzarne la vita economica e di chiuderle gli sbocchi internazionali.

La Cina ha peraltro una visione imperialista molto più aperta, moderna e articolata del mero protezionismo che connota l’attuale imperialismo americano: i rapporti col mondo cinese sono quindi molto complessi e vanno ben al di là delle sbruffonate trumpiane.

Oltre tutto è da tempo in atto un autentico rimescolamento delle carte imperialiste e le somiglianze, seppure invertite, rendono totalmente anacronistica la contrapposizione tra le super-potenze sul piano della democrazia e del rispetto del progresso civile. La Cina gioca da tempo a fare il verso al capitalismo più spietato, mentre gli Usa fanno la parodia alla democrazia politica. Gli estremi si toccano. Persino lo stile diplomatico delle due potenze si è invertito: alla moderazione cinese fa riscontro l’aggressività americana.

Che differenza fa la clamorosa rimozione di un anziano timido dissidente durante un congresso del partito cinese (preso e letteralmente portato fuori dalla sala) e il minacciato drastico licenziamento del capo della Federal Reserve Jerome Powell, colpevole di essersi permesso di rivendicare e difendere il proprio ruolo istituzionale?  La democrazia è diventato un optional, è proprio il caso di riaffermare che tutto il mondo è paese.

Tutto ciò rende quasi ridicole le velleitarie intenzioni americane così come gli opportunistici appoggi occidentali a paradossali salti nel buio mondiale.