O le borse o i dazi

Se il team di Trump offre compattezza, quanto accaduto fra Elon Musk e Peter Navarro, consigliere di Trump, evidenzia spaccature profonde. Anche se il loro sembra un regolamento di conti personale. Musk sabato aveva fatto un post dicendo che avere un master in economia ad Harvard (come Navarro, ndr) è una «pessima cosa non una buona». Quindi parlando al congresso della Lega aveva immaginato uno schema fra Europa e Usa a «tariffe zero». Ieri la replica di Navarro, abrasiva: «Musk? È uno che vende macchine». (Alberto Simoni – La Stampa)

Comincia a volare qualche straccetto? È tipico dei regimi avere contrasti fra gli uomini del capo. Non sempre il duce è capace di assorbirli o scioglierli. La storia insegna che spesso il tarlo decisivo per il crollo delle dittature è venuto dai conflitti interni: talmente alta e concentrata la posta in palio da renderne impossibile la tenuta nel tempo.

Mio padre diceva con molta gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón».

Non confidiamo troppo in queste prospettive. La società americana sta diventando sempre più incomprensibile. E il resto del mondo (Occidente compreso)? Lasciamo perdere…

Mentre il mondo s’interroga sull’effetto di medio e lungo termine dei dazi doganali americani che hanno scosso l’economia globale e fatto crollare i mercati azionari, una categoria di statunitensi ha già cominciato a subirne gli effetti: gli americani prossimi alla pensione e i neo-pensionati stanno trattenendo il fiato di fronte alle fluttuazioni di Wall Street, chiedendosi se i fondi sui quali contavano per gli anni d’oro dureranno quanto previsto, o se devono cambiare radicalmente i loro piani per la terza età. (da “Avvenire” – Elena Molinari)

Mio padre, da grande saggio qual era, sosteneva che per giudicare e fare i raggi etico-politici a una persona “bizoggnäva” guardarne e toccarne il portafoglio. È lì che casca l’asino, è lì la prova del nove di certa disponibilità teorica. «Tochia in-t-al portafój…». Funzionerà così anche negli Usa di Trump? Finita la sbornia, l’ideale sarebbe che si ricominciasse dai valori, ma sarebbe già qualcosa che si smettesse di ragionare di pancia per ripiegare sulla logica del portafoglio.

Ricordo i rari colloqui tra i miei genitori in materia politica: tra mio padre antifascista a livello culturale prima e più che a livello politico e mia madre, donna pragmatica, generosa all’inverosimile, tollerante con tutti. «Al Duce, diceva mia madre con una certa simpatica superficialità, l’à fat anca dil cozi giusti…». «Lasemma stär, rispondeva mio padre dall’alto del suo antifascismo, quand la pianta l’é maläda in-t-il ravizi a ghé pòch da fär…». Poi si lasciava andare a sintetizzare la parabola storica di Benito Mussolini, usando questa colorita immagine: «L’ à pisè cóntra vént…».

Non mi resta che sperare nelle pisciate contro vento di Donald Trump… Però bisognerebbe che almeno tirasse un po’ di vento, cosa che attualmente non vedo e non sento. Addirittura il tycoon per antonomasia, all’osteria della Casa Bianca, ostenta il fatto che tutti lo chiamano per baciargli il c..o. Niente male come benvenuto a Giorgia Meloni che si appresta a fargli visita.

Tuttavia il presidente Usa ha detto di “aver scritto con il cuore” il post con cui ha annunciato la sospensione per 90 giorni dei dazi nei confronti dei Paesi che non hanno annunciato ritorsioni agli Usa e che hanno chiesto di negoziare. E le borse hanno momentaneamente brindato. In che razza di sistema economico-finanziario viviamo? Forse siamo passati dall’economia globale al trucco nazionalista.

I casi sono diversi e forse concomitanti: Trump ha cominciato a temere di pisciare contro vento in presenza di brezza e allora sta ripiegando sulla vecchia tattica del bastone e della carota; ha spaventato le borse per lasciare campo ai suoi amici speculatori ed ora deve dare loro il tempo di realizzare i guadagni; ha, tutto sommato, paura della Cina, non certo della sbrindellata Europa che gli fa il solletico; è affetto da schizofrenia galoppante (molto peggio dell’ipotetica arteriosclerosi paralizzante di Biden).