Non si sono ancora esaurite le implicazioni del caso Almasri che già un nuovo “giallo” politico contribuisce a increspare ulteriormente le relazioni fra la Corte penale internazionale e il governo italiano. Stavolta riguarda il più noto dei ricercati a livello internazionale, il presidente russo Vladimir Putin, sul cui capo pende appunto un mandato di arresto spiccato dalla Corte dell’Aja per crimini contro l’umanità commessi in Ucraina. Mandato che però in Italia, e qui sta il punto da chiarire, non potrebbe al momento essere eseguito (sempre che Putin decidesse di uscire dalla Russia e venire nel Bel Paese, ovviamente) perché il ministero della Giustizia non lo ha ancora trasmesso alla Procura generale di Roma affinché lo inoltrasse alla Corte d’Appello, titolata a renderlo esecutivo.
Il caso viene sollevato al mattino dal Corriere della Sera e da Repubblica, che segnalano come il mandato emesso dalla Cpi attualmente non abbia efficacia in Italia a causa della mancata trasmissione degli atti ai magistrati capitolini da parte del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Ricostruzioni alle quali tuttavia il Guardasigilli, nel primo pomeriggio, ribatte con una nota stringata in cui argomenta le proprie ragioni: «Il Presidente russo Vladimir Putin, nei cui confronti vi è una richiesta della Corte penale internazionale, non è mai transitato in territorio italiano, né mai si è avuta notizia che fosse in procinto di farvi ingresso – si legge nel comunicato di via Arenula -. La presenza della persona o il suo imminente ingresso nel territorio dello Stato sono, infatti condizioni essenziali per i provvedimenti conseguenti». Se ne desume come, effettivamente, il mandato sia al momento “congelato” o comunque non sia stato trasmesso dal ministro alla magistratura, per ragioni che Nordio ritiene essenziali ai fini del proseguimento della procedura.
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Resta comunque il dubbio che la vicenda possa far aumentare le frizioni sotto traccia sull’asse Roma-L’Aja, innescate dal caso Almasri (non ancora chiuso, visto che l’esecutivo italiano ha chiesto ulteriore tempo per rispondere alle domande della Corte sul perché il torturatore libico, dopo l’arresto a Torino su mandato della Corte, sia stato rilasciato e riportato a Tripoli con un volo di Stato). Anche in quel caso, fu il dicastero di via Arenula a non trasmettere ai giudici la documentazione dell’Aja, determinando di fatto la scarcerazione. Nel dossier Putin, potrebbe giocare un peso ancor più rilevante la volontà di non deteriorare ulteriormente le relazioni diplomatiche con Mosca, così come avvenuto per un altro mandato d’arresto dell’Aja tuttora fermo in via Arenula: quello a carico del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accusato per i crimini di guerra commessi a Gaza. Capi di Stato e di governo contro cui Palazzo Chigi potrebbe aver deciso di non voler procedere, almeno finché saranno in carica. (dal quotidiano “Avvenire” – Vincenzo R. Spagnolo)
Questa si chiama realpolitik? Questa è la ragion di Stato che va contro il diritto internazionale? Questa è pelosa pignoleria giuridica di un ministro che la sa lunga? Carlo Nordio continua a fare le pulci alla Corte penale dell’Aia: non si rende conto che così facendo dà una mano ai delinquenti di Stato?
Papa Francesco quando entrava nelle carceri pensava: “Perché loro e non io?”. Il ministro italiano della Giustizia vuole maccheronicamente imitare il papa e pensa di scopiazzarlo di fronte ai criminali di Stato?
Sappia però che Bergoglio non aveva atteggiamenti teneri verso questi massacratori: non è un caso che Netanyahu e Putin non siano venuti a Roma per partecipare ai funerali di papa Francesco. Qualcuno pensava che temessero di essere bloccati in quanto passibili di arresto. Potevano venire tranquillamente, Nordio aveva indirettamente concesso loro una sorta di paradossale immunità. Papa Francesco si sarebbe scaravoltato nella bara.