I coccodrilli filo-israeliani

«La realtà a Gaza è una realtà post-apocalittica: tutto è stato distrutto, i combattimenti continuano, la zona è diventata una specie di zona di morte per la popolazione e stiamo sostanzialmente assistendo all’emergere di una sorta di interruzione post-apocalittica della guerra»: lo ha dichiarato il Commissario generale dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, in un’intervista all’emittente tv Al Jazeera.

Ebbene di fronte a questo desolante quadro la politica a livello internazionale oscilla fra la licenza di sterminare concessa da Trump a Netanyahu, fra la pilatesca posizione di chi (non) condanna Israele concedendogli l’attenuante della provocazione da parte di Hamas, fra le grida di cessate il fuoco regolarmente violato, fra le scandalizzate accuse di antisemitismo per chi osa criticare la spietatezza israeliana, fra la sostanziale e silenziosa sopportazione del comportamento israeliano e l’omertoso insensato menefreghismo di chi mette tutto e tutti sullo stesso piano.

Da parte del governo italiano le solite parole di circostanza usate dal coccodrillone ministro degli Esteri Antonio Tajani.  Mia sorella, per certi versi più netta di me nei giudizi, direbbe, usando una gustosa espressione dialettale: “niént pighè in t’na cärta” oppure “da lu a niént da sén’na…”.

Sempre mia sorella, da una escursione turistica nei territori israelo-palestinesi, aveva riportato una drastica impressione: “Gli israeliani sono spietati e sfruttano i palestinesi, i palestinesi sono insensati e si lasciano abbindolare dal terrorismo arabo”. Siamo ancora lì. Anche se la striscia di Gaza non esiste più, i restanti palestinesi sono totalmente allo sbando, i superstiti dei massacri dell’una e dell’altra parte saranno “costretti” a vivere di odio vendicativo.

In mancanza della politica, in Italia e nel mondo, fortunatamente si fa sentire la piazza.

Un lungo corteo con almeno 10mila partecipanti ha attraversato le strade di Milano, dalla stazione in direzione dell’Arco della Pace. É la manifestazione a sostegno della Palestina e per chiedere la fine della guerra nella Striscia di Gaza. Secondo gli organizzatori si sono toccate le 15mila presenze. Centinaia le bandiere palestinesi e gli striscioni per dire stop al genocidio. Tra gli slogan gridati prima della partenza: “Gaza libera, Palestina libera” e “intifada, intifada”. Presenti anche alcuni attivisti che tengono in braccio dei finti neonati coperti da un lenzuolo bianco sporco di vernice rossa. Numerosi, soprattutto nelle prime file, anche i cartelli e le bandiere per chiedere “libertà per Anan Yaeesh“, palestinese accusato in Italia di terrorismo per aver finanziato un gruppo armato e detenuto nel carcere di Terni. Tra gli altri, partecipano Anpi, Associazione dei Palestinesi in Italia, Giovani Palestinesi, Adl Cobas, Cub, associazioni studentesche e altre sigle sindacali, anche se si sono viste anche bandiere e striscioni dell’Alleanza Verdi-Sinistra e del M5s.

Nel tragitto si sono verificati alcuni danneggiamenti, imbrattamenti, scritte minatorie nei confronti della presidenza del Consiglio. Una vetrina di una sede di Unicredit, in via Pola, in zona Isola, è stata incrinata. “UniCredit complice del genocidio” hanno scritto con la vernice alcuni manifestanti, infrangendo il vetro, tanto che alcuni attivisti invitavano i presenti ad allontanarsi per il rischio che cadesse la vetrina. Infranta e imbrattata, poco prima, anche quella di Starbucks. Vernice anche sulla vetrata di Burger King. Poco dopo sono stati esplosi anche alcuni petardi. Una scritta “Spara a Giorgia” è comparsa sulla vetrina di una filiale di banco Bpm in piazzale Lagosta. Pochi metri più avanti è stata poi danneggiata anche la filiale di Banco Desio in via Traù, dove è stata bruciata una telecamera e fatta una scritta “No riarmo“. Infranta anche la vetrina di un punto vendita Carrefour. (Da “Il Fatto Quotidiano” – Simone Bauducco)

La sacrosanta protesta di piazza purtroppo viene condita da episodi di violenza (è un triste classico): tuttavia non basta per screditarla, per nasconderne le ragioni di fondo e per giustificare le coccodrillate filo-israeliane di cui sopra.