Una vergona che passerà alla storia

La copertina dell’Economist è più che esplicita. Donald Trump si muove come un boss della mafia, a mezza via fra Tony Soprano e Le iene di Quentin Tarantino. E così è stato, nell’avvilente faccia a faccia fra il presidente americano e Volodymyr Zelensky, umiliato e rimproverato oltre misura con toni che appartengono più al gergo di Vito Corleone e alla sua «offerta che non si può rifiutare» che a quelli di un leader occidentale. «Senza le nostre armi avresti perso la guerra in due settimane – ha detto Trump. Il problema è che ti ho dato il potere di essere un duro, non credo che lo saresti senza gli Stati Uniti. Firma l’accordo o noi siamo fuori. E se noi siamo fuori, ve la dovrete vedere da soli con la Russia. Sarà sanguinoso, ma combatterete. Se invece firmi quell’accordo, sarai in una posizione molto migliore. Non hai carte in mano».

La posta in gioco, come si vede, non è altro che il bottino in terre rare, ciò che maggiormente preme a The Donald. Il resto, la pace, il compromesso con Putin, la cessazione delle ostilità e dell’inutile strage sui fronti ucraini sembra un fatto di contorno.
«Putin è un killer, non voglio compromessi. Non sono venuto per giocare a carte», ha provato a dire Zelensky. Ma ci si è messo anche il vicepresidente Vance, l’ex ragazzo hillbilly, ora alfiere di un’America dura, pura e intransigente, la stessa che con irridente crudeltà sventola ad ogni piè sospinto l’onnipresente Elon Musk: «È irrispettoso venire nello Studio Ovale e litigare di fronte ai media americani». Risultato: Zelensky si alza e lascia la stanza del potere americano, ma di fatto è stato invitato ad andarsene con il famigerato «You’re Fired!» per cui The Donald è rimasto famoso. La conferenza stampa è annullata. Su Truth – la sua piattaforma social – Trump scrive: «Hai mancato di rispetto agli Stati Uniti». E il rispetto fra gli uomini d’onore, è tutto. Come hanno sempre saputo i vari Gambino, John Gotti, Genovese. Guai a non rispettare un boss.

Ma un po’ di dietrologia in questi casi non guasta: Zelensky è diventato una pedina ingombrante. I potenziali successori, quelli che faranno i patti leonini con la Casa Bianca e il Cremlino, già si avvistano all’orizzonte. Uno di essi è il generale Valery Zalushnyj, già comandante in capo delle forze armate ucraine, rimosso da Zelensky un anno fa. A Trump piace molto. E questo forse spiega l’imboscata mafiosa di ieri. E l’orribile pagina politica che grazie a The Donald l’America che dovrebbe ridiventare grande si è rimpicciolita come un nanerottolo da giardino. (dal quotidiano “Avvenire” – Giorgio Ferrari)

Voglio tentare un esame critico a prescindere dai toni di autentica cattiveria usati da Trump (una vergogna che passerà alla storia!). Se Zelensky ha commesso degli errori nel reagire all’aggressione russa, è stato molto ben assecondato dall’intero Occidente, che ha preferito attestarsi sull’intransigente massimalismo internazionale anziché impegnarsi nell’ardua via diplomatica.

A parte l’inevitabile senno di poi, non è possibile un improvviso voltafaccia, che cambia le carte in tavola e impone una sorta di “mortus” come si fa per i giochi dei bambini nel cortile di casa. Il triviale ragionamento trumpiano è questo: ti abbiamo aiutato e (forse) ci siamo sbagliati per colpa del mio predecessore e dell’Europa. Adesso basta, te la vedi tu, io posso solo aiutarti alle mie condizioni, prendere o lasciare.

Chi mai accetterebbe un simile incondizionato diktat? Un cambio repentino e radicale di strategia mette tutti in gravissima difficoltà. I Paesi europei abbozzano, non osano dichiarare apertamente la loro opinione seppure tardiva e costruttiva. Dallo scenario del “tutti contro Putin” passiamo a quello della “pace purchessia con Putin” o meglio della pace dei sepolcri che interessa Trump e Putin.

Massimo D’Alema a Piazzapulita ha dichiarato: “Un grande errore della sinistra lasciare alla destra la parola d’ordine della pace. L’ho pensato dall’inizio: la guerra in Ucraina era una guerra che nessuno poteva vincere. E quando nessuno può vincerla, occorre mettere in campo la politica. Noi oggi rischiamo una pace cattiva: l’Europa non ha avuto nessuna iniziativa politica, e ha lasciato a Trump la bandiera della pace”.

Ha aggiunto una acuta nota autobiografica (cito a senso): in gioventù nutrivo seri dubbi sul sistema democratico americano, poi mi sono gradualmente convertito. Oggi posso dire che i dubbi di un tempo non erano infondati…

L’Europa si è accomodata da tempo nel proprio cimitero, accontentandosi di puntare in ordine sparso alla migliore tomba possibile. Ci sarà un rigurgito di dignità, un sussulto di orgoglio culturale e storico? Spero, nonostante tutto, nella Francia e nella Germania. L’Inghilterra è sempre stata succube degli Usa. L’Italia, in passato, qualche spiraglio di autonomia (pagato a carissimo prezzo) lo ha mostrato.

Alla follia della globalizzazione mafiosa, che si profila come il leitmotiv dell’assetto mondiale, bisogna rispondere con la forza dei principi della democrazia e del rispetto del diritto internazionale. Occorrerebbero leader della statura di un De Gasperi.

«Il futuro non verrà costruito con la forza, nemmeno con il desiderio di conquista, ma attraverso la paziente applicazione del metodo democratico, lo spirito di consenso costruttivo e il rispetto della libertà». Questa citazione di Alcide De Gasperi, figura di spicco del cattolicesimo democratico, racchiude la sua visione di politica e governance che oggi avrebbe ancora tanto da insegnare.