La Toscana sarà la prima Regione italiana a garantire ai malati tempi e modalità certi per l’accesso al suicidio medicalmente assistito.
Dopo un lungo e acceso dibattito il Consiglio regionale ha approvato, a maggioranza, la legge di iniziativa popolare promossa dall’Associazione Luca Coscioni: un testo presentato in tutte le Regioni ma, finora, mai arrivata all’approvazione. A votare a favore Pd (con l’eccezione della consigliera Dem, Lucia De Robertis che non ha espresso voto) Iv, M5s e gruppo Misto.
Abbracci e lacrime tra i rappresentanti dell’Associazione Coscioni, presenti in aula al momento del voto finale. “Siamo grati ai consiglieri della Regione Toscana per avere approvato la nostra legge ‘Liberi subito’, che definisce tempi e procedure per l’aiuto medico alla morte volontaria – ha commentato la segretaria dell’Associazione Filomena Gallo – È una legge di civiltà perché impedisce il ripetersi di casi, da ultimo quello di Gloria, proprio in Toscana, di persone che hanno dovuto attendere una risposta per mesi, o addirittura per anni, in una condizione di sofferenza insopportabile e irreversibile”. (ANSA.it)
La legge è scaturita dalla proposta d’iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni. Un percorso che ha la sua origine nella sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, che ha dichiarato non punibile chi agevola il suicidio «di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni».
Partendo da qui l’Associazione Coscioni ha raccolto firme (10mila in Toscana) e depositato nei Consigli regionali una proposta di legge per definire le procedure delle varie aziende sanitarie. Diversi gli esiti: in Veneto, nonostante il sì del governatore Zaia, l’atto non è passato per un voto; i Consigli di Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte hanno puntato sulla non competenza regionale; l’Emilia Romagna ha approvato una delibera di giunta, senza passare dall’aula. E in Toscana? «L’Associazione Coscioni ha presentato la proposta di legge a marzo – spiega Enrico Sostegni (Pd), presidente della Commissione sanità – Da fine luglio l’abbiamo approfondita con costituzionalisti, docenti, associazioni e con le aziende sanitarie, che stanno già applicando la sentenza. E proprio questo è il punto: c’è una sentenza, ma non uniformità nella sua applicazione. La nostra norma si limita a garantirla, individuando 10mila euro per le spese, senza alcuna impostazione ideologica». (dal quotidiano “La Nazione”)
Sulla questione sono intervenuti i vescovi toscani con le solite tiritere dogmatiche (peraltro così poco evangeliche), che non riesco a digerire. Sono infatti perfettamente in linea con quanto pensava don Andrea Gallo il quale non si perdeva in disquisizioni teologiche, ma andava dritto alla persona.
Malati terminali: «Sulla base di una scelta chiara e consapevole della persona interessata, bisogna rispettare il suo diritto alla non sofferenza, a un minimo di dignità in ciò che rimane della vita. Ogni caso ha una sua trama e una valutazione diversa». (don Andrea Gallo)
Dal punto di vista legislativo sarebbe opportuno che si intervenisse a livello nazionale, ma purtroppo la politica, come al solito, non riesce a fare i conti con i drammatici bisogni dei cittadini e si nasconde dietro questioni etico-religiose. Allora non si può aspettare all’infinito alla faccia di immani sofferenze patite da cittadini colpevoli solo di essere malati più o meno terminali.
I vescovi della Toscana hanno detto la loro e ne riporto di seguito le dichiarazioni.
Legge regionale su suicidio assistito: vescovi toscani, “no a questione di schieramento”. “Sistema sanitario esiste per migliorare le condizioni della vita e non per dare la morte”. “Siamo consapevoli che questa proposta di legge assume per molti un valore simbolico, nel senso che si chiede alla Regione Toscana di ‘forzare’ la lentezza della macchina politica statale chiamata a dare riferimenti legislativi al tema – importantissimo – del fine vita”. Lo sottolineano i vescovi toscani, i quali, riuniti a Livorno per il consueto incontro, ritengono opportuno offrire alcuni spunti al dibattito sulla proposta di legge regionale riguardante il cosiddetto “suicidio assistito” che presto verrà discussa in aula. In primo luogo i presuli invitano i consiglieri regionali e i dirigenti dei loro partiti “a non fare di questo tema una questione di ‘schieramento’ ma di farne un’occasione per una riflessione profonda sulle basi della propria concezione del progresso e della dignità della persona umana”. In questo, suggeriscono i vescovi toscani, “può essere d’aiuto la lettura attenta del documento ‘Dignitas infinita’ pubblicato recentemente dal Dicastero per la Dottrina della Fede, che esprime nel modo più attuale la visione che nasce dall’esperienza cristiana, offrendo un contributo significativo su questi temi di grande drammaticità”. Non solo: “L’altro elemento che può aiutare a fare una scelta legislativa è proprio la storia della nostra Regione. Nella cura delle persone in condizione di fragilità la Toscana è stata esempio per tutti: la nascita dei primi ospedali, dei primi orfanotrofi, delle associazioni dedicate alla cura dei malati e dei moribondi, come le Misericordie, e poi tutto il movimento del volontariato, sono un’eredità che continua viva – affermano i presuli –. Ci sembra che in un momento di crisi del sistema sanitario regionale, più che alla redazione di ‘leggi simbolo’, i legislatori debbano dare la precedenza al progresso possibile anche nel presente quadro legislativo, in un rinnovato impegno riguardo alle cure palliative, alla valorizzazione di ogni sforzo di accompagnamento e di sostegno alla fragilità”. I vescovi della Toscana chiariscono: “La vita umana è un valore assoluto, tutelato anche dalla Costituzione: non c’è un ‘diritto di morire’ ma il diritto di essere curati e il Sistema sanitario esiste per migliorare le condizioni della vita e non per dare la morte”. “Anche da parte nostra vogliamo affermare la necessità di leggi nazionali aggiornate e siamo disponibili al dialogo e all’approfondimento sul grande tema del fine vita, pronti ad ascoltare e ad apportare, per la passione per ogni persona umana che impariamo da Gesù Cristo e che viene offerta a tutti come contributo libero alla nostra società”, concludono i presuli. (Sir – agenzia d’informazione)
L’iniziativa legislativa toscana è partita dall’Associazione Luca Coscioni. È proprio vero che alle degne persone che hanno tanto sofferto i vescovi italiani si ostinano a non concedere pace. Siamo passati dal sadismo cattolico del cardinale Ruini nei confronti di Piergiorgio Welby, a cui furono negati i funerali religiosi, al troppo ragionato e paralizzante attuale tira e molla sul fine vita.
Quando si scende sul piano dogmatico, peraltro condizionati da astratti principi religiosi (con i quali la fede ha poco o niente a che vedere), si arriva a disquisizioni teoriche sulla pelle di persone che non difendono un loro capriccio, ma chiedono il riconoscimento del diritto di uscire dalla loro disperazione per chiudere dignitosamente la loro esistenza. Il parallelismo con le subdole contestazioni farisaiche a Gesù mi viene abbastanza spontaneo. Lui aveva il coraggio di guardare alle persone e al loro cuore senza imprigionarsi nei principi e nelle regole.
Rifiuto sdegnosamente il socio-catastrofismo cattolico: biotestamento = anticamera dell’eutanasia; suicidio assistito = eutanasia camuffata; eutanasia = capriccio esistenziale. Non sarebbe opportuno lasciare questioni così delicate alla coscienza delle persone senza aggiungere alla sofferenza umana ulteriore tensione moralistica, senza generalizzazioni impossibili? C’è il Vangelo e lasciamo che le persone scelgano in base ad esso: la carità evangelica per chi soffre e per chi vuole aiutare chi soffre! Come dice don Gallo, ogni caso ha una sua trama e una valutazione diversa.
Di fronte a queste dissertazioni etico-moralistiche il grande Indro Montanelli sfoderava tutta la sua laicità e concludeva drasticamente e amaramente: «Sono beghe di frati!». Io, a differenza di Montanelli, mi considero un credente, ma condivido pienamente il suo giudizio: «Sono beghe di frati!». Purtroppo però queste beghe continuano a condizionare il Parlamento italiano, a disturbare le coscienze di credenti, non credenti e diversamente credenti, a torturare le persone che soffrono.