La bótte di Meloni dà il vino di Musk

“Calpesta le formiche”? Questa domanda, tra l’ironico e il surreale, è stata posta alla presidente del Consiglio Girogia Meloni durante la conferenza stampa annuale a Palazzo Chigi. 

La premier ha risposto al quesito di Alexander Jakhnagiev di Vista TV con un sorriso: “Cerco di evitarlo, quando me ne accorgo”. 

Ormai è diventato una sorta di appuntamento fisso quello con le domande ‘creative’ del direttore dell’Agenzia Vista, Alexander Jakhnagiev, nel corso della conferenza stampa di fine anno. Quest’anno il tema sono le formiche: “Se calpesta le formiche, ci fa caso mentre cammina? Un detto popolare vuole che quando si calpestano le formiche, poi piove”.

Un quesito accolto con ironia dalla Meloni, che si è lasciata andare ad un dialettale “eccallà”, espressione che si usa a Roma per il concretizzarsi di un evento ‘temuto’. “Non lo so – ha replicato, divertita – Le confesso, se le vedo, no. Poi, non le vedo sempre… Ci starò più attenta”.

Nel 2022 lo stesso giornalista parlamentare aveva invece chiesto alla premier se il proprio tempo fosse “circolare o lineare”. (canale whatsapp del Tgla7)

Certo se per formiche si intendono le ragioni del vivere civile, la domanda può essere trasformata in “si rende conto delle cazzate che dice e fa senza calcolarne le conseguenze?”.

Tra me e me mi sono posto la domanda e mi sono dato la risposta seguendo appunto la tradizionale annuale conferenza stampa tenuta dalla premier Giorgia Meloni, organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dall’Associazione stampa parlamentare.

Mentre procedeva la trasmissione in mezzo a domande più finalizzate a non disturbare il manovratore che a metterlo alle strette, mi chiedevo quale motivato giudizio si possa azzardare su questo a dir poco bizzarro presidente del Consiglio.

Innanzitutto non mi sento di rinunciare alla pregiudiziale di carattere ideologico nei suoi confronti: non la ritengo in linea con i principi costituzionali, con la condivisione dei valori della Resistenza e dell’anti-fascismo. Scusate se è poco!

In secondo luogo più passa il tempo e più concordo pienamente col giudizio di Silvio Berlusconi sulla persona Meloni: supponente, prepotente, arrogante e ridicola.

Da queste premesse non può discendere che una conseguenza negativa sul suo comportamento istituzionale-politico-programmatico. Ogni botte dà il vino che ha. Posso solo aggiungere una nota negativa sul suo dilettantismo-populismo e sulla sua incompetenza-furbizia, niente a che vedere con un sano popolarismo e con una necessaria intelligenza.

Tratta l’Italia come un Atreju nazionalizzato, tratta l’Europa come un’Italia allargata, tratta la Nato come la ruota di scorta italiana, tratta il mondo come un immenso luna park in cui passare dalla ruota panoramica al calcinculo.

I problemi del Paese vengono filtrati e decantati mediaticamente, mai affrontati se non in superficie. La critica viene pregiudizialmente e strumentalmente vissuta come atto d’inimicizia. La stampa viene considerata terra di conquista. L’amministrazione dello Stato viene portata avanti come cassa di risonanza della propria perpetua propaganda elettorale.

E allora si spiega la fuga dei migliori dalla Rai, i recenti abbandoni di Ruffini all’agenzia delle entrate, di Belloni ai servizi segreti. In buona sostanza una politica che non va oltre il proprio naso e che dovrebbe lasciare gli italiani con un palmo di naso, senonché il fiuto dei cittadini è molto carente forse perché preferiscono un’alzata di spalle ad una seria autocritica.

Il trionfalismo post liberazione di Cecilia Sala è fastidioso e ingiustificato. Così come il governo chiese il silenzio ai media e alla politica ora sarebbe opportuno che il silenzio venisse chiesto al governo a livello mediatico, anche perché più ci si interroga sulla vicenda e più emergono dubbi e perplessità da chiarire nelle competenti sedi istituzionali.

La vacuità della politica estera meloniana non fa che prendere atto dello strapotere americano: solo con l’assenso degli Usa si possono trattare le questioni. La vita umana viene prima di qualunque altra considerazione: giustissimo! Mi sia concessa una eloquente digressione per chiedermi allora perché la vita di Aldo Moro non venne prima di ogni altra ragione. Perché gli Usa avevano deciso che dovesse morire in quanto non potevano sopportare una svolta politica italiana di apertura verso il Pci.

Giorgia Meloni ha preso atto di questa esasperata dipendenza, è volata in America per chiedere permesso e nel giro di pochi giorni Cecilia Sala è stata liberata. Evidentemente Trump ha dato l’ok (un Abedini in libertà vale molto meno di una Meloni al guinzaglio); gli iraniani dal canto loro si sono accontentati di una piccola concessione in capo al connazionale in odore di costruzione di droni esplosivi, che potrebbe anche diventare un vero e proprio salvacondotto. Qualcuno ritiene che una parte della dirigenza iraniana abbia preso paura della gamba tesa con cui Trump affronta le questioni internazionali e che quindi non se la senta di andare verso un conflitto con gli Usa. Come si vede l’abilità diplomatica di Giorgia Meloni ne esce molto ridimensionata se non addirittura annullata.

Se poi aggiungiamo lo spiazzamento italiano nei confronti dell’Europa, la frittata è fatta: durante la conferenza stampa da cui sono partito si è parlato molto di Elon Musk, si è ripetutamente e volgarmente fatta una sua difesa d’ufficio, mentre all’Europa si è fatto solo qualche rapido ed insignificante cenno.

L’incapacità politica, in una contingenza mondiale così complessa e difficile, porta inevitabilmente a stare pedissequamente dalla parte del più forte a prescindere da ogni seria argomentazione. L’equivoco collegamento con un certo passato, combinato con la presunzione di saper governare, non può che portare a sgovernare, vendendo il Paese al miglio offerente (non per il Paese, ma per la lunga vita politica di Giorgia Meloni).

Un mio carissimo amico a margine della performance meloniana mi ha inviato il seguente messaggio: “Tanto va la gatta al lardo che prima o poi ci lascia lo zampino…”. Speriamo che lo zampino ce lo lasci lei e non lo scriteriato popolo italiano.

Spesso ricorro agli aneddoti paterni per spiegarmi meglio. A mio padre piaceva molto questo: durante una partita di calcio un giocatore si avvicinò all’arbitro che stava facendone obiettivamente di tutti i colori. Gli chiese sommessamente e paradossalmente: «El gnu chi lu cme lu o agh la mandè la federassion » (Lei è stato inviato ad arbitrare questa partita dalla Federazione o è venuto qui spontaneamente, di sua iniziativa?). Si beccò due anni di squalifica.