Usa. I miliardari dentro la Casa Bianca: ecco chi sono e cosa (non) faranno. Tra le persone scelte da Trump per il suo gabinetto ce ne sono quattordici che hanno patrimoni superiori al miliardo di dollari. Può il governo più ricco di sempre contrastare le disuguaglianze?
A gennaio prenderà il timone a Washington il governo più ricco nella storia americana. Saranno dunque i miliardari, e non l’americano medio che Donald Trump ha promesso di difendere, i veri vincitori della seconda presidenza del repubblicano? Se lo chiedono molti cittadini Usa, compresa un’associazione come “Patriotic Millionaires” che riunisce americani con almeno 5 milioni di capitale e chiede che i più benestanti paghino più tasse. Di certo la straordinaria presenza di ultraricchi nell’Amministrazione entrante solleva dubbi sul ruolo del denaro — e parliamo di enormi quantità di denaro — nelle decisioni politiche che saranno prese nei prossimi quattro anni negli Stati Uniti.
Le nomine fatte da Trump nelle ultime settimane creano già la sensazione di un forte allineamento fra soldi e potere. I 14 miliardari che sono stati prescelti per ricoprire posizioni di peso nel gabinetto conservatore hanno infatti tutti contribuito con somme a sette cifre alla campagna del tycoon, e sono stati ricompensati con incarichi di peso.
Anche il modo in cui Trump sta finanziando la fase di transizione e l’organizzazione delle cerimonie legate al suo insediamento a gennaio ha rafforzato l’impressione di un’economia di scambio particolarmente esplicita fra capitale e influenza politica che si sta instaurando nella capitale americana. Rompendo una tradizione storica, infatti, Trump ha rifiutato di mettere limiti alle donazioni della transizione e di rivelare i nomi dei donatori in cambio di 7,2 milioni di dollari in sovvenzioni federali, come hanno fatto tutti i presidenti da quando la regola è stata istituita. In sostanza, Trump può raccogliere fondi illimitati. Anche qui, le ricompense non sono tardate. Sebbene ufficialmente i biglietti per gli eventi legati all’inaugurazione del 20 gennaio siano gratuiti, questi sono molto difficili da ottenere. Ma chi ha donato 1 milione di dollari o raccolto 2 milioni di dollari per il comitato inaugurale si è visto promettere sei posti, incluso un ricevimento con i rappresentanti del gabinetto di Trump, cene con il presidente, il vicepresidente e le loro mogli.
A celebrazioni concluse e conferme ultimate, il patrimonio netto totale del gabinetto di Trump ammonterà a 382,2 miliardi di dollari, oltre tremila volte quello dell’attuale amministrazione Biden, e più del Pil di 172 Paesi. Per avere un’idea di quali saranno gli effetti di queste nomine sulla fetta più ricca della popolazione americana basta leggere la piattaforma di Trump. Il presidente designato non ha nascosto la sua intenzione di fare molto per i ricchi in termini fiscali, con proposte che porteranno a un aumento delle tasse per tutti i gruppi di reddito al di fuori del 5% dei più abbienti. Imprenditori e banchieri americani hanno inoltre già espresso entusiasmo per la promessa di deregolamentazione di Trump, soprattutto nel settore tecnologico. (dal quotidiano “Avvenire” – Elena Molinari, New York giovedì 19 dicembre 2024)
In Cina hanno sposato il capitalismo economico col comunismo politico, negli Usa stanno combinando il capitalismo economico con la democrazia dell’inequità, in Russia il sistema politico ed economico è di stampo squisitamente mafioso, Israele galleggia alla grande e riesce a fare i suoi porci comodi. Non ci si capisce più niente, è tutto paradossale. E pensare che da queste superpotenze e dalle loro eventuali intese dipendono i destini del mondo. Mia madre direbbe: «I povrètt i volon fär i siòr e i siòr i volon fär i povrètt: podral andär bén al mónd?». E mio padre dal canto suo definirebbe il nuovo assetto governativo statunitense con un implacabile “Trump, l’amigh di milionäri”.
Da italiani possiamo andar fieri nel senso che sta venendo progressivamente a galla la profezia berlusconiana della politica come arte dei propri affari spacciata come conseguente capacità di fare gli affari del popolo bue.
È detto tutto! Non serve scomodare le scienze politiche ed economiche siamo alla canna del gas della democrazia. Come se ne esce? Senz’altro con le ossa rotte. L’unico possibile baluardo a questa storica e catastrofica deriva potrebbe e dovrebbe essere l’Europa se smettesse di essere un coacervo di interessi nazionali e diventasse un soggetto politico vero e proprio sulla scena mondiale.
Invece si intravede già la corsa europea a baciare le pantofole trumpiane e a incassare qualche assist dai miliardari americani al potere. Stringi-stringi l’unica speranza (?) è che i paperoni statunitensi si mettano a litigare fra di loro, che i cinesi vadano in confusione con le loro smanie neo-coloniali, che i russi restino schiacciati come comparse in mezzo alla commedia imperialista. Sperànsa di mälvestì ca fâga un bón invèron.