La premier Giorgia Meloni, sua sorella Arianna, l’ex compagno Andrea Giambruno. E ancora: i ministri Daniela Santanché e Guido Crosetto. E il procuratore antimafia Giovanni Melillo. Sono solo alcuni dei personaggi spiati attraverso il proprio conto corrente da un ex dipendente di Intesa San Paolo. Che è stato licenziato. E ora rischia un’indagine per aver violato dati sensibili. Il giornale Domani spiega che l’8 agosto scorso è arrivato l’esito del procedimento disciplinare nei suoi confronti. Ora c’è anche l’indagine della procura di Bari. Che potrebbe avere esiti esplosivi, mentre la premier ha commentato con una battuta su Twitter: «Dacci oggi il nostro dossieraggio quotidiano».
Tra gli spiati non ci sono solo personaggi politici, ma anche sportivi. La mole di accessi era enorme. E non avvenivano in seguito a segnalazioni dell’antiriciclaggio. Gli accessi abusivi ai conti correnti sarebbero stati quasi settemila. Tutti realizzati tra il 21 febbraio del 2022 e il 24 aprile del 2024. E avrebbero riguardato gli oltre tremilacinquecento clienti di 679 filiali di Intesa Sanpaolo, sparse in tutta Italia. Tra gli spiati anche il presidente del Senato Ignazio La Russa. E il candidato alla presidenza della Commissione Europea Raffaele Fitto. Oltre ai governatori Luca Zaia e Michele Emiliano, al procuratore di Trani Riccardo Nitti e a ufficiali dei carabinieri e della Guardia di Finanza. L’indagine è partita grazie alla sicurezza della banca, che si accorta di alcune anomalie. Una denuncia è arrivata da un correntista di Bitonto. A cui sarebbe stato riferito degli accessi informatici. (Open)
“Chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù, quando muore, va laggiù, va laggiù da quel vecchietto che si chiama diavoletto”. Si tratta di un adagio molto adottato nella prassi ludica infantile. Sulla stessa linea d’onda si collocava il grande Aldo Moro il quale sosteneva (riporto sinteticamente ed a senso le sue parole riferitemi da fonte attendibilissima): «Da che mondo è mondo le spie sono le peggiori persone esistenti nella società». Completo il quadro riportando una stupenda battuta di Guglielmo Zucconi, giornalista, scrittore e parlamentare: «In Italia vorremmo i servizi segreti pubblici». Infatti c’è nella società l’ansia di conoscere i retroscena: datemi un retroscena e vi solleverò un casino pazzesco. Aggiungo che personalmente non ho mai sopportato i libri ed i film di spionaggio: troppo lontani dalla mia mentalità e impossibili da capire nelle loro trame paradossalmente inestricabili. Ce ne sarebbe a sufficienza per stare alla larga dai recenti e clamorosi Datagate da cui emerge la triste realtà di un mondo controllato e indirizzato dalle spie, magari capaci di sottrarre la politica al controllo degli organi giudiziari ed istituzionali. Invece provo a sciorinare di seguito alcune brevi e lapidarie considerazioni, lasciando stare però il discorso politico dei servizi segreti che ci porterebbe molto lontano.
Ogni medaglia ha il suo rovescio. È così anche per il sistema “gruviera” dei dati personali memorizzati. Da una parte la sensazione, al di là degli episodi clamorosi emergenti, che in Italia si possa sapere tutto di tutti. In una simile situazione gli abusi sono naturalmente all’ordine del giorno e non è cosa ammissibile vivere in una sorta di deriva spionistica in cui la difesa della privacy si riduce ad una inutile e burocratica montagna di carte. Dopo di che un bel mattino si alza un bancario qualsiasi e comincia a raccogliere informazioni su Tizio e Caio, preferibilmente su personaggi in vista per diversi motivi, dalla politica allo spettacolo e allo sport, e magari ci se ne accorge dopo alcuni anni.
Si grida allo scandalo e alla persecuzione politica (Alessandro De Angelis su “La Stampa” la definisce paranoia da complotto a palazzo Chigi), si fa un po’ di vittimismo che non fa mai male, si mettono le mani avanti per eventuali porcherie che dovessero emergere, come se non bastassero quelle già abbondantemente emerse.
Confesso di avere crisi di amaro pianto di fronte a questi fatti: un mix di inconfessabile godimento per chi di notorietà ferisce e rischia di morire di notorietà e di sacrosanta vergogna per una società guardona, che si accontenta di sbirciare dal buco della serratura le malefatte private e pubbliche dei personaggi in vista.
Fin qui la prima psico-sociologica faccia della medaglia spionistica. Come detto, c’è però il rovescio, che definirei etico. Come mai si ha tanta paura di queste spiate? Evidentemente c’è qualcosa da nascondere. Manca la trasparenza e allora si temono le indiscrezioni. Forse tutti nella nostra vita abbiamo qualcosa da nascondere, non per questo dobbiamo preoccuparci più di tanto. Male non fare, paura non avere, dice un vecchio intramontabile proverbio. A giudicare dalla paura che suscitano queste indebite intromissioni si direbbe che ci sia molto male da nascondere. Se devo essere sincero, mi inquieta più questa indiretta deduzione che non la paradossale realtà dei buchi nel sistema informativo globale.