Restano ancora molti punti da chiarire sulla triste vicenda dei due neonati trovati – a distanza di un mese – seppelliti nel giardino di una villetta a Vignale, frazione del Comune di Traversetolo, in provincia di Parma. Ieri una nota del procuratore della Repubblica, Alfonso D’Avino, ha rivelato che il lavoro investigativo procede incessante (indagano i carabinieri e il Ris, reparto investigazioni scientifiche, coordinati dalla pm Francesca Arienti), ma che si intende tutelare dall’attenzione mediatica i contorni della vicenda, sia per preservare il segreto di indagine sia la presunzione di innocenza. Pertanto la Procura indaga anche per «violazione del segreto» in relazione ad alcune notizie che sono state diffuse. Questi episodi rendono evidente quanto prezioso sia il lavoro che viene prestato perlopiù dai volontari delle associazioni, come il Movimento per la vita (Mpv), che si offrono sostegno alle donne alle prese con gravidanze difficili. Proprio il vescovo di Parma, Enrico Solmi, intervenendo sulla vicenda ha lanciato un «appello alla responsabilità nei confronti della vita di un neonato».
Il procuratore D’Avino, in relazione al neonato trovato morto il 9 agosto scorso, ha comunicato che nessuno era a conoscenza della gravidanza della ragazza, una giovane di 22 anni, nemmeno la famiglia e il padre del bimbo. La donna non è stata seguita da un ginecologo e avrebbe partorito da sola in casa, senza l’aiuto di nessuna figura professionale (ginecologo, medico di famiglia). La giovane sarebbe indagata con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Sembra infatti che il neonato fosse nato vivo e che sia deceduto dopo il parto, per cause che l’autopsia dovrà accertare. La giovane avrebbe ammesso di essere la madre di questo neonato, trovato nel giardino della casa dove vive con la famiglia. Il padre del bimbo, fidanzato da anni con la giovane e suo coetaneo, sostiene di non aver mai saputo della gravidanza, così come amiche e amici della ragazza. Ancora più oscuri i contorni del secondo ritrovamento nel giardino della stessa villetta, avvenuto sabato scorso, dei resti di un neonato che sembrerebbe antecedente al primo ritrovato, perché sarebbero state trovate quasi solo ossa, su cui si indaga con analisi anche genetiche. Difficile quindi per ora sapere di più.
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Per il presule responsabile della diocesi di Parma, «la comunità, sia civile che religiosa, è ora sgomenta, così dovrà verificare quanto sta in essa per educare e supportare il significato vero della maternità e della vita, come culmine di scelte consapevoli e di autentica relazione tra uomo e donna, nella valutazione di una retta scala di valori». Opportuno è allora ricordare il lavoro svolto in favore delle donne, che vivono una gravidanza inattesa o difficile, dai volontari del Movimento per la vita. Oltre alle “ruote per la vita” presenti in una quarantina di ospedali, dove è possibile lasciare il neonato in sicurezza, sono tanti i Centri di aiuto alla vita (Cav) sparsi nel nostro Paese. Esiste anche il servizio Sos-vita: un numero di telefono gratuito (800.813.000) attivo 24 ore su 24, e una chat sul sito http://www.sosvita.it/ a cui possono rivolgersi le donne. Infine, non si può dimenticare che in Italia la legge permette di partorire in anonimato, non riconoscere alla nascita il bambino, a cui viene assicurata l’assistenza necessaria e riconosciuto lo stato di abbandono in vista dell’adozione. (dal quotidiano “Avvenire” – Enrico Negrotti)
Mi pare che un po’ tutti non si preoccupino del dramma umano che sta dietro questi sconvolgenti fatti, ma di portare acqua al proprio mulino socio-culturale. I media sono i più immediatamente coinvolti in questo macabro gioco: propalano notizie alla ricerca dello scoop sempre più scoop, che porta alla sbrigativa criminalizzazione dei protagonisti.
La Magistratura si autocelebra a livello di indagini portate avanti a regola d’arte (?). Non tanto, a giudicare dalla fuga di notizie intervenuta, dalla mancata riservatezza e dalla conseguente confusione emergente.
La società civile si pulisce la coscienza accampando gli strumenti teoricamente atti ad evitare l’abbandono dei neonati indesiderati: l’aborto, che a monte sembra la panacea dei mali, si dimostra purtroppo un argine di carta assorbente, così come a valle non funzionano le ruote di scorta, i telefoni di emergenza, le chat di pronto intervento e tutto l’armamentario di pannicelli tiepidi messi in atto da una società che non vuole risolvere i problemi ma esorcizzarli.
La comunità religiosa trova clamorose conferme alla imprescindibile necessità del proprio impegno in difesa della maternità e della vita: discorso peraltro appaltato ai volontari che servono più a dimostrare il perbenismo clericale che non a dialogare costruttivamente con le donne prima, durante e dopo le loro gravidanze.
Il femminismo si lecca le ferite derivanti dalla colpevole sottovalutazione del ruolo maschile e di quello delle strutture famigliari e sociali: l’utero è mio e lo gestisco io. L’enfatizzazione dell’autonomia decisionale della donna finisce con l’isolarla e ributtarla nella piena bagarre psicologica.
Che la comunità, sia civile che religiosa, sia sgomenta, come osserva il vescovo di Parma, non sono in grado di valutarlo, ma mi permetto di nutrire seri dubbi: c’è tutta la superficiale e momentanea emozione di una città chiusa nel suo benessere/malessere.
Facciamo silenzio! Ognuno faccia umilmente i propri mea culpa, rendiamoci tutti conto che nessuno ha la coscienza a posto e tanto meno la ricetta in tasca, perché quando le scelte personali si fanno durissime subentra la paura che fa novanta e che spesso non viene arginata dal compagno di vita, dalla famiglia di origine, dalle strutture assistenziali pubbliche e private, dai valori etici che si sciolgono come neve al sole, dai rapporti umani che diventano sempre più inconsistenti.
Che una madre partorisca e poi sotterri nel giardino di casa il cadavere del proprio figlio neonato, “accompagnata” dall’incredibile e totale insipienza del fidanzato, dei famigliari, degli amici vicini e lontani, nell’assenza di ogni e qualsiasi supporto pubblico o privato, nella disastrosa solitudine che mette a tacere o comunque devia la propria coscienza, nella disperante fuga verso l’ignoto, è una realtà sconvolgente che tocca tutti i tasti più delicati della nostra esistenza. Forse bisogna ricominciare tutto daccapo…