Si tratta di una linea politica statunitense tendente dalla destra all’estrema destra e nazional-populista, sentimento diffusosi in più nazioni in tutto il mondo e che detiene alcuni aspetti della democrazia illiberale. Secondo il British Collins English Dictionary il termine descrive sia l’ideologia di Trump che le sue affermazioni tipicamente provocatorie.
La ideologia politica pone in rilievo ed attenzione le risorse umane e materiali di una Nazione, per soddisfare prima le esigenze interne, prendendo l’intera nazione come termine, e solo dopo, pensare ad un eventuale surplus per le esportazioni o ad un deficit per le importazioni.
Il termine è apparso durante la campagna presidenziale statunitense del 2016. Il trumpismo denota un metodo politico populista che suggerisce risposte e soluzioni semplicistiche a problematiche politiche, economiche e sociali complesse, miranti a mobilitare una crescente parte della popolazione oggetto di disuguaglianza sociale, con una visione disprezzata dell’establishment politico. Vicino ideologicamente al nazionalismo conservatore di destra, mostra anche caratteristiche di autoritarismo. (da Wikipedia)
Bisognerebbe partire di qui per posizionarsi politicamente rispetto alle elezioni americane. La politica italiana balbetta come del resto quella europea. Prevale l’acritica e scontata attenzione agli Usa indipendentemente dalla presidenza che scodelleranno al mondo. Da Trump, tutto sommato, i populisti sfegatati si aspettano il miracolo della pace dei sepolcri, ottenuta tramite la messa in atto degli antidoti egoistici. Chi nutre dubbi e perplessità preferisce attendere: non si sa mai…
“Un politico è qualcuno che pensa alle prossime elezioni, mentre lo statista pensa alla generazione futura. Il politico pensa al successo del suo partito, lo statista al bene del suo Paese”. La citazione, ripresa da Alcide De Gasperi, è del teologo statunitense James Freeman Clarke (1810-1888).
Ebbene, il modo di porsi di fronte all’eventualità di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca è dettato da presunte convenienze elettorali e non certo da prospettive di bene per l’Italia, l’Europa e il mondo intero. Vale un po’ per tutti, ma soprattutto per i sovranisti e i populisti de noantri. Fa eccezione Giorgia Meloni che, memore del bacetto ottenuto da Biden a suggello di un indispensabile buon rapporto con l’Occidente, forse avrebbe gusto a proseguire questo patetico idillio: non lo può ammettere così come non può ammettere di avere simpatie ideologiche per Trump; un po’ politica e un po’ statista, né carne né pesce, democratica pro domo sua, repubblicana pro domo propagandistica. L’opportunismo è il suo mestiere!
Forse chi fa il pesce in barile spera che Trump, reinsediato alla Casa Bianca, se ne ricordi e possa riservare un trattamento di favore a chi non ha tifato contro di lui. Non è certamente nel dna trumpiano una simile riconoscenza: andrà avanti per la sua strada, che certamente non porterà beneficio all’Europa e ai singoli Paesi europei. Ce ne accorgeremo e magari sarà troppo tardi.
A mio modesto avviso anche le sinistre italiana ed europea dovrebbero essere un po’ più coraggiose e cogliere l’occasione per inaugurare una sorta di neoatlantismo: alleati con la schiena diritta. Con Trump sarebbe difficile persino considerarsi alleati, con Kamala Harris dovrebbe essere relativamente più facile. Ci provino almeno. Da statisti e non da politici o ancor peggio da politicanti.