Ignazio La Russa non deve ancora aver compreso quale sia la sua funzione di Presidente del Senato e di come la sua alta carica istituzionale gli imponga di interpretare i sentimenti di tutto gli italiani. Le più che ambigue parole di La Russa sull’aggressione dei militanti di Casapound a Torino contro un giornalista de La Stampa “(Totale condanna, ma il giornalista non si è dichiarato”) sono state a dir poco indecorose. E non è la prima volta che gli succede. Per fortuna al Quirinale c’è un galantuomo e un fedele custode della Costituzione come il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, intervenendo ieri alla cerimonia del Ventaglio della stampa parlamentare, non ha perso l’occasione per bacchettare severamente La Russa. “Ogni atto contro la libera informazione – ha sostenuto con fermezza il Capo dello Stato, che ha fatto riferimento ai fatti di Torino – è eversivo”, perché “informare è documentare senza sconti e il pluralismo dell’informazione è garanzia di democrazia”. Più chiaro di così. Chissà se La Russa ha capito. C’è da dubitarne. (First online – La storia di Franco Locatelli)
Pensiamo un attimo se alla presidenza della Repubblica non ci fosse Mattarella, che corregge continuamente le “cazzate” che dicono e fanno gli occupanti delle più alte cariche istituzionali e di governo: non so se gli italiani se ne rendano conto. Forse lo comprendono meglio all’estero, a livello europeo e mondiale. Il discorso riguarda La Russa, ma ancor più Meloni, i suoi ministri e sottosegretari.
È la migliore “anomalia” che ci potesse capitare. Rimane un mistero come facciano gli italiani ad avere ammirazione e fiducia in Mattarella e al contempo votare e sostenere questi squallidi personaggi. I casi sono due: o questi signori sono sostenuti di fatto da una chiassosa minoranza, mentre Mattarella interpreta la maggioranza silenziosa oppure gli italiani hanno perso completamente la bussola e non riescono più a districarsi nel ginepraio della politica e operare conseguentemente scelte responsabili.
La prima ipotesi è elettoralmente inquietante, la seconda è democraticamente sconfortante. La riforma del cosiddetto premierato ha lo scopo di togliere di mezzo questo possibile confronto istituzionale, retrocedendo il Capo dello Stato a figura di mera ed innocua rappresentanza. È pur vero che al di là delle regole contano le persone, ma un Presidente della Repubblica depotenziato sulla Carta Costituzionale, schiacciato tra un premier plenipotenziario e un parlamento succube del governo, avrebbe del bello e del buono a farsi sentire.
La storia e l’attualità ci insegnano che il Capo dello Stato è una figura delineata in modo oserei dire perfetto dalla Costituzione e che ha fatto e sta facendo un grande servizio al Paese. Teniamocelo ben stretto: i governi passano, ma la Repubblica democratica rimane e il Presidente ne è la garanzia.