Via libera della Camera al decreto liste d’attesa. Il testo, in seconda lettura a Montecitorio, è stato approvato con 171 sì e 122 no, ed è legge. Prevede, tra l’altro, l’istituzione presso l’Agenas di una piattaforma nazionale per le liste d’attesa per monitorare i tempi di erogazione delle prestazioni. Viene dunque istituita, presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) la Piattaforma nazionale per le liste d’attesa di cui si avvale il ministero della Salute per conoscere i tempi di attesa delle prestazioni, Regione per Regione. Prestazioni che andranno comunque garantite anche attraverso l’apertura a centri accreditati o convenzionati. Le visite diagnostiche e specialistiche vengono estese nel weekend con la possibilità anche di un ampliamento delle fasce orarie delle prestazioni. Viene istituito un Cup unico regionale o intraregionale e si individua, ancora, una metodologia per il superamento del tetto di spesa per l’assunzione del personale sanitario a partire dal 2025. Viene prevista infine una flat tax al 15% delle prestazioni orarie aggiuntive dei professionisti sanitari impegnati nella riduzione delle liste d’attesa. (ANSA. It)
Dato per scontato il limite propagandistico delle misure adottate dal governo per accorciare le liste d’attesa in materia sanitaria, ho provato comunque a vedere quali siano le novità di immediato impatto sulla pelle dei cittadini.
Ne ho trovate due: visite ed esami diagnostici anche il sabato e la domenica e prolungando le fasce orarie; se le visite non vengono erogate nei tempi previsti dalle classi di priorità, viene garantita la prestazione in intramoenia o nel privato accreditato. Mi pare che entrambe (due uova di Colombo) possano avere un impatto finanziario consistente e allora casca l’asino dei provvedimenti senza la necessaria copertura, che diventano libretti dei sogni.
Non penso che i problemi della sanità pubblica dipendano unicamente dal malgoverno del centro-destra, ma indubbiamente l’opzione a favore della sanità privata non ha aiutato a risolverli o almeno ad avviarli a soluzione. Ci sono grosse responsabilità anche da parte delle Regioni che hanno in materia consistenti poteri decisionali e gestionali.
Fatto sta che il cittadino si sente abbandonato a se stesso davanti ad un problema che prima o poi riguarda tutti, in modo particolare coloro che non hanno la possibilità economica di rivolgersi alla sanità privata.
Su questo terreno non si dovrebbe giocare né con la propaganda, né con lo scaricabarile, né con le grida manzoniane: tre indizi emergenti dal metodo e dal merito dei recenti provvedimenti varati in fretta e furia dal governo.
Passate le urne europee, bisognerà tornarci sopra con molta serietà a tutti i livelli istituzionali competenti. Saprà il centro-destra uscire dall’imbuto della mano tesa al sistema privato? Saprà la sinistra farne una priorità assoluta senza demagogia e con proposte fattive e decisive? Sapranno governo e regioni concertare un’azione adeguata alla gravità della situazione? Sapranno i cittadini far valere i loro diritti costringendo la politica ad uscire allo scoperto?
Potrebbe e dovrebbe essere la scommessa sociale per il nostro futuro. Sappiamoci regolare!