Avvertiamo tutti che da tante parti nel mondo proviene un grido di sofferenza, di richiesta di serenità di vita, di progresso, di giustizia, di pace.
L’Italia, Paese fondatore dell’Unione Europea, convinta partecipe del rapporto transatlantico, dell’amicizia e dell’alleanza in cui questo si esprime, continuerà a impegnarsi – anche nella qualità di Presidente di turno del Gruppo dei 7 – per la tutela – sempre, ovunque, per tutti – dei diritti fondamentali della persona, per la pace e il dialogo tra i popoli e gli Stati, per la giustizia e la solidarietà internazionale, per la lotta alla fame, alle malattie, al sottosviluppo, per la difesa dell’ambiente.
È con pieno affidamento al valore di queste direttrici, sulla base dei principi della nostra Costituzione, che celebriamo il 2 di giugno, guardando al futuro con fiducia e speranza.
Sono le parole del Presidente Mattarella che giustamente festeggia la Repubblica con un impegno gravoso ma doveroso. Non si potrà certo e fortunatamente dire che il Capo dello Stato indulga alla retorica.
Sono più che soddisfatto del suo modo serio e responsabile di ribadire la vocazione alla pace del nostro Paese. Anche il passaggio elettorale europeo dovrebbe risentire di questo drammatico imperativo: non è purtroppo così. Si parla di tutto e malamente, ma la pace, salvo qualche piccola eccezione, resta una parola politicamente vuota.
Mattarella sembra voler dare una scossa benefica, facendo riferimento al ruolo che l’Italia può svolgere con la presidenza di turno del G7: qui però è il governo a dover fare la sua parte e, a mio modesto parere, non la sta facendo né a livello europeo, dove sembra preoccupato soltanto di aspettare il treno delle alleanze, né a livello internazionale dove sembra preoccupato soltanto di baciare le pantofole calzate maldestramente dagli Usa, né a livello culturale dove sembra preoccupato soltanto di imporre la mentalità del capo che arringa i sudditi.
Chiedo troppo se chiedo a Sergio Mattarella di vigilare continuamente e fattivamente, senza timore di esorbitare dai suoi limiti di potere, sull’operato del governo italiano, quale garante dello spirito pacifico della nostra Costituzione? Gli italiani, al di là delle cotte politiche del momento, sono con lui e ne hanno abbastanza di guerre, di armi, di morti e di rovine sparsi per il mondo.
Alle prese con un governo impegnato a dividere il popolo italiano, a farlo letteralmente a fette, provi, meglio dire continui sempre più, a ricucire la nazione con il filo della pace, in tutti i suoi aspetti, sfaccettature ed implicazioni all’interno e in campo internazionale, costi magari anche qualche incidente diplomatico. La pace, intesa in senso lato come a magnificamente evidenziato il Capo dello Stato, val bene un forte, pressante e pertinente richiamo alla fedeltà costituzionale.
E se non ci sarà identità di posizioni e di vedute tra Quirinale e Palazzo Chigi? Ce ne faremo una ragione e sapremo da che parte stare, dalla parte di chi rappresenta l’unità nazionale e garantisce il rispetto della Costituzione nonostante i subdoli tentativi di spostare l’asse di equilibrio.