L’inopinata invasione di campo ursuliana

Mario Draghi ed Enrico Letta, due ex premier italiani, sono stati incaricati dalla presidente uscente della Commissione europea Ursula von der Leyen di “servire” l’Europa. Il primo con una proposta su come rendere competitiva l’Europa nel nuovo ordine, o forse disordine, mondiale. Le anticipazioni sono state tanto prevedibili – per chi ascolta e legge l’ex presidente della Bce al di là e oltre l’incarico a palazzo Chigi – quando choccanti: “Proporrò cambi radicali per avere un’Unione europea adatta al mondo di oggi e soprattutto domani. Dobbiamo poter contare su sistemi energetici decarbonizzati e autonomi, su una Difesa Ue integrata e su una posizione di leadership”. Un appello che dovrebbe far riflettere: “L’Europa agisca unita, non c’è più tempo da perdere”. Draghi divide, non per quello che dice ma per quello che potrebbe andare a fare a Bruxelles, alla guida della Commissione o, meglio ancora, del Consiglio. “Draghi? Anche no – ha detto ieri Salvini spazzando via ogni ipotesi. “La Lega ha già fatto i suoi sacrifici con Draghi e l’abbiamo anche scontata. Poi non so cosa voglia fare, però abbiamo già dato”.

Letta, siccome fa meno paura perché meno ingombrante – viene commentato in Italia solo da Pd e dintorni. Eppure, anche la sua ricetta per potenziare il mercato unico europeo è necessaria all’Europa che nascerà dal voto del 9 giugno. Tanto che a Bruxelles i 27 ne hanno discusso ieri ben più del previsto, fino a pomeriggio inoltrato, in cerca di una sintesi. Di un compromesso. Il famoso numero 3. Von der Leyen ha promesso: “Le relazioni di Draghi e Letta ispireranno le linee guida del prossimo mandato”. Meloni ha esaltato il fatto che entrambi dicono che l’Europa “va cambiata”. Come se fosse una novità o il programma di una parte e non dell’altra. La premier ha elogiato il lavoro di Letta perché “ci sono spunti molto interessanti, che coincidono con l’azione di governo” ma un veloce fact-checking dimostrerebbe in fretta il contrario. “Siamo contenti che si parli di un italiano per ruoli di vertice. Ma parlare ora di Draghi è pura filosofia” ha tagliato corto. Se ne parla, e non da oggi, nei vertici e nei bilaterali europei, vietato farlo in Italia. Perché divide, perché parte il tifo da stadio. Soliti inutili giochi delle coppie. Che rifiutano il buon senso del numero 3. (da “Il Riformista” – Claudia Fusani)

Invece di essere non dico onorati ma almeno interessati, le forze (meglio dire le debolezze) politiche italiane fanno orecchie da mercante a chi tira in ballo due personaggi come Mario Draghi ed Enrico Letta. Non ho idea dove voglia parare Ursula von der Leyen, chiamando in causa Draghi e Letta: non so se voglia neutralizzarne prematuramente le eventuali velleità oppure collocarli nel suo pensatoio in vista di una riconferma alla guida della Commissione europea. Fatto sta che “nemo propheta in patria”. Draghi è stato a suo tempo giubilato dai partiti italiani in quanto temevano che potesse rovinare il loro già pessimo incipit politico. Letta era stato chiamato dal Partito Democratico non si è mai capito bene il perché, forse per coprire gli altarini con il suo innegabile prestigio: operazione fallita.

Sono entrambi due panchinari di lusso, soprattutto Draghi. Ursula ha detto loro di svestire la tuta e di iniziare a scaldarsi? È bastato per impensierire la destra e la sinistra: per cortesia non disturbiamo i manovratori. Giorgia Meloni vuol consolidare il suo protagonismo internazionale e non vuole certo fra i piedi un personaggio come Draghi. Salvini deve salvare la faccia e magari teme che Giorgetti possa ricominciare a sentire le sirene draghiane. I democratici si arrovellano nel dualismo PD-Cinque stelle: Draghi e Letta metterebbero a nudo la loro inconsistenza leaderistica e programmatica. Su tutti incombe la questione morale e guai se dovesse spuntare qualche personaggio in grado di voltare pagina.

Probabilmente qualcuno avrà telefonato alla Von Der Leyen dicendo: “Ma cosa ti sta frullando nel cervello? Lascia perdere e soprattutto lasciaci in pace!  Ne parleremo dopo le elezioni, adesso per cortesia non romperci i coglioni. Lascia che gli italiani votino sulle nostre bagatelle che con l’Europa c’entrano come i cavoli a merenda; non scompigliare le carte in tavola”. A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca sempre.