A carte scoperte sul traballante tavolo europeo

Non c’era fisicamente Marine Le Pen, alla kermesse romana dell’ultradestra europea organizzata da Salvini. Ma è arrivato da lei il fuoco d’artificio con cui la Lega apre la sua campagna elettorale. In un quadro di lotta fratricida, all’ultimo sangue, con Giorgia Meloni. Nel video mandato all’amico italiano, Le Pen si rivolge direttamente alla premier italiana: «Giorgia, sosterrai il secondo mandato di von der Leyen? Io credo di sì. E così contribuirete ad aggravare le politiche di cui soffrono terribilmente i popoli d’Europa».

E ancora: «Dovete dire agli italiani la verità, dire cosa farete dopo il voto. Sono convinta che in Italia ci sia un solo candidato a destra che si opporrà con tutte le forze a von der Leyen: è Matteo Salvini. Con la Lega eleggerete deputati che non vi mentiranno e fermeranno le politiche della decrescita, quelle contro gli agricoltori, quelle che vogliono imporci la sottomissione all’islamismo più radicale». (dal quotidiano “Il manifesto”)

Tutti i matti hanno le loro virtù. Matteo Salvini ha il merito di snidare l’equivoco filoeuropeo di Giorgia Meloni, riportando la campagna elettorale sul tema proprio dell’atteggiamento politico italiano nei confronti del futuro parlamento europeo.  Lo fa per motivi squisitamente elettoralistici, vale a dire nell’intento di recuperare voti a destra, cavalcando l’euroscetticismo rubato dalla borsetta demodé di Giorgia Meloni. Tuttavia fa un po’ di chiarezza e gliene dovremmo essere per certi versi grati.

È più rispettabile il sincero astio antieuropeo salviniano corroborato dal lepenismo francese oppure il cerchio-bottistico filo-europeismo di maniera sbandierato in giro per il mondo da Giorgia Meloni? È più giustificabile l’ansia di recuperare i voti scippati alla Lega rispetto alle ultime elezioni europee oppure l’intento di continuare a cannibalizzare l’alleato leghista isolandolo sulla scena europea e mondiale?

Matteo Salvini ci costringe a parlare, seppure in modo deteriore, di Europa, di immigrazione, di guerra russo-ucraina, delle inesistenti politiche europee, quando tutti pensano sovranisticamente ed esclusivamente all’Italia. Salvini mette i piedi nel piatto antieuropeo, Meloni mette le dita nella marmellata filoeuropea.

La leader di Fratelli d’Italia non può continuare all’infinito a giocare su due tavoli: quello più o meno orbaniano e quello più o meno vonderleyano; quello perbenista del centro popolare in cui si è infilata di sfruso (anche per rubare voti a Forza Italia) e quello della destra estrema a cui strizza l’occhio con tanto di nostalgie fascistoidi (per razziare la potenziale platea elettorale della Lega). Molto probabilmente finirà per portare acqua all’anormale mulino sinistra-destra-centro (acutamente ipotizzato dall’esperto di geopolitica Lucio Caracciolo), un modo per mandare la Ue a sbattere e/o finirà per adeguarsi al piattume bellicista indistinto e onnicomprensivo dell’Europa (impietosamente registrato dal giornalista Marco Travaglio).

Morale della favola: i padri fondatori dell’Europa unita, i federalisti veraci di un tempo si scaravolteranno nella tomba. Io mi rassegnerò all’ennesima astensione dal voto. Sì, perché sono alla ricerca di una forza politica che dica a livello europeo qualche parola di pace e che si schieri apertamente per una trattativa tra Russia e Ucraina. Speravo nei verdi, ma sono stato immediatamente deluso.

Soprattutto i Verdi accusano Scholz di essere timido e cedevole di fronte a una potenza autocratica, la Russia putiniana, che intende solo il linguaggio della forza e che punterebbe a scardinare ogni ordine regolato dal diritto internazionale, come se questo godesse nel mondo contemporaneo di una qualche, pur minima, salute. (dal quotidiano “Il manifesto” – Marco Bascetta))

I casi sono due. Io sono un sognatore che non si rassegna al “clima di riarmo drammatizzato e alimentato a gran voce da Ursula von der Leyen,in cui la guerra e i suoi dintorni rappresentano per alcuni una benedizione economica che consente di rimpinguare con generose commesse pubbliche i profitti privati dell’industria bellica nella Germania in recessione, senza commettere sacrilegio nei confronti della dottrina liberale. La quale peraltro non arretra di un passo nella strenua difesa di quel “freno all’indebitamento” che imporrebbe di sottrarre al Welfare le risorse destinate all’economia di guerra” (ancora dal quotidiano “Il manifesto” – Marco Bascetta).

Diversamente il bellicismo è davvero imprescindibile e bisogna rassegnarsi a ingoiarlo prima e dopo i pasti principali. Non mi adeguerò mai, anche a costo di morire di fame pacifista.