Il governo fregoliano

Mentre in sede Ue sono stati raggiunti due stracci di accordo a livello migratorio e finanziario con tanto di pedante trionfalismo meloniano, sull’altra sponda dell’Atlantico si profilano i fantasmi di un ritorno trumpiano con tanto di tacita, ma silenziosamente imbarazzata, simpatia meloniana. È buffo leggere la politica estera con la chiave interpretativa dell’attuale governo italiano.

Da una parte la soddisfazione per l’incedere dell’europeismo caracollante, dall’altra la malcelata alleanza con le forze politiche e gli Stati sovranisti; da una parte l’ostentato ed opportunistico bidenismo dall’altra la subdola attenzione ai populisti sparsi in tutto il mondo tra i quali si aggira il fantasma di Trump.

Una leadership che andasse all’appeasement con Putin, riducesse il dispiegamento militare oltre oceano, aumentasse la competizione economica con la Ue, soffiasse sul fuoco dei sovranismi sostenendo le forze euroscettiche costituirebbe ben più che un problema per Bruxelles e per molti dei 27 Stati membri. L’America come competitor, se non come addirittura avversario in alcuni ambiti specifici, sarebbe una sfida di portata non facilmente quantificabile e di gestione estremamente complessa. C’è un po’ di tempo per prepararsi, ma certamente troppo poco, considerata la cesura delle elezioni europee del prossimo giugno. (dal quotidiano “Avvenire” – Andrea Lavazza)

C’è veramente di che essere preoccupati per il futuro presidenziale americano: se è vero che la presidenza di Biden ha clamorosamente deluso le aspettative di un nuovo corso nella politica internazionale, lo spettro trumpiano complica maledettamente il già fin troppo complicato scenario mondiale.

Ai tempi della Brexit, la propensione scozzese, seppure almeno in parte strumentale rispetto alle loro mire indipendentiste, verso l’Unione europea, è sfociata in rabbia ed ha trovato, per ironia del destino, un ulteriore motivo di ribellione nelle parole proferite proprio in Scozia nei giorni del referendum dall’aspirante candidato repubblicano alle presidenziali americane, Donald Trump: «Vedo un reale parallelo fra il voto per Brexit e la mia campagna negli Stati Uniti». Come ha riferito Pietro Del Re, inviato di Repubblica, nel pub di John Muir a Edimburgo, quando Trump è apparso in tv, tutti i clienti si sono avvicinati allo schermo. Poi, hanno tutti assieme cominciato a urlargli insulti di ogni genere, il cui meno offensivo è stato senz’altro pig, porco. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere…

Si profila una situazione analoga in vista delle prossime elezioni presidenziali americane che non mancheranno di influenzare quelle per la nomina del Parlamento europeo. Saprà l’Europa avere un sussulto di dignità, di autonomia e di compattezza o si lascerà andare in balia delle onde americane, che potrebbero assumere il carattere di un vero e proprio tsunami trumpiano? Saprà il governo italiano tenere un atteggiamento serio e coerente verso l’Europa e verso la Nato o andrà alla piatta sequela degli Usa a prescindere da chi li governa?

Ha impiegato poco tempo Giorgia Meloni a diventare una bideniana sfegatata, ne impiegherà, se tanto mi dà tanto, ancor meno a ridiventare una trumpiana. Ha impiegato poco tempo a convertirsi ad una Ue inconcludente e sfilacciata, ne impiegherà, se tanto mi dà tanto, ancor meno a tornare euroscettica. L’incoerenza è il suo mestiere!

Quando una persona qualsiasi lascia intendere mire conflittuali molto forti per poi abbandonarle alla prima occasione difficile, viene immediatamente bollata con un’espressione colorita e significativa: “masa sètt e strupia quatòrdoz”. Non ho dubbi che stia succedendo così con l’attuale governo presieduto da Giorgia Meloni: “masa i povrètt e strupia i nemigh”. La costante è l’avversione ai poveri, quanto ai nemici dipende dalle arie che tirano.