Il governo Meloni dalla cintola in su

Di fronte ad un neonato gli atteggiamenti tipici e ricorrenti sono due: la spasmodica e quasi maliziosa ricerca delle somiglianze e l’ansiosa previsione del futuro. A chi assomiglia? Cosa farà da grande? Mio padre, in merito alle somiglianze, di me diceva: «Al m’ somilia da chi in zo!» segnando la cintola dei pantaloni.

Le misurate ed equilibrate esternazioni del ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, esponente di rilievo della Lega, lo rendono somigliante al leader leghista Matteo Salvini dalla cintola in giù. Non so se sia l’effetto prolungato della partecipazione al governo Draghi, non so se si tratti dell’adesione alla visione più economicistica, territorialistica e razionalistica della Lega, non so se Giorgetti abbia in testa una tattica alternativa rispetto agli attuali equilibri politici, non so se faccia la parte del poliziotto buono rispetto a quello cattivo impersonificato da Salvini, fatto sta che Giorgetti assomiglia più a Draghi che a Salvini, più a Carlo Calenda che a Lorenzo Fontana, financo più a Renzi che a Giorgia Meloni (non è un caso che proprio Matteo Renzi abbia profetizzato vita breve al governo a causa dei gravissimi problemi di bilancio).

Intendiamoci bene, non è che il ministro dell’economia stia dicendo cose straordinarie e rivoluzionarie rispetto all’impostazione dell’attuale governo, sta solo cercando di ragionare e di ragionare con la propria testa (con le arie che tirano non è poco!). Mi sembra che smorzare i facili entusiasmi innovatori sia doveroso alla luce della situazione dei nostri conti pubblici; che in riferimento al PNRR occorra fare presto, ma anche e soprattutto fare bene a costo di qualche rinuncia è una lapalissiana affermazione più di principio che di politica; che occorra riportare i rapporti con l’Unione Europea ad un confronto serio e pacato sulle linee di finanza pubblica mi sembra un proposito molto ben mirato e calibrato.

Forse si sta delineando uno sdoppiamento governativo fra linea dura dell’asse Salvini-Alemanno e linea morbida dell’asse Giorgetti-Crosetto. Non è solo questione di toni più o meno accesi e propagandistici, ma di stile e programmi di governo. In mezzo a questo crocevia si colloca la sempre più imbarazzata premier, che si trova costretta a tenere i piedi contemporaneamente negli scarponi demagogici, populisti e sovranisti e nelle scarpine eleganti e classiche dell’europeismo, del moderatismo e del conservatorismo.

A fare la parte del vigile inconcludente c’è Antonio Tajani, vedovo inconsolabile e impresentabile di Silvio Berlusconi. Anche per lui potrebbe funzionare la metafora ironica da cui sono partito. Forza Italia senza Berlusconi non esiste e si vede e forse questo seppur modesto bacino elettorale può fare una certa gola all’ala moderata di Lega e Fratelli d’Italia, che magari stanno pensando ad una problematica riedizione della Casa delle libertà semmai ribattezzata “condominio dei ragionevoli”. Anche Matteo Renzi, nella sua (in)comprensibile smania di galleggiamento, ci sta probabilmente facendo un pensierino.

Tornando a Giorgetti da tempo mi sono chiesto cosa ci stia a fare dentro la Lega se non il moderatore abbastanza intelligente ma, in fin dei conti, inconcludente. Non fu così ai tempi della nascita del governo Draghi, ma poi… Potrebbe anche non essere così di questi tempi, ma sarà una gara dura: l’ala pragmatica e ragionevole del nord (vedi soprattutto Luca Zaia) è territorialmente e socialmente forte, chissà…

Per ora accontentiamoci di una flebo di buonsenso fatta ad un governo insensato. Potrà sortire qualche effetto miracoloso? Solo per intercessione di san Mattarella in combutta coi santi protettori dell’Europa (quelli veri, san Benedetto, santa Caterina, santa Brigida, i santi Cirillo e Metodio, santa Teresa Benedetta della Croce: sono tanti anche perché il loro compito è molto complicato).