Alle relativamente scioccanti rivelazioni di Giuliano Amato sulla strage di Ustica hanno fatto seguito reazioni molto superficiali al limite del banale. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani dal basso della sua pochezza ha relegato queste dichiarazioni nella sfera di un privato cittadino, rimandando alla magistratura eventuali approfondimenti. Giorgia Meloni, più o meno sulla stessa lunghezza d’onda, ha rimandato la palla ad Amato invitandolo a dire tutta la verità. L’attuale governo in buona sostanza tende a fare orecchie da mercante.
Daria Bonfietti, presidente dell’associazione familiari delle vittime, in un’intervista al quotidiano “Avvenire” chiede che «Su Ustica adesso si muova il governo». Mi permetto di essere perfettamente d’accordo: Giuliano Amato non si è inventato niente, ha soltanto lanciato un sasso nella piccionaia governativa.
Dietro la provocatoria presa di posizione dell’ex presidente del Consiglio intravedo un ragionamento di questo tipo: il governo italiano la smetta di giocare a nascondino con la politica estera, affronti i nodi reali, abbia il coraggio di chiarire i rapporti con i partner europei ed atlantici; la premier interrompa il suo “piacionismo” filoamericano e chiarisca il suo “spiacionismo” antieuropeo. In poche parole sarebbe ora che il governo italiano facesse politica estera e non chiacchiere in giro per il mondo.
Ustica potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso dell’inconcludenza e dell’inconsistenza del governo in materia internazionale. Le schermaglie coi francesi hanno finora avuto lo scopo di aggirare i nodi europei, staremo a vedere se il nodo di Ustica servirà a chiarire veramente e coraggiosamente i rapporti con la Francia in chiave europea.
Sulla vicenda di Ustica anche i governi precedenti sono rimasti vittime della realpolitik, tra spionaggi vari e manovre inconfessabili, con una semplice differenza: in passato si intuiva che i governi tacevano per non toccare certi fili scoperti nelle alleanze, oggi si vede chiaramente che il governo tace perché non sa cosa dire e dove sbattere la testa. Della serie la realpolitik fa schifo, ma bisogna saperla fare; diversamente o si ha il coraggio di aprire cassetti ed armadi o non rimane che ripiegare sul turismo politico.
Sarò malizioso, ma nell’iniziativa di Giuliano Amato trovo sotto-sotto questa denuncia: sembrerebbe un impeachment verso Macron e il passato della Francia, in realtà è un impeachment lanciato contro Meloni e c. La politica estera non è fatta di finte rose e finti fiori, ma di atti politici seri e concreti, che possono essere giusti o sbagliati, ma di cui occorre assumersi le responsabilità.
Forse Giuliano Amato ha impietosamente fatto capire quel che Sergio Mattarella cerca generosamente di coprire: l’inadeguatezza, al limite dell’assenza, dell’Italia nell’attuale scacchiere internazionale. Basti guardare ad Antonio Tajani, ministro degli Esteri. Mia sorella, per certi versi più netta di me nei giudizi, direbbe, usando una gustosa espressione dialettale: “Niént pighè in t’na cärta” oppure “da lu a niént da sén’na…”.