Nell’infido mare della Ue

È emergenza in mare per i migranti ed è di nuovo emergenza politica nella Ue. L’esito dell’ultimo Consiglio europeo conferma che sul tema chiave migratorio, quello dell’accoglienza, l’Europa e i governi nazionali sono divisi, immobili e senza idee. Concentrati su future maggioranze a Strasburgo a un anno dalle elezioni più che sui drammi cui stiamo assistendo da gennaio con circa 1.300 tra morti e dispersi (dal quotidiano “Avvenire” – Paolo Lambruschi).

Durante la mia ormai lunga vita ho assistito parecchie volte alla inadeguatezza della politica rispetto alle problematiche emergenti dalla società: si pensi alla protesta giovanile del ’68, all’autunno caldo vale a dire alle lotte sindacali operaie che si svilupparono a partire dall’autunno del 1969, al femminismo esploso negli anni settanta con le battaglie per il divorzio e l’aborto, allo stragismo nero e di Stato, al terrorismo delle brigate rosse. La classe politica era arretrata, ma seppe trovare la forza per varare lo Statuto dei lavoratori, per attuare finalmente la riforma regionale, per ipotizzare equilibri più avanzati, per ancorarsi alla Costituzione e all’unità delle forze democratiche ed antifasciste, per credere alla prospettiva dell’integrazione europea.

Oggi si pesta l’acqua nel mortaio dell’egoismo individuale e di Stato. Si continua ad illudere la nostra gente sulla possibilità di frenare l’immigrazione alzando muri reali o virtuali. A margine dei disordini accaduti in Francia mi sono sentito dire che per evitare questi scontri occorre fermare l’immigrazione. Non abbiamo capito niente o facciamo finta di avere capito (niente).

E pensare che non dovrebbe essere così difficile impostare una politica di accoglienza e integrazione: se le cifre del fenomeno sembrano grosse e impossibili, qualora si riuscisse a spalmarle razionalmente e solidalmente su tutti i Paesi europei diventerebbero agibili e potrebbero addirittura offrire opportunità di sviluppo demografico, economico e sociale. La sfida inevitabile è questa, anche se viene a mettere in crisi i nostri equilibri ed assetti psicologici e sociali.

La politica avrebbe però bisogno di leader carismatici capaci di indirizzare la società su binari diversi di autentico progresso. Invece abbiamo governanti che si limitano a lisciare il pelo ai loro elettori e purtroppo la società civile non trova in sé stessa spinte adeguate e, quando le trova, si vede paradossalmente tarpare le ali dai governanti. Non so se ogni popolo debba avere i governanti che merita oppure se i governanti debbano andare al di là dei meriti del popolo. Forse sono vere entrambe le regole.

Fatto sta che “l’Europa è stata capace solo di litigare e alzare muri, la cui efficacia si può misurare a Ventimiglia, dove passano migranti per lo più destinati nei Paesi del civilissimo Nord a lavoro nero e sfruttamento. L’unica alternativa a queste scelte fallimentari è tornare a una politica europea unitaria capace di includere e governare l’immigrazione con vie legali e corridoi umanitari. Politica che richiede elettori esigenti. Proviamo a ripensare ai padri dell’Unione, da De Gasperi ad Adenauer a Schumann, fino a Kohl e Mitterrand, tutti capaci di darci libertà e non muri e slogan. E di sognare un futuro di pace e democrazia realizzato con la buona politica” (ancora dal quotidiano “Avvenire” nell’articolo di Paolo Lambruschi).