La melonizzazione dell’ambiente

Le mie peregrinazioni elettorali sono storicamente iniziate col voto europeo: un cattolico in libera uscita prima ancora che tramontasse la Democrazia Cristiana. In questo partito militai fino al momento in cui credetti nella possibilità di una presenza progressista in “un partito di centro che guarda a sinistra” (la definizione è di Alcide De Gasperi).

Tramontata questa suggestiva ipotesi mi sentii oltremodo libero nel voto e presi spunto dagli equilibri politici europei, laddove, nonostante tutto, si partiva più dai problemi concreti che dagli schieramenti. Se la memoria non mi tradisce, negli anni ottanta del secolo scorso votai Rifondazione comunista per due motivi: la grande stima per un missionario saveriano prestato alla politica, Eugenio Melandri, candidato nelle liste di quel partito e la speranza di dare uno scrollone alla burocrazia conservatrice europea (mia sorella usava come suo solito una espressione colorita e provocatoria: “In Europa sono tutti fascisti…”), usando la clava dei rapporti con il terzo mondo.

Ricordo di avere stupito il mio carissimo amico comunista Valter Torelli: l’indomani delle elezioni europee lo incontrai e gli confessai di averla fatta grossa, avevo votato ben più a sinistra di lui e il mio voto era servito a mandare a Strasburgo un missionario cattolico in odore di eresia, ma sicuramente impegnato su certe tematiche rivoluzionarie.

Negli anni novanta e successivi, più di una volta, ho votato i “verdi” per il Parlamento europeo, individuando in questo più movimento che partito una sensibilità moderna e capace di coniugare, come a distanza di tempo ha scritto papa Francesco in una enciclica, la difesa dell’ambiente con quella dei diritti sociali. In Italia purtroppo i verdi non hanno trovato riscontri attivi e passivi, mentre a livello europeo hanno sempre rappresentato un giusto anelito verso una politica aperta all’ambientalismo, all’ecologismo e a tutti i fenomeni di progresso nel mondo.

Questa breve (?) confessione laica per ammettere che ho trovato un inopinato riscontro a queste mie fughe in avanti nel recente voto del Parlamento europeo sulla “Nature restoration law”. Da una parte mi sono rallegrato del fatto che sia stato approvata questa legge, dall’altra mi sono preoccupato del fatto che la difesa della natura non sia elemento politico unificante ma estremamente divisivo, come scrive Nicolas Lozito su “La Stampa” in un acuto e interessantissimo articolo che riporto di seguito.

“Mai nella storia dell’Unione europea l’ambiente è stato così decisivo per rivelare strategie politiche e nuove alleanze. Una cartina al tornasole in vista del voto del 2024. Oggi, infatti, il Parlamento di Strasburgo ha dato un primo ok alla Nature restoration law proposta dalla Commissione eurpea: 336 voti a favore, 300 contrari, 13 astenuti. Le previsioni fino a ieri erano all’opposto e in molti si aspettavano il fallimento di una proposta nata benissimo ma arrivata fino a oggi tra polemiche e critiche. Invece il pronostico è stato ribaltato grazie alle defezioni all’interno del Partito popolare europeo: 21 europarlamentari hanno votato a favore della legge e in aperto contrasto con le indicazioni del loro segretario, Manfred Weber, grande sconfitto della giornata.

Al di là delle dinamiche politiche nel breve termine, il voto è interessante per due motivi. Primo, perché rimette sul tavolo una fondamentale legge per la protezione dei nostri territori, che oggi versano in stato di salute pessimo a causa dell’impatto dell’uomo. Nonostante le critiche arrivate dagli agricoltori e dai pescatori, la comunità scientifica ha spiegato a gran voce la necessità di rendere più resiliente la natura del nostro continente per rispondere alle sfide dell’inquinamento e del cambiamento climatico.

Secondo, perché mostra in maniera plastica il tentativo del Partito popolare europeo di riallineare le sue alleanze verso destra, guardando sempre più con attenzione al gruppo dei conservatori guidato da Giorgia Meloni. Uno slittamento lento in vista delle Europee 2024, che probabilmente vedranno un ribaltamento di forze all’interno del Parlamento. Il disegno delle nuove alleanze è dichiarato ancora solo in parte, visto che i Popolari compongono tutt’ora la maggioranza “Ursula” insieme alle forze di Sinistra.

Il Green Deal e le iniziative a favore dell’ambiente sono una delle principali eredità di questa Commissione e in generale di questa legislatura europea. Ma proprio in questo ultimo anno il banco potrebbe saltare: i conservatori potrebbero scaricare le stesse iniziative a cui avevano lavorato per evitare che gli ottimi risultati favoriscono alle prossime elezioni le forze progressiste e socialdemocratiche, che durante la campagna elettorale proveranno a rivendicare con forza i progressi ottenuti.

La spallata tentata oggi è fallita, ma ci saranno altri momenti decisivi, a partire proprio dalle prossime discussioni sulla Restoration Law. Le sorti del Pianeta, a Strasburgo, potrebbero essere messe in secondo piano per favorire gli interessi di breve periodo delle agende politiche. Ma la Natura non può essere usata come territorio di battaglia, né come una fune da contendersi. Ancora oggi, nel 2023, gli europarlamenti sembrano dimenticarsi della crisi ecologica che caratterizza il nostro tempo”.

Come dicono in sintesi il titolo e il sommario di questo articolo, “l’ambiente diventa un terreno di scontro per tracciare le nuove alleanze europee”. Se in un certo senso può essere un notevole passo avanti nell’attenzione della politica verso i problemi reali del pianeta, per latro verso la politica mostra la sua faccia meschina: fino alle elezioni 2024 vedremo sempre più tentativi di avvicinamento del partito polare con le forze conservatrici. A farne le spese saranno la difesa della Natura e l’agenda green. Ironia della sorte (?): protagonista dichiarata di questa deriva conservatrice la nostra premier Giorgia Meloni che forse riuscirà a sciacquare nel fiume della conservazione europea il suo linguaggio (fosse solo linguaggio…) storicamente scorretto sull’altare della trascuratezza verso nientepopodimeno che il pianeta terra. Della serie se la terra non sarà meloniana sarò almeno melonizzata.